Un missionario della penna

Pubblicato il 31-08-2009

di Redazione Sermig


Vive la sua missione per il mondo traducendo in carta stampata la vita dei popoli dopo averla sperimentata sulla sua pelle (ferite di guerra comprese).

Giornalista, fondatore di Asianews, Mani Tese e dell’editrice EMI, direttore per 35 anni di Mondo e Missione, padre Gheddo fa parte del PIME. Il 18 febbraio scorso si è aperto il processo di beatificazione dei suoi genitori. Gli abbiamo fatto alcune domande “a bruciapelo”.

Intervista a Piero Gheddo

Oggi si parla più di dialogo che di evangelizzazione: sono conciliabili?
Sicuramente, perché l’evangelizzazione - annuncio del Vangelo - è dialogare con una persona, entrare in amicizia, impararne la lingua e proporle Cristo, non solo con la parola ma anche con la carità, con l’esempio. Da questo dialogo nasce la proposta, sempre nella libertà.

Se dovesse dare una ricetta contro la povertà?
Educazione! Quando in Italia discutiamo dei problemi dell’Africa, i discorsi sono sempre: debito estero, aiuti allo sviluppo, rapporti commerciali, multinazionali, vendita delle armi... Sono problemi autentici, ma la povertà deriva essenzialmente dalla mancanza di educazione, intesa come avviamento al mondo moderno che cambia, quindi tutto ciò che riguarda l’evoluzione di una popolazione, in campo economico, tecnico, umano. Per fare un esempio, sono appena stato in due Paesi musulmani - Senegal e Malì - e un Paese animista-cristiano, la Guinea Bissau. In tutti e tre i Paesi la donna è tenuta in una condizione di grossa inferiorità, perché la tradizione vuole che lavori, stia in casa, non studi… Perciò in tutti e tre i Paesi una proposta dei missionari, fin dall’inizio, è l’educazione della donna.

Madre Teresa sostiene che “la prima povertà dei poveri è di non conoscere Cristo”...
Madre Teresa ha detto: “La vera disgrazia dell’India è di non conoscere Cristo”. Gesù Cristo entra nel cuore dell’uomo; l’umanizzazione dell’individuo nasce dal suo interno, attraverso l’educazione e i valori. Si pensi all’animismo in Africa, il culto degli antenati e degli spiriti: non si vedono, non si toccano però condizionano la vita della gente con il “malocchio”. Quando c’è una malattia non si chiede che tipo di malattia è, come curarla, ma chi ha fatto il malocchio che l’ha provocata. Il rimedio per la malattia è l’atto di magia: rivela l’individuo che ha fatto il malocchio. Queste credenze ostacolano lo sviluppo.

Perché abbiamo bisogno di Cristo?
La pace del cuore non viene dall’intelligenza, dalla cultura, dalla posizione sociale, è una grazia di Dio. E pace del cuore è pace nelle famiglie. Anche tutti i popoli hanno bisogno di Cristo, perché come diceva Giovanni Paolo II nella Redemptoris Missio (1990) “Il vero sviluppo dell’uomo viene da Dio e deve riportare a Dio”. In concreto, tutto quello che è sviluppo nel mondo moderno, compresi i diritti dell’uomo, viene dalla parola di Dio, dall’esempio di Cristo. Ci sono civiltà cicliche e civiltà progressiste, lineari, che vanno verso il futuro: ebraismo e cristianesimo. La carta dell’ONU del 1948 è una carta di radici cristiane chiarissime, i primi 32 Paesi che l’hanno firmata erano quasi tutti cristiani. La dignità dell’uomo viene dalla Bibbia, come l’uguaglianza di tutti gli uomini, il pari valore di uomo e donna, l’ordine di Dio di lavorare la natura… Tutti i messianismi, il marxismo, l’idea del progresso per migliorare la condizione umana vengono dalla Bibbia.

Per approfondire:
Piero Gheddo, Beretta Roberto, Ed. San Paolo 2001,
Davide e Golia. I cattolici e la sfida della globalizzazione

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