Senza di lei

Pubblicato il 25-03-2021

di Matteo Spicuglia

La pace non è solo assenza di guerra, ma quando le bombe non cadono, i palazzi rimangono in piedi e la gente non muore più tendiamo a darla per scontata. Anche la pace europea, il cuore di un processo iniziato sulle macerie della seconda guerra mondiale, il miracolo politico di Paesi nemici che dopo tanto sangue decisero di dire: basta! Memoria sbiadita? Retorica? Alibi? Può darsi, ma c’è un dato di fatto: se intere generazioni di giovani sono riuscite a crescere in sicurezza è proprio grazie a quell’intuizione germogliata nel buio di 75 anni fa.

Avessero potuto vedere l’Europa unita Hans e Sophie Scholl, i ragazzi della Rosa Bianca. Con altri amici universitari e un professore furono l’anima del gruppo di Monaco che si oppose senza violenza al nazismo. Furono condannati a morte e ghigliottinati il 22 febbraio del 1943. La loro colpa fu quella di aver scritto e diffuso volantini contro Hitler. Poco più che ventenni morirono per i loro ideali, per la loro fede. “Forti nello spirito e teneri nel cuore”, il loro motto da custodire, non dimenticare, diffondere...

Avessero potuto vedere l’Europa unita Ernst Lossa e i bambini come lui. Ernst era il primogenito di Anna e Christian, famiglia di venditori ambulanti di etnia Jenisch che si guadagnava da vivere girando per le città bavaresi e del sud della Germania. Schedati dal regime nazista come zingari e ambulanti, furono divisi. Ernst rinchiuso in un orfanotrofio all’età di 5 anni con le due sorelline più piccole, la mamma morta di tubercolosi, il padre deportato e ucciso nei campi di sterminio. Ernst cresciuto tra abusi e violenze e bollato come irrecuperabile, fu spedito prima in un riformatorio e infine in un ospedale psichiatrico. Sarà ucciso senza pietà nel 1944 nella clinica di Irsee con due iniezioni di morfina e scopolamina. Aveva 15 anni: una vittima innocente dell'eugenetica nazista.

Avessero potuto vedere l’Europa unita Jan Palach e i suoi amici. Aveva 21 anni e gli ideali grandi della sua età. Studente di filosofia all’università di Praga, aveva accolto con entusiasmo la stagione di riforme del 1968, il tentativo della Cecoslovacchia di affrancarsi dal giogo comunista sovietico. La chiamarono Primavera di Praga, un movimento che fu poi represso nel sangue con l’invasione militare delle truppe del Patto di Varsavia. Palach e i suoi amici si sentirono con le spalle al muro e decisero di protestare nel modo più eclatante per la libertà e la democrazia.Nel pomeriggio del 16 gennaio 1969, Jan raggiunse piazza Venceslao, si fermò davanti al museo nazionale e si diede fuoco dopo essersi cosparso il corpo di benzina. Pochi giorni dopo, fecero lo stesso Josef Hlavaty, Jan Zajíc, Evžen Plocek.

Avesse potuto vedere l’Europa unita Jerzy Popiełuszko. Era un giovane prete polacco, figlio di contadini, vicinissimo alle istanze sociali e di libertà ignorate dal regime comunista. Agli inizi degli anni ’80 abbracciò la causa di Solidarność, il primo sindacato autonomo nato nonostante l’oppressione della dittatura. Nelle sue omelie, don Jerzy parlava chiaro e cominciò a ricevere pressioni e minacce che però non lo fermarono. Il 19 ottobre 1984, fu rapito e picchiato da tre funzionari del ministero dell'interno, che poi lo gettarono ancora vivo nelle acque della Vistola. Il suo cadavere fu ritrovato 11 giorni dopo. Don Jerzy aveva appena 37 anni. Oggi è venerato come beato.

Avessero potuto vedere l’Europa unita Admira e Boško. Avevano 25 anni. Lei musulmana, lui serbo. Ai tempi della scuola si erano conosciuti e scelti. Erano convinti che l’amore fosse la risposta alla follia che aveva attanagliato la loro città: Sarajevo. Gli odi etnici per loro non esistevano, contavano le persone, lo scambio continuo tra culture ed esperienze. Continuarono a crederci anche durante uno degli assedi più terribili del Novecento: la città bosniaca nuda e indifesa, i cecchini ovunque sui monti che la circondavano. Admira e Boško sognavano già un futuro insieme. Decisero di fuggire da Sarajevo per tornare magari a guerra finita. Il 19 maggio del 1993 cercarono di attraversare il ponte Vrbanja, che collega il quartiere Grbavica con quello di Marin Dvor. Furono colpiti anche loro. Prima Boško, morto sul colpo. Poi Admira, ferita gravemente ma capace di trascinarsi verso il suo amore e spegnersi tra le sue braccia. Oggi sono ricordati come Romeo e Giulietta della guerra nella ex Jugoslavia.

Hans, Sophie, Ernst, Jan, Josef, Evžen, Jerzy, Admira e Boško siamo ognuno di noi, se solo fossimo nati in un’epoca diversa. Senza Europa.


Matteo Spicuglia
NP gennaio 2021

 

Questo sito utilizza i cookies. Continuando la navigazione acconsenti al loro impiego. Clicca qui per maggiori dettagli

Ok