Di fiore in fiore

Pubblicato il 15-01-2022

di Mauro Tabasso

La musica è una donna di facili costumi che si concede a chi le pare (non me ne voglia il gentil sesso per l'allusione).
Mi spiego meglio. Molta gente musicalmente incolta (e sono già generoso) ha avuto un successo straordinario mentre innumerevoli persone “studiate”, preparate, ferratissime in materia, in anni di studio, sacrificio e dedizione, hanno cavato poco più che un ragno dal buco. Lo stesso vale in molti altri campi, dove spesso hanno fatto carriera degli emeriti ignoranti piuttosto che persone meritevoli. Quindi sarebbe più corretto dire che non la musica, ma il successo è un gigolò assai birichino che si concede al primo o alla prima che passa e a sua totale discrezione riguardo modi, tempi e condizioni.
La meritocrazia è un'altra cosa. Vi è certamente capitato di paragonare i risultati che avete ottenuto con quelli di altre persone, e di uscire dal confronto carteggiati per benino. A me è successo un milione di volte, ma i raffronti che mi hanno bruciato di più non sono stati quelli fatti da me, ma da altri (anche in totale buona fede), dai miei genitori per esempio, dalle persone che amo. In quelle occasioni la carta vetrata si è trasformata in una mola da ferro capace di abradermi tanto profondamente quanto un chiodo da carpentiere. Gli altri hanno fatto questo o quello, e tu no.

Magari hai dato tutto te stesso, e non è bastato. Queste dinamiche inoculano un virus letale che si chiama “bisogno di dover sempre dimostrare qualcosa”, a qualunque costo, a te stesso, agli altri, e affermare il tuo valore, la tua bravura, la bontà delle tue scelte. Questo virus causa un dispendio energetico colossale, abnorme: la guardia sempre alta, si è veloci a punirsi per un errore e lenti a riconoscersi un merito. È difficilissimo liberarsi da questo fardello. Perciò la prima cosa da fare è imparare a non caricarlo addosso a qualcun altro, un figlio, un allievo, qualcuno che amiamo oppure no. La musica con il suo esempio aiuta sempre, ci dice di vivere con leggerezza e lasciar vivere con altrettanta libertà, per imparare a godere appieno di un'arte che è sì disciplina, perfino rigore, ma che ci trasmette prima e più di ogni altra cosa gioia, felicità, condivisione, divertimento, emozione. Guai a prendersi e a prenderla troppo sul serio. Se è vero che “cuor contento il ciel l'aiuta” (e io credo che sia vero) osserveremo come le persone che vivono con la felicità nel cuore sono spesso quelle che ai nostri occhi appaiono (e forse lo sono veramente) persone di successo.

Nella scuola che ho fondato e dirigo ho sempre cercato di seminare l'autostima, sopra ogni altra cosa. Dobbiamo sfuggire alla logica del confronto se vogliamo alimentare la consapevolezza, la centratura, umana ed artistica. Ho sempre cercato di creare un clima, un ambiente piuttosto che dare delle direttive.
Quando i figli si trovano a scegliere la loro scuola ci premuriamo di dare loro un indirizzo: scientifico, umanistico, artistico.
Io ai miei figli ho cercato di dare un ambiente, non un indirizzo preciso ma un posto dove potessero, in modo naturale, manifestare le loro inclinazioni.

Ogni anno in questo periodo mi interrogo sulle prospettive che la scuola offre, e mi chiedo se quella di cui mi occupo garantisce proprio quel clima.
E riguardo al successo, va detto che la musica è un'ape che va di fiore in fiore, posandosi sul più bello e profumato.
Io posso solo cercare di diventare più attraente, circondandomi di persone che hanno cura di me. Il giardinaggio è una forma d'arte, e coltivare una persona è forse l'arte più alta a cui un uomo possa aspirare. L'ape, come la musica, è di facili costumi, ma il suo esempio ci incoraggia a coltivare il bello che è in noi.


Mauro Tabasso
NP ottobre 2021

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