La strada dell'odio non porta al domani

Pubblicato il 27-09-2013

di Redazione Sermig

 

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LA STRADA DELL'ODIO NON PORTA AL DOMANI

All’Arsenale della Pace da oggi sventola a mezz’asta la Bandiera della Pace del Sermig - dove la scritta "PACE" è sostenuta da tutte le bandiere del mondo - in segno di lutto per la strage di Londra, ma anche per tutti gli innocenti che sono vittime della fame, delle malattie, del terrorismo, della pulizia etnica, delle guerre, dell’intolleranza religiosa e politica, della violazione dei diritti umani.
All’Arsenale della Pace ogni sera, dalle ore 21 alle ore 22, il Sermig tace, una pausa di silenzio, l’ora del “cuore disarmato”, un’ora a cui tutti, credenti e non credenti, sono invitati a partecipare, perché la rabbia e la paura si trasformino in speranza, perché la responsabilità e l’impegno di bene della gente di buona volontà prevalga sulla follia degli attentatori, perché Dio che ama la vita tocchi i cuori di tutti, anche dei terroristi.

Quando il pericolo incombe, occorre unirsi nella solidarietà ma anche sviluppare idee, che favoriscano l’insorgere di una cultura della vita e della pace.
Ci rendiamo conto che “noi” arabi siamo sull’orlo di un precipizio e “noi” israeliani altrettanto? Ci rendiamo conto che “noi” occidentali, “noi” giapponesi, “noi” cinesi… siamo tutti sull’orlo del medesimo precipizio? È il precipizio dal quale ogni giorno i paesi poveri buttano decine di migliaia di persone morte per fame. E ci rendiamo conto che sull’orlo di questo precipizio ci sono anche i giovani, che sono il futuro? La stragrande maggioranza di loro non crede più in questa società e molti si sono inventati un mondo alternativo, spesso peggiore, pur di non far parte del nostro.

Mentre tutti siamo accomunati da questo pericolo ci domandiamo: a cosa sono serviti i muri, i kamikaze, le bombe sull’Iraq? A chiudersi negli affari propri. Gli affari a tutti i costi sono l’idolo a cui sacrificare ogni cosa, senza guardare in faccia nessuno, né chi non ha un posto di lavoro né chi è nella disperazione. “Gli affari sono affari”: così quando in una nazione non vanno bene io mi trasferisco in un’altra e non mi curo che, anche a causa mia, intere popolazioni entrino nella miseria da un momento all’altro.

Ma a cosa porta l’indifferenza della stragrande maggioranza della gente?
Per fare una previsione sul domani non c’è bisogno di essere profeti. Oggi essere profeti vuol dire fare sette passi indietro per tornare ad un mondo un po’ più vero, un po’ più giusto, un po’ più a misura di donna e di uomo. Chi crede nella giustizia si impegna a trattare l’altro come vorrebbe essere trattato lui. Chi crede in Dio deve tornare al Dio misericordioso; e Dio non porta mai all’odio, Dio non ordina di uccidere, Dio non è odio. Tutti quanti dobbiamo fare uno sforzo per cancellare questa parola.

