Le regole della guerra e della pace

Pubblicato il 12-09-2022

di Matteo Spicuglia

La crisi tra Russia e Ucraina è la fine di un sistema.

Ne parliamo con il prof. Edoardo Greppi, ospite dell’Università del Dialogo del Sermig.

«Non so come sarà il nuovo ordine mondiale, speriamo solo che non sia frutto di una guerra mondiale come è accaduto nell’ultimo secolo». Il professor Edoardo Greppi non ha la sfera di cristallo, ma su quanto è avvenuto in Ucraina non ha dubbi: la guerra in corso è un punto di non ritorno, la fine di un sistema. Lo dice da docente di Diritto internazionale, uno dei massimi esperti in Italia. 

Professore, quali sono state le regole spazzate via da questa guerra? Fondamentalmente l’ordine nato dopo la Seconda guerra mondiale. Alla conferenza di Jalta, nel febbraio del 1945, Russia, Stati Uniti e Gran Bretagna con Stalin, Churchill e il presidente Roosevelt decisero le sorti dell’Europa sulla scia di quanto avvenuto in passato, quando dopo grandi guerre i vincitori definiscono un ordine coerente con i loro interessi. Era successo a Vestfalia nel 1648, a Vienna nel 1815, a Parigi nel 1919. Gli alleati di Jalta, che si definivano Nazioni Unite, decisero il nuovo ordine mondiale.

Basato su cosa? L’idea di fondo era “mai più” una guerra con 50milioni di morti. Si voleva costruire la pace, ma in che modo? Non con i limiti della Società delle Nazioni che non aveva mai rinnegato la guerra, ma mediante l’organizzazione delle Nazioni Unite che parte dal riconoscimento degli Stati sovrani, considerati tutti uguali, almeno formalmente perché alcuni Stati ricevendo un seggio permanente nel Consiglio di Sicurezza hanno un peso maggiore. L’idea era bandire la guerra mediante un’organizzazione capace di essere garante di tale ordine. Venne così vietato l’uso dell’intervento armato da parte di uno Stato sovrano nei confronti di un altro Stato sovrano. Un principio chiarissimo, violato dalla guerra iniziata il 24 febbraio. Attaccando l’Ucraina, la Russia si è messa fuori dal Diritto internazionale.

Esiste dunque un sistema di regole legato anche alla guerra… Diritto e guerra non sono termini opposti, il loro rapporto è antico e solido. A cominciare dallo ius ad bellum diritto riconosciuto fino al 1945, i filosofi riflettevano sul fatto che la guerra fosse giusta o meno, non che fosse lecita, perché lo era sempre. Molto più antico è lo ius in bello e cioè che la guerra ha bisogno di regole. Sin dall’antichità l’uomo sente la necessità di porre limiti, ma solo nell’Ottocento ci sono le prime codificazioni con la Dichiarazione di San Pietroburgo del 1868. L’obiettivo era evitare sofferenze inutili, usare le armi non tanto per uccidere ma per impedire che i combattenti potessero nuocere. Nel Novecento si fa un passo in avanti ulteriore, con i protocolli delle convenzioni Ginevra che regolano i diritti di alcune categorie come i naufraghi, i prigionieri di guerra e le popolazioni civili. Si fissa cioè la necessità di individuare e distinguere tra combattenti e popolazione, obiettivi civili e militari. Queste convenzioni sono state ratificate da tutti i Paesi. Anche da questo punto di vista, quanto sta avvenendo in Ucraina rappresenta una violazione dei trattati internazionali. 

Uccisioni indiscriminate, i morti di Bucha, tanti crimini di guerra non ancora conosciuti. Chi può fare giustizia? La comunità internazionale si è posta il problema dopo la Seconda guerra mondiale con i processi di Tokyo e Norimberga che misero alla sbarra i responsabili dei governi che avevano commesso crimini prima di allora inimmaginabili. È interessante scoprire la genesi del processo di Norimberga. Solo gli americani lo volevano, a differenza di inglesi e sovietici che avrebbero preferito giustiziare direttamente i nazisti. Si arrivò comunque al processo che mise al centro l’impalcatura del crimine contro la pace. Per processare i criminali di guerra era necessario cioè individuare la responsabilità di chi quella guerra l’aveva decisa. Da quella prima esperienza, siamo poi arrivati ai processi per i crimini nella ex Jugoslavia e in Rwanda e infine all’istituzione della Corte Penale Internazionale nel 2002. C’è però un problema: l’azione di giustizia della corte è limitata dal fatto che USA, Cina, Russia, India, Israele e tanti altri non hanno aderito. Sarà dunque difficile processare Putin. Bisogna fare ancora molta strada.

Il diritto può essere una via per arrivare alla pace? Ogni guerra ha una fine e saranno chiaramente necessari dei negoziati. Le differenze di visioni tra Occidente e Russia però sono totali: Putin non vuole solo il Donbass e la Crimea, ma costruire un nuovo ordine mondiale. E gli orizzonti sono aperti. Da una parte l’Occidente deve smettere di pensarsi in termini di centralità. Dall’altra, bisogna riflettere sui nuovi equilibri con gli Stati Uniti che sono una grande potenza economica e militare, la Cina una grande potenza economica e una media potenza militare, la Russia che è una grande potenza militare ma una media potenza economica.

In un mondo così complesso che ruolo può giocare l’Onu? Sin dagli anni Cinquanta tutti vedono le difficoltà di funzionamento delle Nazioni Unite e sin da allora sono nate ipotesi di riforma. È un paradosso, ma all’indomani dell’invasione russa, l’ambasciatore ucraino per denunciare l’invasione ha dovuto chiedere la parola al presidente di turno del Consiglio di Sicurezza che era russo.

Incredibile!

In generale, dobbiamo capire che l’ordinamento internazionale è diverso dall’ordinamento nazionale. A livello internazionale gli Stati aderiscono alle norme internazionali solo se decidono di seguirle. Nell’ordinamento nazionale, invece i cittadini sono obbligati a rispettare le leggi. Inoltre, nell’ordinamento internazionale non c’è una forza sovranazionale: nessuno può obbligare. Manca un uso legittimo della forza. Queste sono le contraddizioni che prima o poi dovremo superare.

L'idea di fondo dell'Organizzazione delle Nazioni Unite era bandire la guerra. Mai più uno Stato avrebbe dovuto invaderne un altro. Il 24 febbraio questo principio è stato violato. Le differenze di visioni tra Occidente e Russia sono totali: Putin non vuole solo il Donbass e la Crimea, ma costruire un nuovo ordine mondiale

Matteo Spicuglia
MP Maggio 2022

Questo sito utilizza i cookies. Continuando la navigazione acconsenti al loro impiego. Clicca qui per maggiori dettagli

Ok