Accoglienza dei profughi

Pubblicato il 06-04-2022

di Redazione Sermig

Servizio TGR - Intervista a una famiglia Ucraina scappata da Mariupol ospite all'Arsenale della Pace


TV2000 - trasmissione SIAMO NOI - lunedì 11 aprile 2022
Intervista a famiglie Ucraine accolte all'Arsenale della Pace


CRONACA QUI - Torino

LE STORIE Come vivono i profughi in fuga dall'Ucraina

Al Sermig e in Cascina. La Torino che accoglie chi scappa dalla guerra

Sono già 200 le famiglie ad oggi ospitate tra Mirafiori Sud e l'Arsenale della Pace. Ieri pomeriggio altri 40 arrivi da Kiev.

Svetlana è una delle poche che parla italiano. «Sono stata a Roma, qualcosa bo imparato ». A Torino , dall'Ucraina, è arrivata coi due figli. ei suoi occhi c'è la paura: « on so cosa accadrà all'Ucraina. Sai, il capo dei russi ... presidente russo ... come si dice in italiano?». «Putin? ». « o, io quel nome non lo dico », e il suo volto cambia.
Ha 41 am1i, Svetlana, è di Ternopil dove faceva la sarta ma adesso è a Cascina Torta, a Mirafiori, con altri 150 tra bambini e mamme in fuga dalla guerra. Due i piani della cascina. «Ma uno è già esaurito, possiamo ospitare in tutto 210 persone» , dice Stefania Gallo, direttrice della struttura della cooperativa L'Angolo.
Che avrebbe dovuto aprire tre mesi più tardi, ma la guerra ha cambiato tutto e i bimbi ora giocano vicino agli operai che finiscono i lavori. Mamme e bambini di Ternopil, Kiev, Kharkiv, Dnipro. La maggior parte sono stati portati alla Cascina dalla fondazione Aief, che in Ucraina è andata due volte a salvare le famiglie in fuga.

Alla Torta ci sono infermieri, psicologi, e traduttori perché, appunto, tranne un paio di casi nessuno parla italiano o inglese. Una famiglia numerosa è quella di Nadia, che a 37 anni è già nonna perché la figlia 21enne le ha dato un nipotino. «Sono una cuoca, mio marito è in ferrovia, non lo sento da una settimana», racconta mentre i figli giocano col cellulare in stanza. Dopo Pasqua, arriveranno i tablet, per permettere ai bambini di fare la Dad. Per giocare c'è il cortile, e si mangia in refettorio con la ditta che porta i pasti da fuori. « Vorremmo la cucina, ma avere l'ok dall' Asl non è semplice», dice la direttrice.

Al Sermig, invece, hanno trovato accoglienza una cinquantina di ucraini. Aliona, 30 anni, è fuggita da Mariupol una decina di giorni fa, insieme ai genitori e alla nonna 85enne. Una città che ora non esiste più. «Hanno raso al suolo tutti i palazzi e le strade, tutta la nostra vita è stata spazzata via, e le persone che sono rimaste lì non riusciamo a sentirle, possiamo soltanto immaginare cosa sia successo » dice la ragazza, assistente sociale di professione. «E' dura metabolizzare tutto questo, ci sono famiglie con bambini che sono stanchissime psicologicamente », spiega, camminando nel giardino dell'Arsenale della Pace. Con lei ci sono anche i suoi genitori, Oksana e Eugenio, entrambi ingegneri: «Abbiamo dovuto trasportare la nonna per sei chilometri per raggiungere un posto di blocco, poi siamo miracolosamente riusciti a salire su un bus che ci ha portati tutti in salvo» . Alla mensa del Sermig, in coda, ci sono donne, uomini e bambini. E nel pomeriggio i più piccoli con le mamme giocano nelle aiuole e nelle aree giochi. «Siamo tutti molto grati al Sermig per averci accolti», spiega Aliona, di religione ortodossa. Ma se le si chiede se potrà mai perdonare chi ha innescato questa fo lle guerra, la sua fede vacilla:« on so se riusciremo mai a perdonare ».

La speranza è quella di poter tornare nel loro paese «grazie all 'aiuto di altre persone - dice la 30enne - ci daremo tutti da fare per ricostruire». Ora però la vita di queste persone è qui a Torino e con gli educatori stanno scoprendo la città e imparando l'Italiano. «Ci piacerebbe molto andare al Teatro Regio ad assistere a un'opera - spiega - e poi visitare tutti i musei, soprattutto l'Egizio. L'Italia è sempre stato il nostro sogno».
Un sogno fatto di solidarietà quello dell'Arsenale di Borgo Dora. «In poche settimane abbiamo consegnato quasi 1.500 chili di cibo e medicine su 70 tir diretti in Ucraina, grazie alle donazioni di 300mila persone» spiega il fondatore del Sermig, Ernesto Olivero.

Niccolò Dolce
Riccardo Levi


I bambini della guerra

Le storie dei primi piccoli profughi, ospiti delle accoglienze degli Arsenali
 

Alto, biondo, pelle chiara, viso da bimbo, lui è Oleh.
Ha 12 anni ma è già la seconda volta che, a motivo della guerra, è costretto a lasciare tutto e a fuggire. La prima è stata nel 2014 nel Donbass. Per i traumi della guerra una psicologa lo ha seguito e ha ancora tremori alle mani.
La storia oggi si ripete, ma questa volta in modo più drammatico perché tutto è successo all'improvviso.
Oltre a casa, amici e scuola, ha dovuto lasciare anche il suo papà.

