Pregare è restituire il tempo a Dio, per essere unificati dallo Spirito.
di Rosanna Tabasso
Il Vangelo lancia ad ogni generazione una sfida: essere nel mondo ma non del mondo. E ogni generazione, in ogni periodo fa i conti con il suo pezzo di mondo ma è sempre lo Spirito Santo a suscitare nuove forme di testimonianza, adatte ai tempi. Nei primi secoli di cristianesimo i cristiani erano perseguitati e credere era morire per la fede. Dal quarto secolo il cristianesimo è diventato religione riconosciuta e viverlo poteva sembrare più facile; in realtà la minaccia che il sale perdesse il suo sapore era reale e chi voleva vivere il Vangelo nella sua radicalità sentiva di doversi allontanare dal mondo e dai suoi tentacoli, si ritirava in luoghi deserti, viveva nella solitudine estrema per essere pienamente di Dio. Gruppi di monaci si univano, iniziavano a vivere insieme e la vita comune diventava il nuovo modo di dire il Vangelo: guardate come si vogliono bene, Dio nessuno l’ha mai visto ma se ci amiamo a vicenda Dio rimane in noi… Secoli dopo la mentalità del mondo tenta ancora di soffocare il cristianesimo ma lo Spirito Santo suscita in uomini come Benedetto, Domenico, Francesco… nuove forme di vita comune in monasteri sparsi in ogni angolo dell’attuale Europa; luoghi di fede che si aprivano all’esterno: i monaci e la gente con loro dissodavano la terra, si dedicavano ai poveri, facevano conoscere il Vangelo… E così via, fino all’ottocento quando santi cristiani fecero della carità verso i poveri la loro testimonianza, mentre la società cristiana del tempo li emarginava: san Vincenzo de Paoli, don Bosco, Cottolengo…
Noi siamo figli del Novecento, il secolo di un cristianesimo organizzato in modo capillare tanto da inglobare l’intera società e anche la vita politica… ma anche quel tempo è passato rivelando le sue pericolose trappole: quella di una fede che abbandona il cuore e si riduce ad una tessera di appartenenza, quella di un potere che intrappola il Vangelo. Quando i cristiani smettono di essere piccolo gregge, smettono di riversare la loro fiducia nel Signore, sono subito catturati dalla mentalità del mondo e si perdono. Oggi il nostro tempo ci pone una nuova sfida. Dopo i tentativi storicamente falliti di edificare un sistema politico cristiano che imponga il Vangelo dall’alto e dopo la separazione dal mondo che spesso ha contraddistinto forme di monachesimo, la nuova sfida è una terza via che il teologo ortodosso Pavel Evdokimov chiama “monachesimo interiorizzato”. Una nuova via per laici, consacrati, sposati che per la grazia del battesimo comune vivono interamente il Vangelo nella vita familiare, lavorativa, sociale, come nei monasteri o negli eremi. Nel silenzio interiore, nell’ascolto, nel servizio. Nel mondo ma non del mondo, come lievito nella pasta. Totalmente di Cristo. Non più cristiani di facciata, nascosti dietro un’etichetta, ma persone abitate dallo Spirito, capaci di vivere la loro vita quotidiana alla presenza di Dio.
In questo loro vivere quotidiano, cristiani così scoprono e riconoscono la presenza di Dio nella storia, nelle persone, nei fatti concreti che vivono, nelle opere che realizzano. Per loro Dio è in tutti e in tutto. È la Presenza che accompagna, è il Presente. Queste persone vivono la loro vita con tutto ciò che comporta e non sono mai sole: Lui è il Presente. Sono sposati, madri e padri di famiglia e si sentono abitati da Dio come lo sono monache, monaci, sacerdoti: Lui è il Presente. Lavorano manualmente, hanno responsabilità, si spostano, sono sole o insieme agli amici: Lui è Presente, santifica ogni cosa, rende preziosa ogni loro opera perché ogni azione umana è segno della sua presenza divina. Nulla è più banale, scontato e inutile nella loro vita perché in ogni cosa è resa sacra dalla Presenza di Dio, dall’opera dello Spirito Santo che porta avanti il progetto del Regno di Dio in mezzo a noi.
La loro preghiera è essenzialmente ritrovare la Presenza di Dio nel dialogo continuo con Lui, come dice la Regola della Fraternità: «Lo guardiamo e ci sentiamo guardati da Lui. Maciniamo continuamente la sua lode: sei buono Signore, usami, aiutami, misericordia, misericordia». Ma non è una preghiera che isola anzi, aiuta a ritrovare la sua Presenza nel quotidiano: «Così la nostra giornata è segnata dalle ore di preghiera che si intrecciano con la vita: pregare e agire, pregare e amare, pregare e tacere, pregare e operare, pregare e ascoltare».
È la preghiera che innerva la nostra vita quotidiana e riporta Dio nell’oggi, non lo estromette da nessun aspetto della nostra vita ma riporta ogni cosa, anche la più umile a Lui e al suo progetto. Anche si siamo diversi per stato di vita, siamo laici, sposati, consacrati, sacerdoti, la preghiera come Presenza di Dio ci accomuna tutti e ci rende tutti ugualmente responsabili del Regno di Dio in mezzo a noi. Forse come Fraternità e nella vita dei nostri Arsenali siamo davvero chiamati a vivere questa terza via, la via affidata a persone unificate dallo Spirito, persone totalmente prese dall’amore di Dio e del prossimo, testimoni della Presenza di Dio nella vita dell’umanità e in questo tempo, ancora e sempre tempo di Dio.