La leggerezza nella sofferenza

Pubblicato il 31-08-2009

di stefano

Il sì è un percorso di fedeltà, prima di tutto a se stessi. Il primo sì che dobbiamo dire è quello al nostro modo di essere, con i suoi pregi e i suoi limiti. Si tratta di scoprirne tutte le risorse possibili. E di accettare le fatiche che può comportare. La testimonianza di un diversabile è il modo migliore per imparare come. Imprudente è un animatore diversabile, direttore editoriale di “HPaccaparlante”, trimestrale della Erickson.

di Claudio Imprudente

Domenica 1 febbraio 2009. Giornata per la vita. Terminata la messa, un fotografo mi ferma e mi chiede gentilmente di prestarmi per uno scatto davanti all’ingresso della chiesa su cui compare la scritta: “La forza della vita nella sofferenza”. Qualche giorno dopo lo stesso fotografo mi propone di commentare la foto. Allora mi sono venute in mente due cose che avevo pensato proprio mentre lui mi stava immortalando… (foto a sinistra). claudio imprudente
Partiamo dall’albero di palloncini colorati che c’era al mio fianco: in fondo che cosa sono e che idea ci restituiscono, ci stimolano? Sono una realtà leggera, danno gioia, allegria. I bambini si divertono a giocarci, li fanno scoppiare, li fanno volare e li guardano mentre prendono la via del cielo; li lasciano liberi di andare dove vogliono, se li passano l’un con l’altro cercando di non farli cadere.

I palloncini si conservano anche dopo giorni come ricordo di una festa a cui si è partecipato e in cui ci si è divertiti. Esprimono la nostra voglia di libertà in due sensi, cioè quello di essere liberi e quello di dare libertà, perché quando li si lascia prendere il volo, anche se si prova dispiacere, si sa che è stata fatta la scelta giusta.

Il palloncino è un oggetto che può prendere la forma di tante altre cose: un cane, un fiore, una giraffa, una spada… si adatta alla richiesta del bimbo. Inoltre non è di un solo colore, ma può essere di tanti ed è proprio per questo che la sua sola presenza rende un ambiente allegro. In fondo ,cos’è una festa senza palloncini? Questi, infatti, annunciano e connotano la festa stessa.

Poi però, mentre attendevo lo scatto fotografico definitivo, pensavo alla frase del pannello sulla mia destra: “La forza della vita nella sofferenza”... Oh! Ho sentito un pugno nello stomaco! Non era peraltro un caso che io fossi posizionato a fianco di quelle parole. Né me ne sono risentito: che male c’è ad essere considerato una persona forte nella sofferenza? Al massimo potrei puntualizzare che non proprio di sofferenza si tratta, ma questo non cambia il discorso.

Ringrazio per il complimento, anzi. Eppure, per quanto non fosse una frase di segno negativo, mi sembrava che quelle parole e quei palloncini fossero due presenze inconciliabili. Perché? Perché l’immagine diffusa delle azioni che si possono compiere per vivere nonostante e insieme alla sofferenza si portano dietro un’idea di fatica, di lotta continua, di azioni eroiche dell’individuo che con le sue sole forze cerca di fronteggiare il dolore, un’idea comunque greve, limitante, angusta, l’idea di un risultato che in realtà non è mai raggiunto né raggiungibile, ma sempre incompleto.

claudio_imprudente Una foto simbolo di una realtà, la mia. Mi trovavo e mi trovo tutti i giorni in mezzo tra la frase e i palloncini a dire il mio sì per tentare di mediare tra questi due supposti estremi: la leggerezza e la sofferenza. Quello che penso, infatti, è che la disabilità sta e deve stare proprio lì, tra queste immagini e stati del mondo, e può rivelarsi un ponte per superare il limite e l’ostacolo del pregiudizio e delle immagini consolidate; così fornisce una rappresentazione che non nega la sofferenza stessa, ma sa parlare di quella e della condizione di chi la vive con la leggerezza ed il colore che noi riconosciamo ai palloncini.
Questa è la chiave per interpretare la realtà in modo non univoco o non schematico, così come la realtà stessa ci chiede. Infatti le cose non stanno esattamente nei termini in cui quella fotografia, senza la presenza del mediatore, sembrerebbe suggerirci. Volentieri, allora, cambierei la parola forza con la parola leggerezza, o colore, definendo così il mio sì: “La leggerezza nella sofferenza” o “Il colore nella sofferenza”.

Il mio sì infatti è come un palloncino colorato che non elimina la mia condizione di vita, che non nega i limiti e nemmeno mi rende la vita come una favola. Il mio sì dà colore alla mia esistenza o, meglio, mi permette di godere di tutte le sfumature possibili, senza limitarmi alla gioia o al dolore, ma sperimentando anche tutto quello che ci sta in mezzo.

Il mio sì, come tutti i sì, è sinonimo di accettazione ma anche di sfida, di accoglienza ma anche di confronto, di eventualità ma anche di possibilità, di oggi ma anche di domani. È un sì a quello che sono ma anche a quello che sarò. Se avete piacere di raccontarmi la vostra leggerezza scrivetemi a claudio@accaparlante.it o cercate il mio profilo su Facebook… e buona leggerezza a tutti!

Claudio Imprudente
da Nuovo Progetto marzo 2009

BOOK
L’Omino Macchino e la sfida della tavoletta. La comunicazione e la logica della lentezza.
di Claudio Imprudente, Luca Giommi e Roberto Parmeggiani
Erickson ’09

Gli autori lo presentano così: “L’Omino è lo spirito della scrittura e, in generale, di una comunicazione diversa da quella cui siamo abituati. Da qui nasce l’idea del libro: analizzare, attraverso lo spettro della comunicazione, alcuni aspetti del mondo odierno da sempre considerati pericolosi se troppo esasperati. In particolare la velocità che caratterizza ogni rapporto comunicativo e che rischia di banalizzare la comunicazione in semplice trasmissione di informazioni, sacrificandone l’aspetto relazionale. Cosa succederebbe se vi trovaste di fronte a uno specchio a parlare con voi stessi attraverso una tavoletta trasparente con delle lettere incise sopra? Lo potrete scoprire arrivando in fondo a questo libro… Ma leggetelo con lentezza!”.
L’Omino Macchino e la sfida della tavoletta

 

 

 

 

 

 

 

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