Hannah Connolly - Vienna

Pubblicato il 27-02-2024

di Gianni Giletti

Recensire due volte in poco tempo la stessa canzone non è così comune, almeno per questa stempiata rubrica, ma qui mi è parso necessario, visto quanto mi acchiappa questo brano.
Nella recensione precedente mi auguravo che Billy Joel la registrasse di nuovo, a quasi 50 anni di distanza, per ascoltarla con i suoni di oggi.
Beh lui non l’ha fatto – e mi indispettisce non poco, eh, Billy, sappilo! – ma ho trovato questa, che mi suscita sentimenti contrastanti.
Il brano, ripeto, è straganzo e quindi mi si ferma il cuore quando qualcuno lo esegue. Lei però qualche difetto ce l’ha: la voce, tanto per cominciare.
È bella, evocativa, dà un colore nuovo al brano, ma miagola un po’ troppo e questo, cara ragazza, devo dire, è inaccettabile. E poi, qualche suono non è proprio il massimo eh, la chitarra ad esempio sporca un po’ troppo una canzone che la voce suggerisce pulita e diritta. Bella l’idea del contrabbasso flat, che suona così come mamma l’ha fatto, la ritmica puntuale e non banale, l’assolo vocale tenero, indifeso e tremolante, che ci fa scivolare in un’emotività profonda.
Alla fine più pregi che difetti, difatti l’avrò ascoltata venti volte. E continuo a farlo.
Thank you star.

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Il brano di per sé non è tra i più famosi, ma in questo disco non ce n’e uno debole per cui, anche qui si gusta davvero il rock d’annata.

Grandi.

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