Prepariamo la pace

Pubblicato il 15-09-2023

di Ernesto Olivero

Oggi parlare di pace è difficile. Inutile nascondercelo. Abbiamo davanti a noi scene di guerra, viviamo in un’epoca di corsa al riarmo a tutti i livelli, un’epoca di profonde divisioni. Chi crede nella pace, agli occhi di tanti sembra un ingenuo, uno che va dietro a buoni sentimenti e a ricette facili. Non è così. Anzi, è l’esatto contrario. Proprio nei momenti più difficili, chi crede in un ideale deve sentire la responsabilità di proclamarlo con ancora più passione. Non dobbiamo fermarci a un presente apparentemente senza speranza, ma immaginare oltre, sognare e impegnarci per costruire quello che ancora non è. Chi rimane fermo all’oggi rischia di fermarsi al dito e di non vedere la luna, chi invece vede oltre non perde tempo ad alimentare utopie, ma intuisce la forza e la bellezza delle profezie.

L'INSEGNAMENTO DI LA PIRA
A me lo ha insegnato Giorgio La Pira, sindaco di Firenze, un grande esempio. Avevo poco più di 30 anni e rimasi affascinato da questo politico che nel pieno della Guerra fredda, con il mondo diviso in due blocchi, continuava nonostante tutto a credere nel dialogo, nella possibilità di un incontro. Presi il telefono, lo chiamai e lui mi disse di andarlo a trovare.
Pochi giorni dopo ero da lui e ricordo che mi fece una testa e un cuore grande così sulla pace, sulla profezia di Isaia che non conoscevo, le parole che annunciano un tempo in cui le armi non saranno più costruite e i popoli non si eserciteranno più nell'arte della guerra.
All’epoca ero molto giovane e non avevo ancora tutto chiaro, ma nel cuore sentivo che forse Dio ci avrebbe usato per fare qualcosa del genere. In fondo, l’Arsenale della Pace, la realtà di una vecchia fabbrica di morte trasformata in casa di vita, è nata proprio da quell’appuntamento.
La Pira ci ha aiutato a capire che un grande obiettivo non si realizza mai da soli, ma con impegno, con gradualità, con umanità.

LA PACE, FATTO CONCRETO
La pace è così: non è uno slogan da gridare nelle piazze o nei cortei, una parola su cui dividersi o su cui fare ideologie. La pace, come la speranza e l’amore, è un fatto concreto, è una scelta di vita, è l’impegno radicale a lottare contro ogni ingiustizia. Significa comprendere che il bene che posso fare io non lo può fare nessun altro, perché è la parte di bene che tocca a me, è la mia responsabilità.
Per noi, l’Arsenale è stato il luogo concreto per realizzare già ora la profezia di Isaia, per ricordarci che l’umanità così come è capace di toccare l’abisso, può toccare – se lo vuole – anche il cielo.
Io credo in questa forza, in questa possibilità di bene, da avvolgere di impegno, pazienza, ostinazione, tanta preghiera, testimonianza cristallina come metodo. Io credo nella pace concreta che – se sostenuta e alimentata – può aiutarci a livello individuale, sociale e globale a fermarci prima che una guerra scoppi, a rendere solido lo spazio e il ruolo della politica e della diplomazia, credibile la funzione delle organizzazioni internazionali come garanti della forza del diritto.

SOGNARE CON I PIEDI PER TERRA
Dobbiamo cambiare le nostre priorità, ricordarci che la guerra è inaccettabile ed è sempre un fallimento, perché anche una guerra combattuta per il bene porta dentro di sé inevitabilmente anche il male. La guerra divide, erge muri, condanna le generazioni future a elaborare ferite, odio, memorie completamente divise. Dobbiamo sognare e immaginare in modo concreto un mondo in cui le armi non saranno più costruite, perché uccidono e lo fanno tante volte, quando sottraggono investimenti allo sviluppo, quando lasciano sul campo morti e feriti, quando preparano la vendetta, quando devastano per sempre l’equilibrio dei reduci.
Se daremo la vita per questo impegno, diventeremo indomabili, sentiremo l’urgenza di non tacere di fronte a migliaia e migliaia di guerre nella storia e a centinaia di milioni di morti. Testimonieremo che l’umanità può rinascere, perché ognuno di noi è pronto a farlo, vivendo – se è credente – la santità come forma più alta del proprio essere al mondo.
Da non credente, l’impegno continuo a cambiare, a convertirsi per convertire il corso negativo della storia.
Tutto il resto non conta.

PACE, COSA POSSO FARE PER TE?
E allora, prepariamo la pace con scelte e con gesti di giustizia! Facciamolo, non abbiamo paura, non esitiamo!
Chiediamolo prima di tutto a noi stessi: pace, che cosa posso fare per te? Una domanda apparentemente piccola che però può cambiare il mondo. Lo ripeto, non è un’utopia. È profezia alla nostra portata. Da vivere. Semplicemente.
 

Ernesto Olivero
SPECIALE: Un Arsenale che parla
NP giugno / luglio 2023

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