Il giogo dell’amore

Pubblicato il 30-06-2013

di Ernesto Olivero


Sono stato alcuni giorni in India a Chennai (Madras), città del Tamil Nadu, duramente colpita dal maremoto…


... di Ernesto Olivero

Ho cercato di guardare la tragedia dei sopravvissuti a questo catastrofico evento non solo con i miei occhi, ma con gli occhi degli amici che in quel Paese operano da anni e con gli occhi atterriti dellagente del posto.


Un momento fa qui è passata la morte.
Un momento fa la vita per molti si è trasformata in eternità.
Per noi che siamo rimasti
questo momento può trasformare l’indifferenza
in giustizia e amore duraturo.

In questo viaggio ho scritto poco, anche se le emozioni sono state tante, tante, tante. Avevo con me carta e penna, mi ero portato un diario e speravo di riempirlo tutto con il racconto delle storie degli scampati, con le mie emozioni, con gli spunti per le prime iniziative di aiuto, ma non ho voluto. Mi sembrava di violentare il silenzio, di disturbare le lacrime delle donne, dei bambini e degli adulti che non avevano più lacrime per piangere.

Per i bambini che ho incontrato la furia del mare è “l’alta onda”, per i grandi è “l’onda gigante”, lo tsunami. Immaginiamo la forza di un proiettile sparato da un’arma. L’oceano ha colpito con la forza di un’onda devastante lunga chilometri che viaggiava alla velocità di un aereo di linea, 700-800 km l’ora. Ha distrutto tutto quello che ha incontrato: persone, case, villaggi, strade, campi. Non hanno avuto scampo.


Non potevo immaginare quello che ho visto, non conservavo ricordi di una calamità come questa. Mi sono avvicinato a questi luoghi in punta di piedi. Ho incontrato una donna anziana e sola con due bambini aggrappati alle braccia. Erano i suoi nipoti, la mamma e il padre erano morti a causa del maremoto. Non aveva più lacrime e ascoltava con aria sconsolata la suora che cercava con delicatezza di offrirgli un aiuto: “Hai bisogno di una mano, ce la fai a badare a loro”? “No, non ce la posso fare“ rispondeva, ma si capiva che avrebbe voluto stare con loro e provvedere con le sue forze al loro futuro.

Ho subito pensato: “perché non apriamo una casa
in cui nonne, zie, mamme sole e senza più sostegni famigliari possano stare con i loro figli e nipoti, provvedere alla loro educazione e dare loro un futuro come accade in ogni famiglia normale”? Ma aprire una casa così non è poesia, è un impegno serio e duraturo che ha bisogno di qualcuno che si mette in gioco, che dona la vita, che diventa un pezzo di pane che si fa mangiare dagli altri.
Mi è balenata l’immagine dei buoi – ancora abituale da queste parti – che quando accettano il giogo, durante il lavoro nei campi o quando tirano il carretto, subito lo portano insieme, appaiati, viaggiando con lo stesso ritmo, senza litigare. Non fanno discussioni se il peso è troppo da una parte o dall’altra. Sono convinto che il giogo dell’amore, di chi accetta di portare sulle sue spalle il peso di un problema, ha un enorme valore. Se noi accettiamo, questo giogo è un nuovo arsenale di vita che continua in India per accogliere i bambini dello tsunami.

Nel Tamil Nadu abbiamo promesso di mandare aiuti per sostenere 6 progetti
per dare scuole, cibo, casa ai bambini orfani e a quello che resta delle loro famiglie. È necessario raccogliere cifre significative, ma i soldi non sono un problema se ci crediamo veramente, se questo dramma ci entra dentro in compagnia della preghiera e di Dio, se lo facciamo diventare speranza.

Ernesto Olivero
da Nuovo Progetto Febbraio 2005

 

 

Questo sito utilizza i cookies. Continuando la navigazione acconsenti al loro impiego. Clicca qui per maggiori dettagli

Ok