Costruire la fraternità

Pubblicato il 28-09-2023

di redazione Unidialogo

Christian Carlassare, vescovo di Rumbek (Sud Sudan) inaugura la sessione 2023- 2024 dell’Università del Dialogo Sermig

La fraternità come scelta culturale e interiore per cambiare il volto della società, rimarginare ferite, costruire in definitiva la pace. Parte da questa consapevolezza il percorso di quest’anno dell’Università del Dialogo del Sermig con un primo ospite di eccezione: mons. Christian Carlassare, vescovo comboniano di Rumbek, nel Sud Sudan.
Originario di Schio (Vicenza), 45 anni, dal momento della sua elezione è il più giovane vescovo cattolico italiano. Vittima di un attentato il 25 aprile 2021, dopo un lungo periodo di convalescenza, il 25 marzo 2022 ha ricevuto l’ordinazione episcopale nella cattedrale della Sacra Famiglia a Rumbek, per imposizione delle mani del card. Gabriel Zubeir Wako, arcivescovo emerito di Khartoum. Mons. Carlassare ha dialogato con i giovani e gli adulti dell’Arsenale della Pace di Torino lunedì 25 settembre sul tema “Costruire la fraternità”. Ecco alcuni spunti tratti dalle sue risposte.

«Ho conosciuto il Sud Sudan perché ne avevo sentito parlare da altri missionari. Sin da piccolo, io volevo fare il missionario religioso anche perché un mio zio, dei Giuseppini del Murialdo, era missionario in Equador. I Comboniani mi hanno dato la possibilità di realizzare un sogno. I primi anni sono stati difficili, senza niente, tutto distrutto dalla guerra, però c’era la comunità che mi ha accolto, una rete di relazioni di solidarietà con cui riuscivo a sopperire ad ogni mancanza. Mi hanno accolto dicendomi che avevano pregato per avere un padre e il Signore li aveva esauditi con un padre dal volto di ragazzo …».

«Non c’è povertà che ci impedisca di condividere e donare agli altri. Io sono stato adottato da molte famiglie quando ho iniziato la mia permanenza: ho toccato con mano la loro solidarietà. Poi è arrivata la nomina a vescovo di Rumbek. Da tanto tempo quella diocesi aspettava un vescovo, io ero impegnato in un'altra diocesi e arrivò la chiamata. Due settimane prima dell’ordinazione sono stato vittima di un agguato, spari alle gambe. Un’esperienza di grande sofferenza. Il giorno stesso avevamo pregato il vangelo del Buon Pastore: era un messaggio di servizio che Gesù dava ai suoi. Dopo l’attentato ho capito che la violenza che avevo ricevuto era un modo per farsi prossimo a quella gente che tanto aveva sofferto. L’attentato mi ha permesso di diventare padre e fratello di tutta quella gente che prima non mi conosceva, e sono rimasto per tutte quelle persone che non possono fuggire dalla guerra».

«La fraternità è molto presente in Africa, l’individuo vale solo in relazione alla comunità di appartenenza. In Sud Sudan esistono decine di tribù, divisi in clan. Prima dello Stato ci sono questi gruppi etnici. Quindi da una parte ci sono relazioni molto forti che però rivolgono solo al loro gruppo. Bisogna aiutarli a guardare con occhi nuovi quelli del gruppo diverso, superando la logica del nemico. Bisogna eliminare la barriera mentale che ci impedisce di riconoscere nell’altro un amico. Occorre puntare sui giovani, puntare sulla scuola: dalla scuola noi possiamo aspettarci la vera liberazione di un popolo».


Redazione UDD


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Foto: Renzo Bussio

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