Una via di salvezza

Pubblicato il 17-01-2024

di Michael David Semeraro osb

Spesso e, talora, troppo volentieri, lamentiamo una fragilizzazione della vita in genere e della vita nella Chiesa in particolare. Siamo obbligati a prendere coscienza del declino delle forze e di una vulnerabilizzazione di persone e di istituzioni che, fino a poco tempo fa, conoscevano una forza e una vitalità così intensa da non far minimamente immaginare un cambio di scenario come quello che stiamo vivendo o, piuttosto, subendo. In passato, la normale fragilizzazione degli anziani era vissuta in modo del tutto naturale per l’altrettanto naturale subentrare di giovani con forze nuove ed energie rinnovabili.
Al momento attuale sembra che tutto sia più fragile, più vulnerabile, più incerto. Mentre crescono le possibilità tecnico-scientifiche che ormai pendono verso l’intelligenza artificiale, sembra che molte persone sviluppino un senso di inadeguatezza che spaventa fino al ritiro sociale o a un bisogno di non essere troppo visti, per non essere frustrati.

Il mistero dell’incarnazione del Verbo che, ogni anno, si ripropone in modo forte nella celebrazione del Natale può veramente illuminare fino a consolare la nostra umanità talora così destabilizzata. Il testo di san Bernardo di Chiaravalle può illuminare la nostra mente e scaldare il nostro cuore. Nei suoi Sermoni medita sul mistero dell’assoluta fragilizzazione di Dio nell’atto di farsi simile alla nostra povera umanità.

L’incarnazione del Verbo ha reso Dio stesso “esperto della nostra debolezza” come afferma Isacco Siro.
L’esperienza della fragilità e della vulnerabilità può diventare un’occasione di umanizzazione piuttosto che un abisso di frustrazione. Questo non dipende dalle situazioni difficili o inattese che la vita ci presenta, ma da quel sussulto di umanità che ci permette di essere all’altezza della nostra chiamata a essere uomini e donne capaci di crescere in libertà, consapevolezza e responsabilità.
Un segno di questo cammino in cui l’esperienza della fragilità – in tutte le sue forme – genera un sussulto di umanità è la capacità di essere sempre più veri con se stessi e con gli altri.

Come la donna samaritana, incontrata dal Signore Gesù al pozzo di Giacobbe, possiamo uscire dal senso di frustrazione e di vergogna solo diventando capaci di dire il “vero” (Gv 4, 18) su ciò che viviamo e soffriamo.

Il vero problema non è la fragilizzazione, ma la fatica che facciamo ad assumerla, venendo meno al duplice coraggio di riconoscere e nominare le proprie paure e i propri limiti senza smettere di voler continuare a crescere in libertà per mettere la propria vita a servizio di tutti e, in particolare, dei più piccoli. Come in passato, ma in modo adeguato al nostro contesto antropologico, la sfida è di testimoniare come attraverso complessità, ambiguità, tensioni... si può essere umani e, al contempo e fino in fondo, discepoli del Signore Gesù e testimoni del Vangelo, non nella forma dell’eroismo, ma della condivisione serena della comune condizione di tutti i nostri fratelli e sorelle in umanità.

A ben pensarci, in termini di compatibilità evangelica, siamo in una situazione assai migliore di quanto siamo soliti ritenere. Di fatto, nonostante tutte le povertà del tempo presente, che non mancavano neppure nel passato, non c’è stato mai – almeno come attitudine desiderativa - un mondo così evangelico come il nostro nel senso di un’attenzione alla verità e alla libertà delle persone. Lo Spirito abita il nostro tempo non più di quanto abbia abitato il passato, ma neppure di meno. Per questo possiamo sperare e dobbiamo sostenere la speranza senza dimenticare che, come ricordava Carl Gustav Jung, la vita di tutti non è altro che «Imparare ad amare e prepararsi a morire». Il morire non è solo la morte personale e la fine delle istituzioni, di cui si fa parte in modo più o meno vitale, ma è anche l’assumere sereno e generoso delle morti quotidiane e di quelle epocali – sia a livello personale che istituzionale – senza le quali non ci sarebbe una reale partecipazione al mistero pasquale. La Pasqua ci mostra la via per imparare da quello che patiamo senza diventare prigionieri del rammarico che può trasformarsi in un vero inferno di disperazione.

Come recita il titolo della trilogia di Peter Ricardo, la sfida è per tutti: Onora il tuo limite! Onorare il limite è un passo di maturità umana e spirituale che ci permette di uscire dalla tentazione originaria di andare oltre ogni limite su istigazione del serpente.
La conclusione fu ben più misera per la nostra umanità appena nata: paura e vergogna (Gen 3,10). Al contrario, saper riconoscere i propri punti deboli accettando serenamente quelli di coloro con cui siamo chiamati a lottare e sperare nella vita, significa diventare cospiratori di speranza.

Per gli adulti dei nostri giorni, un dovere inderogabile è quello di iniziare i più giovani alla serena gestione delle fragilità e vulnerabilità, per prevenire tutte quelle forme di dipendenza che sono un modo per sfuggire alla realtà di se stessi e del mondo. Il mistero del Natale che stiamo per celebrare, assordato da tutto l’assordante baccano natalizio consumistico, può essere l’occasione per ripartire dalla debolezza per riconoscervi il luogo della salvezza. Solo chi ha sofferto sarà un consolatore, solo chi ha fallito potrà sostenere la speranza di tentare ancora la felicità per se stesso e per gli altri. Quella “social catena” evocata da Leopardi ne La Ginestra può e deve diventare un nostro compito urgente e irrimandabile.

Essere discepoli di quel bambino inerme adagiato in una mangiatoia perché non c’era posto per loro da nessuna parte, significa rinunciare alla gloria e ai privilegi degli dèi per abbracciare la verità della propria umanità.
La parola stessa ci rimanda all’humus da cui siamo tratti per ricordarci che essere umani non significa essere straordinari ed eroici, ma semplici e veri. Se questo avverrà nell’intimo del nostro cuore, accanto a noi troveranno consolazione e riposo tutti gli uomini e le donne trattati come scarti che finalmente non avranno più vergogna di essere ciò che sono.
Nel bambino di Betlemme Dio dimostra di essere dalla parte della nostra fragilità e la fascia con il suo amore compassionevole e sorridente.
 

Michael David Semeraro osb
Focus
NP dicembre 2023

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