L’ottava meraviglia del mondo

Pubblicato il 09-06-2023

di Redazione Sermig

San Paolo è una città meravigliosa ed enorme, dove è nato l’Arsenale della Speranza, da cui ogni notte più di mille sogni si innalzano al cielo Al posto degli schiavi C’era un odore nauseante, irrespirabile nel maggio del ’95, quando vidi, anzi “sentii”, per la prima volta la casa degli emigranti nel quartiere Brás, nel centro di San Paolo in Brasile. Solo da questa grande casa, denominata “Hospedaria dos Imigrantes”, sono passati 955.502 italiani, che hanno popolato questa grande città diventandone la comunità più numerosa.

Dom Luciano mi accompagnava “a vedere” la proposta del Governo dello Stato di San Paolo. Volevano affidarci questa casa del dolore, come era stata definita dalla tradizione popolare. Erano passati milioni e milioni di emigranti dall’Europa, dall’Asia. Non lo sapevano, ma molti venivano a prendere il posto lasciato dagli schiavi nella coltivazione dei campi.

Memorial do imigrante Il museo racconta la storia degli emigranti. Ci sono gli abiti che ricordano le tradizioni degli irlandesi, ci sono dei piatti che rivelano la cultura di altri immigranti, c’è anche un modello di nave, l’altare portatile di un missionario, foto antiche, volti che hanno segnato la storia del Brasile. Apro il primo dei 150 registri e scopro che il primo italiano registrato si chiamava Rossi Valentino, 1887. Per i primi emigranti non venivano inseriti i dati anagrafici. I primi italiani registrati regolarmente sono una famiglia di 12 persone: Giuseppe di 41 anni, sua moglie Marcolina di 40 anni, con i loro otto figli, più papà Domenico di 70 anni e il fratello Luigi di 32 anni.

Qui sono stati annotati anche i dolori. Giuseppe e Angela, due contadini, partono con i loro sogni dal porto di Genova, ma presto incontreranno un dolore straziante: il loro piccolo figlio di un mese muore durante la traversata, la casa degli emigranti ne raccoglie le lacrime e li registra: 16 agosto 1887. Italia, Italia, quanti figli sono dovuti emigrare per trovare un pezzo di pane. Penso a questi dolori che mi ha fatto riflettere ancora di più: accettare o non accettare; dopo aver capito in che casa del dolore saremmo capitati, la responsabilità era ancora più grande.

Più di mille entrano in questa casa Il 22 febbraio del 1996 entriamo all’Arsenale della Speranza: questo è il nome che abbiamo subito dato alla casa. Abbiamo costituito una cooperativa con 65 amici brasiliani.

La base erano gli amici della parrocchia di San Rafael, con i quali da alcuni anni ci incontravamo nella preghiera e con i quali avevamo condiviso alcuni progetti realizzati in Brasile. Insieme a loro, in poco tempo, i 100 amici ospiti sono diventati 300, poi 400 e poi si è avverato quello che il 12 dicembre 1995 – giorno della festa della Madonna di Guadalupe patrona dell’America Latina – avevo pensato che entro il 2000 avremmo accolto mille persone. Non so chi credeva a questo sogno. So che insieme a dom Luciano vi abbiamo subito creduto.
È stato pensato? È stato fatto!
 

A cura della Redazione
NP marzo 2023

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