L’uovo di colombo

Pubblicato il 06-10-2011

di Redazione Sermig


Con la fine di agosto il lavoro riprende, le aziende riaprono. Ma non per tutti.

di Ernesto Olivero

 

In qualsiasi ristrutturazione o accorpamento di aziende, di banche, di imprese il problema è come licenziare le persone, cosa fare degli esuberi. La ricetta è uguale in tutti i settori sia privati che pubblici: incentivare le persone ad andarsene e pretendere la massima disponibilità al trasferimento per chi resta; in tutti i casi, la famiglia, i figli non sono mai considerati. Di questi tempi la parola magica è “incentivi”, la dicono tutti, sia a destra che a sinistra.
fabbrica.jpg Mentre si tenta di allungare l’età pensionabile a 65 anni e oltre, succede che tantissimi cinquantenni - poco più o poco meno - operai, impiegati, dirigenti, funzionari sono sulla strada dopo aver perso il lavoro. E si sa che a 50 anni è difficile reinventarsi un’occupazione degna di questo nome. Un mercato del lavoro saturo di precari non ha interesse a sobbarcarsi il costo di un lavoratore con anzianità di servizio. Certo, chi ha un mestiere per le mani non passerà le giornate a visitare musei. Troverà il modo di fare consulenze o lavoretti in nero per arrotondare la pensione.

Naturalmente, l’approccio “politicamente corretto” a questi temi di ampio rilievo sociale vuole che tutto si faccia per dare un futuro alle nuove generazioni. Mi chiedo però se le iniziative messe in campo vanno nella direzione giusta. Dovremmo sederci attorno ad un tavolo a discutere con serietà, mettendo al centro prima l’uomo e poi le risorse, e chiederci una volta per tutte cosa vogliamo farne di questo uomo; cosa farne di quella bella fetta di donne, di uomini, di giovani, di anziani che non producono ricchezza, che sono esclusi per i motivi più disparati dal circolo “virtuoso” del benessere, che sono unicamente consumatori di risorse.

Sono convinto che noi tutti, donne e uomini di oggi, abbiamo le potenzialità per inventare una società finalmente un po’ più decente e per umanizzare la vita di tutti i giorni, consentendo per esempio a chi è disabile di salire senza difficoltà su un tram, su un autobus, su un treno o di non dover superare barriere invalicabili per poter entrare in un edificio pubblico. È una questione di buon senso, di dignità, di giustizia.

La domanda che mi faccio - una domanda semplice, non da un miliardo, ma da 10 punti - è questa: chi si mette in competizione per una qualsiasi carica pubblica, di consigliere di circoscrizione come di parlamentare, lo fa per servire o per essere servito? Amici miei, questa è la domanda che ci dobbiamo fare e la risposta non è insignificante, può cambiare il nostro modo di vivere, renderlo responsabile, solidale, giusto, pacificato.

Ma c’è di più. Dobbiamo riscoprire la passione dell’impegno e un po’ di gratuità, altrimenti ci saranno sempre esuberi da licenziare e qualcuno da ignorare. Oggi in fondo ci aspettiamo che il postino ci consegni la posta senza ritardi, che il funzionario di banca ci serva con competenza e in fretta, che la comunità si occupi degli anziani e dei bambini nel modo più decente possibile e via di questo passo. In altre parole, pretendiamo servizi efficienti e capillarmente diffusi.

Quello che non ci aspettiamo è che ci siano delle persone buone a fare tutte queste cose. L’uovo di Colombo è la bontà come scelta, che si trasforma non solo nel fare il proprio dovere, nel pagare le tasse, nell’essere cittadini responsabili, ma anche nella politica intesa come servizio, nell’economia che diventa risorsa per tutti, in lavoro, cure, dignità, sapere, libertà, in diritti non più negati e in doveri rispettati.

Ernesto Olivero
da Nuovo Progetto febbraio 2007

 

 

 

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