Cemento armato e un’uniforme di speranza
Pubblicato il 04-06-2024
Negli ultimi mesi, girando per l’Arsenale della Speranza, non è raro incrociare diversi uomini in uniforme da operai di cantiere. Li puoi trovare un po’ dappertutto, seduti sulle panche, camminando per i viali, mangiando in refettorio. Al mattino, al pomeriggio, alla sera... è davvero difficile non notare questi uomini con tanto di striscia riflettente.
A una prima occhiata, potrebbero sembrare operai di una ditta esterna, impegnati in qualche lavoro di manutenzione, ma per chi frequenta l’Arsenale i loro volti sono piuttosto familiari. Si tratta di ospiti. Ma che ci fanno vestiti così? Da dove arrivano quelle uniformi?
In collaborazione con il SENAI (Servizio Nazionale per la Formazione Industriale, un ente privato che, a livello nazionale, mira a stimolare l’innovazione industriale attraverso l’istruzione, la consulenza e la ricerca nelle e per le imprese) e con l’impresa edile Mendes Junior, l’Arsenale della Speranza sta offrendo ai suoi ospiti un corso per messa in opera di cemento armato/ calcestruzzo. E non solo... dopo 10 giorni di apprendistato, per molti di essi c’è subito la possibilità di venire assunti dalla Mendes Junior per lavorare nella costruzione di una nuova linea della metropolitana di San Paolo. Un’occasione preziosa per ricominciare e per mettere da parte qualcosa per pagarsi un affitto e riconquistare un’autonomia.
Vivendo le 24 ore dell’Arsenale, sappiamo bene che dietro a ognuna di queste uniformi tutte uguali ci sono tante storie, una diversa dall’altra. Scambiando ogni giorno un sorriso, una parola di incoraggiamento, un complimento... ciascuno, a suo modo, ci ha raccontato con entusiasmo come quella struttura d’acciaio sia importante nel processo di costruzione: «È la base, l’inizio di tutto ed è qualcosa che non puoi fare da solo, c’è bisogno della collaborazione di tutto il gruppo, tenendo sempre presente l’importanza di quel lavoro per tutto quello che verrà dopo».
Uno tra questi uomini, di 45 anni, ha ottenuto per la prima volta un lavoro regolarmente registrato, diversi altri arrivano da Paesi stranieri, come Angola, Tunisia... Ora, grazie a quest’opportunità possono finalmente trovare una strada per stabilirsi in Brasile.
Abbiamo parlato con Chileb, 24 anni, arrivato da tre mesi dalla Tunisia. Gli abbiamo chiesto perché ha scelto di venire in Brasile. «Ho scelto il Brasile perché qui non mi sento discriminato anche se sono straniero. Sono stato due anni in Turchia, a Istanbul. Lì c’era molto razzismo, non potevo né lavorare né studiare, solo perché ero straniero. Non avevo diritto a avere un permesso di soggiorno, ma solo un foglio temporaneo. Dopo aver dormito per due settimane in una stazione della metropolitana di San Paolo, mi hanno parlato dell’Arsenale della Speranza. Sono arrivato e mi sono subito messo a studiare portoghese e a cercare un lavoro. Sono riuscito a terminare il corso di formazione, anche se per me è ancora un po’ difficile capire tutti i vocaboli, ma è stato possibile grazie all’aiuto degli altri compagni di corso. Ho scelto questo corso perché ho già lavorato nell’area delle costruzioni e ho un diploma da elettricista. Spero che questo mi permetterà di rifarmi una vita qui in Brasile».
In pochi mesi Chileb è passato dal dover stare sul pavimento freddo di una stazione della metropolitana a essere uno di quelli che aiuteranno a mettere le fondamenta di una nuova stazione di questa immensa città. Storie di speranza e di trasformazione, al di là delle uniformi.
La Fraternità del Sermig in Brasile
NP aprile 2024