Ti ho amato abbastanza

Pubblicato il 10-08-2012

di bruno

di Gabriella Delpero - È difficile dire no, soprattutto quando si è una mamma. La mamma di Pietro – 5 anni il mese prossimo – chiede un appuntamento perché molto preoccupata per alcune reazioni del bambino che la sconcertano, la spiazzano e soprattutto la fanno star male. Pietro, infatti, in alcuni momenti si mostra molto nervoso, irritato, aggressivo, pronto a distruggere tutto ciò che gli capita tra le mani, in un crescendo di urla e pianti, conditi da esplosioni di rabbia inspiegabili. Se chiedo in quali occasioni tutto ciò si verifica più frequentemente, la signora risponde che non ci sono situazioni precise e facilmente prevedibili che in qualche modo facciano da miccia: ultimamente, però, le è sembrato che una costante possa essere la delusione di Pietro nel sentirsi rispondere un “no” di fronte a richieste esagerate o impossibili da esaudire. Ma ciò che più amareggia la mamma è il fatto che di fronte ai suoi tentativi di calmarlo, invariabilmente il bambino reagisca rivolgendo verso di lei tutta la sua furia, urlandole di essere cattiva, “molto cattiva”, e cercando di prenderla a calci e pugni, o di tirarle i capelli, o di farle comunque male fisicamente.

La signora a quel punto si spaventa moltissimo e in genere cede, concedendo a Pietro ciò che voleva: alla fine si sente sconfitta ed esausta, oltre che naturalmente una pessima madre. Insomma, Pietro riesce ogni volta a convincerla di essere proprio come lui la definisce – cattiva – e da quell’istante la signora sente l’irresistibile desiderio di dimostrargli il contrario. Cerca in tutti i modi di giustificarsi e moltiplica affannosamente i suoi tentativi di mostrarsi amorevole, affettuosa, accogliente, premurosa. Pietro sente la sua debolezza, approfitta immediatamente della sua rinnovata disponibilità e alza il tiro, pretendendo in modo tirannico e ricattatorio ogni sorta di ulteriore vantaggio. Si instaura cioè tra madre e bambino un perverso circolo vizioso, dal quale né l’una né l’altro sembrano essere più in grado di uscire. Alcuni giorni fa ho letto in un libro (Imparate da me! di Bruno Ferrero, Effatà Editrice) le seguenti riflessioni di una mamma: “Un giorno, quando i miei figli saranno abbastanza grandi da capire la logica che spinge una madre a comportarsi in un certo modo, glielo dirò. Ti ho amato abbastanza da chiederti continuamente dove andavi, con chi e a che ora saresti tornato.

Ti ho amato abbastanza da star zitta e lasciare che scoprissi da solo chi era l’amico che ti eri scelto. Ti ho amato abbastanza da restar lì come un gendarme per più di due ore a guardarti pulire la stanza, un lavoro che io avrei potuto fare in un quarto d’ora… Ti ho amato abbastanza da lasciare che vedessi la rabbia, la delusione, il disgusto e le lacrime nei miei occhi. Ti ho amato abbastanza da non scusarmi mai con gli altri per le tue mancanze o le tue cattive maniere… (io aggiungerei anche “da non scusare mai te ai miei stessi occhi!”) Ti ho amato abbastanza da ignorare quello che dicevano o facevano le altre madri. Ti ho amato abbastanza da lasciare che inciampassi, cadessi, ti facessi male, sbagliassi. Ti ho amato abbastanza da lasciare che ti prendessi le responsabilità delle tue azioni, a tre, a sei, come a dieci o a sedici anni… Ti ho amato abbastanza da accettarti per quello che sei, non per quello che avrei voluto che fossi. Ma soprattutto ti ho amato abbastanza da continuare a dire “no” anche sapendo che mi avresti odiato. È stata questa la decisione più difficile”. Leggerò il brano alla mamma di Pietro.

Genitori e Figli – Rubrica di Nuovo Progetto
Gabriella Delpero - Neuro psichiatra infantile


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