20.000 tonnellate sotto i mari

Pubblicato il 13-01-2024

di Carlo Degiacomi

La giornata mondiale dell’ambiente 2023 (UNEP-ONU) è stata dedicata alla plastica con questa parola d’ordine: #BeatPlasticPollution, «alla ricerca di soluzioni per combattere l’inquinamento da plastiche».
Il segretario ONU Guterres: «occorre lavorare insieme, governi, imprese e consumatori per rompere la dipendenza dalla plastica. La pressione sugli ecosistemi è enorme». A Nairobi si è appena conclusa l’assemblea mondiale ONU sulla plastica: una rivoluzione storica per ben 175 Paesi.
È l’inizio di un percorso che impegna a raggiungere entro il 2024 un accordo internazionale vincolante contro l’eccessiva diffusione della plastica. Incrociamo le dita!

Ricordiamo alcuni dati essenziali del tema. La plastica è il terzo materiale artificiale più diffuso nel pianeta dopo l’acciaio e il cemento. Dal 1950 a oggi sono state prodotti 8,3 miliardi di tonnellate di materie plastiche. Produzione altissima, scarti in natura elevatissimi, specie di imballaggi usa e getta. Sul pianeta non esistono più luoghi incontaminati.
Ogni anno si calcola che finiscano nei mari e negli oceani circa 8 milioni di t di plastiche.
L’Unione Europea ha definito molto: obiettivi obbligatori di riciclo, leggi che riducono e proibiscono gli usa e getta, materiali sostitutivi biodegradabili e compostabili… ma non basta.

Perché le plastiche originano un inquinamento visibile e uno invisibile come le microplastiche e le microfibre. La plastica è un materiale non biodegradabile, ma che si può degradare a livello microscopico.
Le microplastiche variano da 5 mm a 1 micron: un millesimo di millimetro – 500 volte più piccolo di un granello di sabbia.
Per questo si parla di “invisibile”. In mare le particelle di plastica arrivate per lo più dalla terraferma, sarebbero 170mila miliardi, dal peso di 2,3 miliardi di t. Le plastiche in mare (in superficie e sul fondo) finiranno a breve di pesare di più di tutti i pesci del mare. È innegabile il rischio per la salute degli organismi a causa delle microplastiche. In primo luogo, per l’ingestione diretta o indiretta da parte degli organismi. Poi, per l’assorbimento di sostanze chimiche con proprietà tossiche trasferibili ai tessuti dei viventi. Infine, le plastiche sono vettori di metalli pesanti e sostanze sbiancanti fluorescenti. Il Politecnico di Torino ha dipartimenti e gruppi di lavoro che analizzano le microplastiche nell’Artico, nei ghiacciai alpini, nelle grotte, nei fiumi e nel mar Mediterraneo (Plastiche è anche il titolo di una mostra interattiva esposta a novembre a Casale Monferrato e che poi si trasferirà a Novi Ligure tra gennaio e febbraio).

Per quanto riguarda l’Italia, è appena uscito il rapporto annuale CONAI, che si occupa delle raccolte differenziate per il riciclo (da confermare con dati ISPRA).
Carta e vetro vanno bene, la plastica si raccoglie, ma poi ha problemi nella filiera, così l’umido. Comunque, l’Italia (a parte il centro-sud) sta andando bene: abbiamo anticipato le scadenze europee del 2030. Non si può però esultare. Basta conoscere i dati e le difficoltà della filiera della plastica e subito si capisce che il riciclo è solo una delle strade da percorrere, occorre seguirne anche altre come la prevenzione. I rifiuti delle plastiche (i famosi imballaggi) raccolti in modo differenziato sono stati 1.160.000 t. La filiera del riciclo della plastica in Italia è costituita da circa 75 aziende concentrate soprattutto nel nord Italia. La legge europea stabilisce che entro il 2025 tutte le bottiglie contengano almeno il 25% di materia riciclata e che nel 2029 dovrà essere raccolto il 90% delle bottiglie prodotte. Bisogna però ricordare che non tutto il PET raccolto potrà essere nuovamente usato per le bottiglie, buona parte servirà per altri utilizzi perché deteriorato.

In conclusione: è necessario non consumare prodotti con troppi imballaggi, perché possiamo benissimo farne a meno (dipende da noi consumatori scegliere con cura cosa acquistare, limitare i consumi e riutilizzare). La conseguenza sarà una riduzione delle alte produzioni.
Un vantaggio per tutto il mondo, visto anche il poco impegno in tal senso da parte di molti Paesi dell’ex sud del mondo. Parliamo di noi: il consumatore medio italiano non sceglie con consapevolezza prodotti con meno plastica. Nel 2022 i sacchetti e le vaschette per alimenti sono cresciuti del 19%; gli avvolgenti alimentari del 13%. È stata sospesa da questo governo “a data da destinarsi” la Plastica tax, definita nella legge di bilancio 2020.

È bene non distrarsi dal concetto di prevenzione per la plastica. Purtroppo, è ancora aumentata del 30% la diffusione e il consumo delle acque minerali in bottiglia, senza che ve ne sia reale necessità. Le famiglie che non si fidano a bere l’acqua del rubinetto sono ancora troppe, anche se in diminuzione: dal 40,1% del 2002 si è scesi al 29%. Si va dal 17,8% del nord-est al 52% delle isole e il 45% della Calabria (dati ISTAT).
Dati che ci ricordano che la nostra cultura ambientale e le nostre abitudini sono una delle carte da giocare subito per ottenere risultati importanti, come nella riduzione degli usi ingiustificati della plastica usa e getta dell’acqua che beviamo.
 

Carlo Degiacomi
NP dicembre 2023

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