Il giorno precedente avevano riempito casa di generi alimentari. È stato il missile caduto vicino alla centrale nucleare nella notte, a costringerli, senza pensarci un attimo, a tirar su di corsa la loro vita in due borse e a scappare.
Juri è fratello di Oleh, ha 6 anni, si muove senza far rumore, piange in silenzio e sobbalza a ogni più piccolo rumore. Ha un'espressione dura, uno sguardo severo, ma il pulcino di peluche che porta con sé, e che gli assomiglia, ci dice che lui è solo un cucciolo arrabbiato e impaurito.

Marc ha 9 anni compiuti pochi giorni fa, un'espressione dolce e triste. Quando gli chiedi cosa gli piacerebbe fare, alza le spalle e con un filo di voce e lo sguardo che lo attraversi ti dice: «Niente». È qui con mamma, sorellina, fratello più grande e papà. Con loro anche nonna, zia e la cuginetta Anna. Non si parlavano da anni e ora si ritrovano a vivere in poco più di 40 metri quadri insieme, a far fronte comune a un nemico ben più minaccioso.

Orest è il fratello grande di Marc. Ha 11 anni, corporatura robusta, sguardo altrove: viveva in una comunità per bambini con problemi psichiatrici.
Era seguito da educatori, ora invece è la famiglia che da sola deve farsene carico.
È difficile soprattutto per Marc: è su di lui infatti che Orest riversa l’aggressività che non riesce a contenere.

Da due giorni sono arrivati altri due bambini: Igor, 8 anni e il fratello Vasy, di 12.
Orfani di madre e padre, sono con la nonna che mai avrebbe immaginato di trovarsi sbalzata dalle bombe a 2.642 km di distanza da un giorno all'altro. Igor è sfinito da un viaggio iniziato 10 giorni fa. La testa appoggiata sul tavolo a cercare un punto fermo per abbandonarsi al sonno. Vasy parla inglese e racconta come in Polonia i volontari ti chiedono in quale Paese europeo vuoi andare. Loro hanno scelto l’Italia perché hanno sentito dire che qui la gente è buona e accogliente.
Prima attività pomeridiana: partita a pallone per provare a posare, almeno per un paio d’ore, un fardello troppo pesante per dei bambini, e non solo per loro.

Simona Pagani
NP aprile 2022


«Un paio di occhiali rossi sgargianti en pendant con il cappotto rosso fuoco: questa è Masha, parla sempre anche se tu non la capisci, ma lei ha tanto da dire, ha una vita che esplode dentro.
Poi ci sono dei giorni invece che è tanto stanca, si sente molto debole e non riesce ad alzarsi dal letto, allora sta al telefono e guarda i video e impara l’italiano. Non vede l’ora di impararlo bene così potrà finalmente raccontarci tutte le cose che ha da dire. La mamma è come lei: una bella chiacchierona e in effetti di cose da dire ne ha parecchie.
La sua storia è molto bella e ce l’ha raccontata attraverso Angelica che sta con noi ed è ucraina anche lei. Lei con suo marito hanno avuto un figlio, ma la vita è troppo bella per non condividerla, hanno deciso di adottare dei bambini e non dei bambini qualsiasi ma dei bambini malati. Masha da piccolina ha avuto una malattia che le ha portato via un occhio, adesso il male è tornato, è stata a Kiev per essere curata, adesso stava a Odessa, la città del Carnevale e del sorriso.

Nella città dell’umorismo in questi ultimi tempi non c'è molto da divertirsi.
Ci hanno raccontato che in ospedale quando suona l’allarme bisogna correre veloce sotto in cantina e non importa se stai al quinto piano e non puoi usare l’ascensore, devi fare veloce e, se non ti puoi muovere dal letto, gli altri papà ti aiutano e ti portano giù in carrozzina.

C'è chi è venuto solo con un sacchetto di plastica, chi è riuscito a portare qualcosa di più e ha scelto bene.
Masha si è portata il suo violino, ha appena imparato un po’ ma per lei la musica è importante.
C'è una particolarità importante che rende unici questi giorni all’Arsenale dell’Armonia: l'incontro tra le famiglie kirghise che vivono con noi e le famiglie ucraine.
Tutti condividono la fatica dello sradicamento e il dolore per la malattia dei loro figli.
In questo caso non contano le differenze: si sta veramente insieme!

Ma la meraviglia più straordinaria è che ucraini e kirghisi per poter comunicare usano l’unica lingua internazionale che conoscono: il russo!
Una lingua che speriamo torni a essere lingua di pace. Insieme cerchiamo di respirare aria di normalità, di vivere in serenità le attività della casa nelle quali sono coinvolti con naturalezza grandi e piccini.
In un pomeriggio ci sono gli uomini che piantano le patate, i papà insieme ai volontari, le mamme con i ragazzi ci aiutano a dipingere le matite nell’orto per farlo più bello. Alla fine merenda per tutti.


Maria Claudia Brunello
NP aprile 2022

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