Alibi, quando l'obiettivo sfugge

Pubblicato il 24-11-2023

di Roberto Cristaudo

Il termine alibi, in diritto, viene utilizzato per riferirsi a una prova logica in base alla quale si intende dimostrare che un accusato di un reato non poteva trovarsi nel luogo in cui esso è avvenuto. Per estensione alibi è diventato sinonimo di attenuante, giustificazione (fonte: Wikipedia).

Il Nepal è una terra ricca di stupa dorati e avvolta nel fascino avventuroso dell'Himalaya. Kathmandu, la sua vibrante capitale, un luogo che risuona al canto dei mantra e dell'odore di incenso bruciato nelle sue piazze affollate di gente cordiale e disponibile. Un posto ideale per catturare scatti perfetti.
Nel 2013, avevo deciso di partecipare ad alcuni dei prestigiosi concorsi fotografici con il sogno di vincerne almeno uno. I colori, le persone, la spiritualità onnipresente che avevo di fronte erano tutti elementi che concorrevano a comporre il mio quadro ideale.
Ma, nonostante i buoni propositi e la bellezza che mi circondava, non riuscivo a fotografare. I giorni e le settimane passavano, ma il tanto agognato traguardo rimaneva inafferrabile. Rivedevo continuamente le fotografie scattate. Monaci che pregavano silenziosamente, bambini che giocavano nei cortili polverosi, donne avvolte nei loro abiti colorati. Eppure, niente sembrava abbastanza degno e perfetto da essere inviato ad un contest fotografico. Apparentemente mi rifugiavo dietro un velo di pretesti, scaricavo la colpa sulla cattiva luce, sugli angoli sbagliati.
Le condizioni meteo, la mia scusa preferita.
“Oggi è nuvoloso, non ci sono le giuste condizioni di luce per un'immagine vincente. Meglio lasciar perdere”. Giorni di pioggia, nebbia o nuvole scure diventavano giustificazioni per non andare oltre, per non sperimentare né mettermi alla prova.

Poi, arrivarono le questioni tecniche. “La mia attrezzatura non è abbastanza sofisticata per ottenere il risultato desiderato. Non posso competere con quei professionisti che hanno a disposizione attrezzatura più recente”. Ancora, il fattore umano mi offriva un'altra scusa. “La gente in questa città è poco interessante, non hanno storie coinvolgenti da raccontare attraverso le mie fotografie”.
Non mi sforzavo neppure di avvicinarmi o di cercare il lato unico e intrigante che ogni individuo possiede.
Mi limitavo a guardare le mie fotografie con occhio critico, invece che cercare di trasformare le limitazioni in opportunità.
Stavo combattendo una battaglia contro me stesso. Avevo paura. Paura che il mio lavoro non fosse all'altezza, paura di fallire. Trovavo alibi, scuse, che diventavano piccoli amuleti per proteggermi dal timore del rifiuto. Il mio fallimento non risiedeva nelle strade trafficate della città o nelle sue ombre fugaci, ma dentro me stesso.
Il Nepal, con le sue montagne maestose e le valli profonde, è un riflesso di noi stessi. A volte ci svela i nostri abissi più reconditi oppure ci fa toccare i vertici di chi siamo.
Solo perseverando e continuando a cercare, ad esplorare, a scattare, persino a fallire, alla fine ho ottenuto molte fotografie imperfette, che però raccontavano autentici attimi della vita che a ben vedere, perfetta non è mai.
Ho imparato che non è necessariamente il premio o il riconoscimento esterno che deve essere perseguito ma, per ottenere buone fotografie è preferibile ricercare l'armonia con se stessi. Il traguardo arriverà di conseguenza.
E così, nelle strade di Kathmandu, tra un chai e una preghiera al vento, ho scoperto che il più grande tranello sono gli alibi che usiamo per giustificare l'inazione o il mancato risultato.
 

Roberto Cristaudo
NP ottobre 2023

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