LE RAGIONI DELLA PACE

Pubblicato il 31-08-2009

di Redazione Sermig

 

 

Nei prossimi giorni in Italia, nel mondo, in tante città (fino ad ora sono 520 quelle che hanno aderito dalla Polonia al Brasile, dall'Iraq agli Stati Uniti, al Pakistan, ma se ne aggiungeranno altre) ci saranno manifestazioni per la pace, contro la guerra preventiva all'Iraq ostinatamente voluta dagli USA. Tante bandiere di pace che sfileranno per testimoniare la voglia di pace della gente.

...Claudio Maria Picco

 

 

Sono il simbolo di chi non vuole arrendersi alle ragioni della guerra e della violenza, di chi lavora con impegno ogni giorno per costruire sentieri di pace, di chi progetta per sé e per gli altri un presente e un futuro in pace. "Beati quelli che fanno la pace" (Mt. 5,9)
Siamo immersi in un clima di profonda inquietudine, a volte di angoscia e di paura. La guerra bussa alla nostra porta con insistenza. Non passa giorno senza che un servizio televisivo, un articolo di giornale, una dichiarazione di esponenti politici o di governo ci forniscano dati, motivazioni, iniziative, decisioni sulla imminente guerra all'Iraq.

 

Addirittura il conflitto israelo- palestinese è passato in secondo piano dopo che per mesi aveva occupato le prime pagine. E' una pressione continua che ci schioda dal nostro normale, quotidiano tram-tram. Sono tante le ragioni della guerra, sono tante le ragioni della pace. Lo scenario internazionale è in movimento. Il santo Padre riceverà a giorni Tarek Aziz; intanto ha inviato il card. Etchegaray a Baghdad con un suo messaggio personale per Saddam.

In Europa si sono delineati due fronti pro e contro un eventuale intervento armato e la spaccatura coinvolge anche una istituzione granitica come la Nato. Francia e Germania con l'appoggio del Belgio, della Russia e ora anche della Cina guidano una offensiva diplomatica che tenta di esplorare possibili strade alternative all'intervento armato, nel rispetto del ruolo superpartes (anche se sempre più debole) delle Nazioni Unite. Da ultimo, a complicare le cose, arriva anche la voce dell'intramontabile Bin Laden, trasmessa dalla emittente araba Al Jazeera.

Io sono convinto che la violenza non ha ragioni, è sempre una sconfitta. Non ci sono ragioni per il terrorismo, non ci sono ragioni per le politiche di morte di dittatori come Saddam, non ci sono ragioni per sostenere una guerra "giusta". Come può una guerra essere giusta? Il carico di sofferenze, le tragedie insanabili che si porta dietro non trovano ragioni a sostegno. Oggi poi non è più possibile tenere fuori dai conflitti la popolazione civile, perché non c'è più un fronte. Il fronte è ovunque e ne fanno le spese sempre gli inermi, i deboli, i miseri. Le guerre giuste sono anzi la dimostrazione di un fallimento. Quando falliscono le politiche della pace, quando gli interessi di parte, nazionali o locali, prendono il sopravvento, quando la sete di potere più o meno confessata diventa regola di comportamento ( sia da parte degli stati, sia da parte delle istituzioni economiche e finanziarie) si aprono sentieri di ingiustizie, poi di tensioni, poi di scontri che diventano inevitabili, a lungo incurabili.

Al dialogo si sostituisce la guerra, alle ragioni di tutti la ragione del più forte. Sappiamo bene che il mondo non è in chiaroscuro, nero o bianco, ricco o povero. La complessità e la diversità della vita, della storia, della cultura e delle tradizioni dei popoli sono una ricchezza che va considerata e spesa per creare solidarietà, crescita dei diritti umani e della giustizia, opportunità di lavoro dignitoso, cibo, acqua, medicine, istruzione, insomma futuro e opportunità per tutti. Io mangio tre volte al giorno e mi piacerebbe pensare di non essere un privilegiato. So bene però che la fame e la malnutrizione opprimono 800 milioni di esseri umani come me. Ma so bene anche che la democrazia, le libertà politiche, i diritti inalienabili delle persone non sono un privilegio degli stati occidentali o di quelli democratici.

Un paese povero che spende le proprie finanze in armamenti anziché in sviluppo per la propria gente è colpevole, non è giustificabile. Anche di questi aspetti di politica internazionale si dovrebbe occupare una Organizzazione delle Nazioni Unite rinnovata e autorevole, cedibile, capace di fermare le guerre perché si è preoccupata di guarire fin dal loro sorgere le ingiustizie e le sopraffazioni.
Il vero nodo da affrontare con determinazione, con tenacia sono allora le politiche della pace e non le iniziative di guerra.

Torino 12/02/03

Claudio Maria Picco

 

 

 

 

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