Oggi dobbiamo fare un approfondito esame di coscienza ed essere severissimi con chi nei partiti e nella società incita al razzismo.. Le autorità competenti abbiano il coraggio di mettere al bando comportamenti ed idee xenofobe. Ma la politica deve altresì trovare la forza di imporre lo stato di diritto e uno stato di diritto non può accettare ambiguità: se un semaforo è rosso, è rosso per tutti. Uno stato di diritto si fonda sulla reciprocità di diritti e di doveri: io ti accolgo ma tu rispetti i valori fondamentali della mia società, le regole della democrazia sulle quali si fonda ogni convivenza, i diritti umani universali. Molti degli immigrati presenti oggi in Europa giungono da Paesi dove i diritti sono negati e dove loro stessi non hanno potuto goderne. Ogni immigrato deve essere messo di fronte a regole precise e condivise: uomini e donne hanno uguali diritti e uguali doveri, le persone possono cambiare religione senza rischi per la propria incolumità … È compito della politica riconoscere diritti e doveri agli immigrati, ma la saggezza dice che occorre esigere condizioni di reciprocità con i loro Paesi d’origine. Oggi non è così. Senza reciprocità non c’è dialogo. Le iniziative di dialogo, perché siano efficaci, devono avvenire in tutti i Paesi del mondo ed il dialogo che si svolge in casa nostra ha valore solo se gli stessi frutti si producono anche in Iraq, anche in Arabia Saudita... Nel dialogo vero poi la posizione migliore non è la mia o la tua, ma la volontà seria di risolvere il problema di cui stiamo discutendo. E quando mi siedo attorno ad un tavolo non è per far cambiare idea all’altro ma perché sono disposto a cambiare qualcuna delle mie idee.

 Sono convinto che la stragrande maggioranza degli ebrei, dei musulmani, dei cristiani, degli induisti... dei non credenti è brava gente. Facciano sentire di più la loro voce per aiutare la propria gente a ritrovare il “senso buono”, il buon senso! Ogni tre secondi un uomo muore di fame, ogni giorno nasce un nuovo conflitto, un giovane si suicida e… noi facciamo finta di niente. Proviamo a non fare più finta di niente!
Un tempo si diceva che ogni morto in guerra era costato ca. 5 miliardi: quanto sviluppo e giustizia avrebbero potuto creare? Occorre fare questo ragionamento!


La pace si costruisce con la giustizia preventiva, con il perdono preventivo
, diventando ognuno più responsabile di ogni altro, uomo, donna o bambino che sia. Non possiamo e non vogliamo vincere il terrorismo solo sul piano della sicurezza, ma dobbiamo e vogliamo vincerlo per amore, facendoci carico della povertà, dei diritti umani, delle vittime della fame, delle malattie, dell’ignoranza, dall’analfabetismo. Combattendo l’ingiustizia aumentano le opportunità di una vita dignitosa per tutti, insieme alla sicurezza e alla pace per tutti.

Là dove c’è gente che crede nei valori della vita, della pace, della giustizia si organizzano esperienze davvero belle di convivenza tra genti diverse, razze diverse, religioni diverse che si incontrano per amarsi senza pregiudizi, e intanto vengono soccorse, trovano un lavoro… in comunità dove non c’è distanza tra chi accoglie e chi viene accolto, dove la gratuità non assume mai la forma che umilia e riduce la dignità della persona. Gli Arsenali a Torino, a San Paolo in Brasile, ad Amman in Giordania sono in questa scia. E desideriamo da tempo aprire l’Arsenale della Concordia a Baghdad.

Vorrei poi che dichiarassimo una volta per tutte guerra senza quartiere alla grande vergogna della fame, che sta sottraendo al mondo le sue forze migliori.
Oggi bussa alla porta dell’umanità una grande possibilità di speranza. Ma non dobbiamo sperare in un miracolo, noi dobbiamo essere il miracolo. La speranza deve giocare d’attacco. È tempo che nella politica, nell’economia, in tutti i posti di responsabilità vadano i migliori. Il tempo dei furbi deve finire. Le forze del male alla fine non prevarranno, anche se faranno molto male, ma occorre usare saggezza nell’attribuire responsabilità.
La risposta delle donne e degli uomini di buona volontà ai terroristi e ai violenti che vogliono lo scontro di civiltà è la civiltà dell’amore.

Il Sermig raccoglie fondi per le famiglie delle vittime degli attentati di Londra, come fa da sempre per le vittime, soprattutto i bambini, della violenza, della povertà, della fame in ogni area del mondo (c.c.p. n° 29509106 intestato “Sermig”, causale “Vittime Londra”).

09/07/2005

Ernesto Olivero

 

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