Arsenali

Sono "monasteri" nelle città, luoghi di fraternità e di ricerca di Dio, punti di ristoro come gli antichi monasteri.

di Rosanna Tabasso

 

L’Arsenale della Pace ha compiuto 28 anni a servizio della pace e della vita (ndr estate 2011). Pochi, in confronto alla sua storia da fabbrica di armi, ma già tanti pensando a noi che vi siamo entrati in un numero esiguo, senza mezzi, con il sogno di rendere visibile le parole del profeta Isaia: ci sarà un tempo in cui le armi saranno trasformate in strumenti di lavoro, un tempo in cui non si imparerà più l’arte della guerra ma l’arte del dialogo che prepara la pace. Il nostro vescovo Cesare Nosiglia ci ha scritto: “Se guardi in avanti forse non vedi bene la strada, se guardi attorno ti spaventi delle cose negative che sembrano prevalere sul bene, se guardi indietro e vedi la via che il Signore ti ha tracciato, allora prendi coraggio e ti lasci guidare da Lui che ti dice: uomo di poca fede perché dubiti? Io sono sempre con te, seguimi, amami e niente ti sarà impossibile”. È proprio così: guardando indietro, vediamo delinearsi una pagina di storia sacra che, ben oltre la trasformazione delle mura, riguarda la nostra conversione personale, la possibilità di trasformare il nostro potenziale di egoismo, di rancore, di gelosia, la possibilità che un pugno di persone scelga di passare dall’io al noi e vivere la fraternità. Guardando indietro, vediamo la strada che il Signore ci ha fatto percorrere verso il suo monte santo, verso un incontro autentico con Lui.

Oggi, sentiamo che un cambiamento nella direzione della pace può esserci solo se l’umanità torna a Dio. E in una casa come la nostra, popolata 24 ore su 24 di persone senza terra e senza casa, di giovani, di viandanti in cerca di speranza, sentiamo sempre di più la necessità di contribuire all’incontro di ognuno con Dio, di restituire ad ognuno il cuore pulsante che è la Presenza di Dio nella propria vita: “Aperti all’incontro con chiunque voglia ricercare il senso della sua vita”. In questa pagina della Regola è scritto: “Avremo anche eremi di silenzio in luoghi appartati, collegati con gli Arsenali nelle città, aperti a quanti vorranno vivere periodi di solitudine”. Non abbiamo, per ora, luoghi fisici di solitudine, lontani dai rumori della città; ma all’Arsenale della Pace ci sono celle di deserto dove chi cerca il silenzio può trovarlo. Ci sono le celle dove ognuno di noi della Fraternità si ritira dopo il servizio, i momenti comuni di preghiera e di vita comunitaria, seguendo la Parola di Gesù: “Quando preghi entra nella tua camera e chiusa la porta prega il Padre tuo nel segreto”. Ci ritiriamo appena possiamo perché nel silenzio rinnoviamo l’incontro con Dio e ritroviamo la via della pace. Il silenzio ci unisce a chi è in ricerca, a chi non crede, è pieno di rispetto per ognuno: è l’atrio della preghiera. È comune a tutti, ma tra noi qualcuno sente la necessità di prolungare il tempo del silenzio durante la giornata.

La Fraternità viene incontro a questo richiamo, verificando che venga da Dio e sia nella Sua volontà. Il bisogno di immergersi maggiormente nella preghiera che innerva la vita della Fraternità non è una fuga dal servizio o un isolarsi per comodità, è piuttosto segno di una spiritualità che cresce nell’amore. Si pensa sempre all’amore come azione verso qualcuno, ma nel tempo della maturità spirituale c’è un amore che si esprime nello stare alla Presenza di Dio, anche in assenza di gesti concreti, perché il dono di noi stessi va oltre il semplice fare: nel cuore di Dio, azione e contemplazione sono entrambe espressione di amore. Che qualcuno di noi viva il suo eremo di silenzio dentro la vita intensa dell’Arsenale, confermato dalla Fraternità, è una ricchezza per tutti, è un valore aggiunto alla carità fatta di azioni concrete, è come offrire il vino migliore dopo averne offerto già di molto buono. Non è delegare la preghiera a pochi mentre gli altri si dedicano al fare, ma rinvigorire la carità di una casa che accoglie e serve, per portarla verso il dono più grande: Dio.

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