Solo cose belle

Pubblicato il 17-02-2024

di Marco Grossetti

Ora di alzarsi per non incominciare la vita in ritardo, io che, come ogni papà, ti vesto e tu intanto dormi ancora.
Togliere lentamente quello che serviva per la notte e mettere nel più assoluto silenzio gli abiti per la festa di un nuovo giorno. Veder uscire dal frigo qualcosa di dolce per la colazione è istantanea attivazione, il segnale che siamo pronti davvero, esplosione di felicità che invade ogni angolo di casa. Inizi la giornata ridendo per ogni cosa che succede, poi ti lascio al sicuro tra mille sorrisi in una scuola tutta colorata, scendo le scale di corsa pensando a tutte le cose che ci sono da fare, ma un pensiero mi passa per la mente e ferma tutto. La fortuna del privilegio di una vita sicura e tranquilla, della semplice certezza di ritrovarti nello stesso posto poche ore dopo, senza la paura che intanto una bomba possa cadere sulla tua testa oppure sulla mia e in un attimo spazzare via ogni cosa. Penso a quanto siamo fortunati noi che siamo qui e che abbiamo tutto qui, senza dover sognare un’altra esistenza altrove, a quanto può essere bella e facile la vita, a meno di cadere in sventurate e purtroppo sempre diffuse inopportune coincidenze.

Un suono dalla mia tasca annuncia una nuova promozione, ricordandomi quanto potrebbe essere tutto ancora più felice con il semplice acquisto di un’altra bellissima inutile cosa, perché qui oramai è black friday ogni giorno. Non mi intima di spostarmi da dove sono entro poche minuti perché prestissimo tutto sarà distrutto, appena qualche giorno dopo aver dovuto già lasciare indietro ogni parte di me per sempre, in mezzo ad altre macerie. O di correre al riparo sotto terra il più in fretta possibile al suono di una sirena perché sopra non c’è più niente di sicuro. Non esiste più un posto che possa non essere considerato pericoloso perché ci sono banditi che si nascondono anche sotto gli ospedali e dentro le scuole e il fuoco, che si presuppone essere amico, può raggiungere chiunque ovunque. Qual è la differenza tra il nome che scrivo io sopra la giacca di mio figlio per non perderla e quello che scrivete voi sopra il braccio del vostro per poterlo riconoscere se mai succedesse un'irreparabile e innominabile catastrofe?

Guardo te correre, giocare, cadere, mangiare, piangere, dormire e penso ad altri posti dove è normale qualcos’altro.
Dove devi stare attento anche a cosa disegna un bambino sopra un foglio, perché il principio di innocenza non vale più per nessuno e siamo tutti potenzialmente individui da rieducare.
Dove la guerra è più normale della pace, in una scuola si va da bambini e da bambine per imparare a leggere e scrivere, in un’altra ci vanno ragazzi e ragazze per imparare a sparare, il triste destino di saper uccidere per diminuire le probabilità di essere eliminato in un gioco dove la mia sopravvivenza è la tua morte e viceversa. Dove vivi con la paura: sei a un concerto, sul vagone di una metropolitana, in un supermercato e devi guardarti ogni momento le spalle perché il nemico è dappertutto e in ogni momento potrebbe succedere qualcosa di terribile.
E poi ci sei tu qui.

Che ripeti allo sfinimento una sola parola, papà, e la urli, senza sapere bene il motivo, un po’ per gioco e un po’ per caso.
E sento il dovere di proteggerti, la necessità di poter contribuire in qualche stupido modo perché il mondo possa essere un po’ più bello, un po’ più sicuro, un po’ più amico. Almeno per te. Vedo l’immagine di un gruppo di giovani sospesi sul cornicione dell’università, mentre cercano disperatamente di mettersi in salvo dall’odio di un ragazzo come loro che aveva scelto di causare il maggior dolore possibile come scopo e senso della sua vita. Anche se è nato e cresciuto nella nostra parte di mondo, quella buona, giusta, sicura, tranquilla. È ancora un sogno possibile la pace?

Ci chiediamo per un attimo se abbia senso credere ancora in una vita bella e felice per noi e per gli altri.
Sentiamo il bisogno di una speranza a cui aggrapparci come quei ragazzi appesi nel vuoto, ma poi tanto facciamo la cosa più facile e rimuoviamo il fastidio di questo pensiero, insensibili uno al destino dell’altro.
Vedo te che corri e cadi, cadi e corri, corri e cadi, chiedendo solo di non essere lasciato solo per riuscire a continuare il tuo divertimento. Ti stringo forte dopo l’ennesimo capitombolo, nell’istante in cui in un abbraccio mi chiedi la forza e il coraggio per non smettere di cadere e correre. E penso che per te deve avere ancora senso credere che le cose possano andare in un altro modo. Per noi che siamo qui e per voi che siete capitati in pezzi di mondo dove si vive di paura, odio e dolore. Ti stringo forte. Perché possano succedere cose belle.
Perché possano succederti cose belle. Perché tu possa fare succedere cose belle.
 

Marco Grossetti
NPFOCUS
NP gennaio 2024

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