In attesa del carro di Elia

Pubblicato il 10-08-2011

di Rinaldo Canalis

Ecco, io invierò il profeta Elia …egli convertirà il cuore dei padri verso i figli e il cuore dei figli verso i padri (Ml 3,24).
di Rinaldo Canalis
 
A 60 anni e guardandomi intorno vedo i nostri figli arrancare senza lavoro o con lavori precari, lontani dal tipo di studi sui quali hanno faticato a lungo e che ora non possono far valere. Li vedo senza sogni per il loro futuro, disillusi da una società in cui non credono, sfiduciati da qualsiasi istituzione, anche la più fondante come il matrimonio. Mi chiedo dove ho, dove abbiamo sbagliato. Li abbiamo mantenuti fino a 30 anni negli studi (l’iter scolastico sembra non finire mai). Non hanno sofferto né la fame, né la guerra come capita purtroppo a tanti loro coetanei di altri Paesi. Hanno goduto i benefici di una società con regole e diritti, ma è come se non ci fosse più posto per loro alla tavola della vita. Hanno usufruito di risorse materiali, spirituali e culturali che mai prima d’ora erano state disponibili in misura così massiccia. Li abbiamo educati al rispetto e ce li ritroviamo arrabbiati contro di noi.
 
Li abbiamo compresi e sostenuti quando stavano affermando la loro personalità, come nessuno ha potuto o saputo fare con noi prima, e ce li ritroviamo perenni adolescenti. Per quanto riguarda noi adulti, abbiamo preferito essere per loro degli amiconi abdicando al ruolo di essere padri e madri autorevoli. Ma tutto questo non è bastato a garantire il loro futuro e neppure a rendere il mondo più vivibile, meno ingiusto. Il lavoro che troveranno - forse - non permetterà loro di guadagnare i soldi che hanno permesso a noi di mantenerli negli studi e negli svaghi. Si vedranno passare vicino occupazioni spesso insignificanti e precarie, come se nella società che tutti condividiamo non ci fosse altro di importante, di utile, di meglio da fare. Mi chiedo se ai nostri figli non avremmo dovuto dare qualcos’altro.
 
Nel volgere di pochi anni noi adulti siamo stati testimoni di grandi cambiamenti. È caduto il muro della cortina di ferro, e con la globalizzazione è caduto anche il muro tra il nord e il sud del mondo. Ma la situazione dei nostri figli non è migliorata. I giovani possono ancora vedere il nostro piatto pieno, mentre il loro è vuoto. Sarà che abbiamo lasciato a pochi di occuparsi delle scelte politiche che ci riguardavano tutti? Forse bisognava fare un’altra politica: la politica del villaggio, dove nessuno è lasciato solo con i suoi problemi, dove le risorse della scienza, della tecnologia, della medicina, della cultura sono a disposizione di tutti. Non è accaduto ed oggi quelli che il nostro egoismo ha tenuto lontano premono per avere la loro parte della torta delle risorse.
 
Ma ora è necessario fare subito qualcosa. Qualcosa che non siamo ancora riusciti a fare: diventare saggi profeti d’amore. Dobbiamo correre con loro e per il loro futuro, dimostrando con la nostra presenza restituita che non sono soli. Potranno contare su di noi che ci prendiamo cura dei nipoti, che costruiamo nuove situazioni di lavoro, che aiutiamo con le pensioni, che corriamo, e tanto. Che trasformiamo la nostra autorità in autorevolezza, che torniamo a crederci - in loro e nella vita - fin quando avremo fiato, per non sentirci dire, nell’incontro senza fine con il Signore della storia che non Lo avevamo riconosciuto nei giovani!
 
Rinaldo Canalis

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