L’estate della rinascita

Pubblicato il 13-09-2023

di Gian Maria Ricciardi

Allora, negli anni delle macerie per strada e in casa, fu un’esplosione di idee, di gesti e di scelte: un fenomeno umano, sociologico, politico, economico, quasi come l’onda di un immenso fiume sotterraneo che rimetteva insieme i tasselli di un mosaico scomposto dalla guerra. L’Italia della ricostruzione ha preso forma così. Era il ’46 di Alcide De Gasperi che volava a New York per chiedere grano perché c’era la fame. Qui si camminava coi vestiti “rivoltati”; in tavola il profumo dell’acciuga; in tasca solo fantasia. Allora, come ora, si respirava un vento nuovo, ma bisognava essere capaci di fermarlo. In Romagna, dopo il “terremoto d’acqua”, l’hanno già fatto. Anche noi lo rifaremo.

Nel Dopoguerra il panorama era desolante: case con troppe macchie di umidità; l’economia di una mucca, le galline e due fazzoletti di terra; nessuna fabbrica, ma soltanto qualche “boita” degli artigiani; sulle strade devastate dai blindati dei nazisti e dei fascisti, solo carretti; nei campi la frammentazione di una coltivazione di necessità; i boschi scheggiati da bombardamenti e rastrellamenti. Eppure, quel fiume sotterraneo d’energia smosse tutto. Infatti, ci fu una forte integrazione tra valore economico e valori sociali. Il segreto sta lì. Anche ora servirà una nuova alleanza, un patto di solidarietà tra Comuni, imprese, aziende per fondere insieme il welfare di Stato con quello delle imprese. La voglia di riscatto fu straordinaria e sarà di nuovo così nelle terre alluvionate e dentro di noi devastati dal Covid.

I titoli di coda dell’ultimo film (che dopo il Covid ha paralizzato il mondo) sono già passati. In sala si riaccendono le luci e si riparte.
– Si ricominciano a “sentire” le fragilità, ma anche “quella voglia di svolta” dopo le tragedie. Il clima, forte del disastro con il quale, fino a ora, è stata gestita la terra, sta moltiplicando alluvioni, morti, siccità. Forse non è più il caso di restare a guardare. La tragedia dell’Emilia siamo noi. Ma gli “angeli del fango”, giovani e organizzati coi social, stanno scrivendo la svolta. Grazie!
– Nelle case, nelle strade, nella società c’è un livello di insoddisfazione in fortissimo aumento che sta avvelenando tutti i rapporti. Che fare?
– Il servizio sanitario nazionale, che ci ha salvati, piange (come il telefono di Modugno!). Guai a non farlo crescere e potenziare calpestando i poveri a vantaggio dei soliti ricchi.
– Basta sopravvivere di precariato: serve un piano strategico per il lavoro. Gli industriali ci stanno provando, ma lo Stato deve intervenire pesantemente perché i costi diminuiscano e siano competitivi.
– In giro si colgono i segnali di una solitudine straziante che non può essere certo curata con i social. Va abbracciata con tutte le forze e forme. Ben vengano le “badanti di condominio”.
– C’è anche un gran voglia di isolarsi e rifugiarsi nel privato: dovunque si vede la gente smanettare sui cellulari, coprirsi di cuffie. Una esagerazione!
– Sta crescendo, di nuovo, l’Italia del rancore per tutto: per diritti calpestati e negati, per le ingiustizie, per i soprusi, l’arroganza del potere e via elencando. Ma ora c’è di più: esiste, colpevoli molti fattori, un sottile filo di odio che rischia di minare rapporti, vite, giorni.

Allora, nel Dopoguerra, lentamente le città e i paesi si sono rianimati; gli oratori affollati; sono tornati giochi, balli, preghiere; si discuteva e si votava anche allora; sono nati circoli culturali e le reti sociali; le società di mutuo soccorso hanno cambiato il volto alla società. La buona politica ci ha salvato una volta, può farlo di nuovo. È un sogno che si può ripetere, forse, con un pizzico di follia e lo slancio che viene dai “santi sociali”.

Gian Mario Ricciardi
NP giugno / luglio 2023

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