Orgoglio, povertà dell’anima

Pubblicato il 26-08-2020

di Flaminia Morandi

Un fratello tormentato da dubbi e da pensieri cattivi andò da un anziano e lo supplicò di liberarlo dalla sua afflizione. Non ti conviene, rispose l’anziano. Ma quello tanto si disperò e implorò che l’anziano pregò intensamente, e la grazia liberò il fratello dalla sua guerra interiore. Ma subito, appena tornato a casa, cadde preda dell’orgoglio e della presunzione. Andò allora dall’anziano perché gli ritornassero i pensieri di prima e l’umiltà perduta.

Questa storia del deserto spiega con un esempio un’affermazione di san Giovanni Crisostomo: “L’orgoglio è il male che ci prende quando facciamo il bene”, o di un’altra di san Massimo: “Quando le altre passioni sonnecchiano, si risveglia l’orgoglio”. L’orgoglio, fratello maggiore della vanagloria, l’yperfanìa dei greci (l’immaginare di essere chissachi, stessa radice del moderno fan) è il demone dei perfetti, di quelli cioè che si incamminano per la via stretta, buona, dietro al Signore, vincendo una ad una le tentazioni più elementari. Al varco li aspetta l’orgoglio per attaccarli su due fronti. Sei meglio degli altri, lo vedi, guarda che bel cammino hai fatto, insinua il tentatore nell’orecchio dell’orgoglioso, e nell’altro gli sussurra: ed è tutto merito tuo… E in questo modo lo frega, compromettendo in un colpo solo la sua relazione con gli altri e quella con Dio.

L’orgoglioso è continuamente teso a dimostrare la propria superiorità, crede di aver ragione solo lui e di potere insegnare sempre qualcosa agli altri, dei quali è portato a vedere principalmente i difetti. È un criticone che tende a far dell’ironia sul prossimo anche con acidità e disprezzo, a volte anche offenderlo o aggredirlo. Anche se solo mentale o vocale l’aggressività del resto è il suo stile di vita. Con Dio ha un rapporto di negazione o di rivolta, la stessa empietà di Satana, commenta Crisostomo, che in fin dei conti è ateismo: l’orgoglioso crede di possedere in esclusiva l’immagine di Dio, che nega invece negli altri.

Estrema povertà dell’anima che non si conosce e scambia le sue tenebre per luce: “nessuno si conosce meglio se non chi crede di non essere nulla”.
L’orgoglioso è un moròs, un povero malato di demenza, che concepisce solo rapporti di opposizione, mai di complementarità con gli altri in vista di un bene comune (che non gli interessa).

Alla fine ottiene l’esatto opposto di quel che voleva: è un uomo solo, evitato, ripiegato su se stesso, sospettoso fino alla mania di persecuzione. L’unico suo interlocutore è il suo io: l’orgoglio lo ha consegnato alla terribile filautìa. Siamo giunti al nucleo del male invisibile, dice Giovanni Climaco, che solo Colui che è eternamente Invisibile può guarire: “gli uomini possono guarire i lussuriosi, gli angeli i cattivi, ma gli orgogliosi solo da Dio possono essere guariti”.

Flamina Morandi
NP marzo 2015

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