Un grazie per Sisto

Pubblicato il 31-08-2009

di Renato Rosso


Da otto anni è bloccato in un letto: che male ha fatto?

di Renato Rosso


Cari amici,
in questi giorni medito e vivo la quaresima accanto a un papà che da otto anni é in coma vigile. É totalmente paralizzato, inchiodato sulla sua croce. Ci ascolta e comprende, ma non può rispondere. Non può dire quanto soffre a causa del tumore che lo sta invadendo e non può gridare l'affanno né il panico che di in tanto tenta di soffocarlo. Pure io ho qualche problema di salute, ma insignificante a confronto di questo calvario. Provvisoriamente ho dovuto lasciare, per qualche mese, le "nostre" attività e faccio quaresima.

Dinanzi alla scena che ho di fronte mi domando: "Perché nelle nostre famiglie é ancora tanto frequente l'espressione pagana che dice: ‘Ma, che male ho fatto, (oppure che male ha fatto -) per meritare un dolore così grande?’ Ci troviamo di fronte alla malattia, alla depressione o a un incidente stradale. Spesso siamo di fronte al dolore fisico, altre volte di fronte alla morte e noi, dopo quell'esperienza fatta nei pressi di Gerusalemme 2000 anni fa, continuiamo a dire: ‘che male ho fatto per meritare questo?’. Che male ha fatto Gesù Cristo? Era certamente innocente. Questo lo crediamo. La sua sofferenza e morte si é trasformata in salvezza per noi. Anche questo lo crediamo, ma quando la nostra sofferenza si deve aggiungere a quella di Gesù, per la guarigione del mondo, noi non siamo più d'accordo.

In 2000 anni il Vangelo non é penetrato nella nostra cultura occidentale se non in piccolissima parte. Se leggiamo nei Vangeli la pagina detta delle Beatitudini, ci rendiamo conto di quanto siamo distanti da questo messaggio. Gesù chiama beati i poveri, in una parola tutti quelli che soffrono, e noi nella nostra cultura ancora pagana li chiamiamo disgraziati. Per il Vangelo i sofferenti sono beati e benedetti, per noi, per la nostra cultura, sono sfortunati, disgraziati e maledetti.

Facciamo fatica a capire se non superficialmente il valore della sofferenza che guarisce il mondo. Sisto, il malato di cui ho parlato all'inizio della lettera, é qui e soffre. Saremmo comunque ciechi se non riconoscessimo in lui il prezioso ministero della sofferenza per il mondo come lo é stato per Gesù. La croce di Gesù la chiamiamo Grazia o Dono e perché questa la dovremmo chiamare disgrazia? Otto anni fa di fronte a un papà così sofferente qualcuno avrebbe potuto pensare: “perché non fare un’iniezione per eutanasia?” e avremmo perso una preziosità così grande. Vi immaginate, quando Gesù é stato condannato a morte, se qualcuno, a fin di bene, Gli avesse somministrato una "dose" per l'eutanasia? In fondo avrebbe accorciato la sua vita solo di un giorno, ma che giorno! Se crediamo che quelle tre ore furono le più importanti della sua vita, per la salvezza del mondo! L'ultima pagina del Vangelo ci avrebbe presentato un Gesù che si é addormentato in pace.

Sisto vive in una "casa famiglia" della "Comunità Papa Giovanni", la stessa che ha accolto me, per qualche tempo. Sisto vive in intensa comunione con chi gli sta accanto: appena un respiro si fa un poco pesante fa intervenire qualcuno. Un colpo di tosse, un segno di sofferenza appena percettibile sul volto fa azionare il nebulizzatore, il monitor, un'iniezione di emergenza e lui in questo modo, attraverso il ministero della sua sofferenza, resta a servizio della Chiesa e del mondo.

Un paio di settimane fa, mi trovavo con due zingari Rom che hanno fatto un bel cammino di fede con il mio amico Mons. Riboldi. Si parlava di benedizioni e di maledizioni. Un Rom disse: “Quando uno ci maledice rimane gabbato due volte. Primo: se la maledizione ci trova in Grazia di Dio non ci tocca e va a ricadere su di lui. Secondo: se ci maledice, dice male di noi, noi diventiamo beati quindi benedetti: il Vangelo dice proprio così: Beati noi, quando gli altri ci fanno soffrire male dicendoci”.
Ho riportato questo episodio per dire che qualcuno c'é pure che capisce il valore della sofferenza e lo sa accogliere.

La scorsa settimana ho parlato di queste cose con un amico che il mattino seguente mi ha domandato: "come stai?"; io ho parlato di qualche problema di salute non ancora risolto e lui in venti minuti mi ha detto tre volte "grazie". É giusto. I malati si ringraziano perché sono medicina del mondo, in mezzo a tanta ingiustizia, violenza, diritti umani disattesi e malizie di ogni genere. Per questo, ogni giorno di questa quaresima, quando inizio la giornata saluto Sisto, gli faccio il segno di croce sulla fronte e gli dico: "grazie". Alla sera ripeto lo stesso rito. In questo modo, durante la quaresima mi preparo alla Settimana Santa quando mi avvicinerò alla croce, la bacerò e dirò: "Grazie".
Buona Quaresima e Buona Pasqua!

Renato Rosso

 

 

 

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