Perché la sinistra ha perso

Pubblicato il 31-08-2009

di Loris Dadam


Come mai la gente comune sente più vicino a sé un multimiliardario che gli "amici del popolo"?

di Loris Dadam

La domanda più comune che monopolizza i dibattiti televisivi e giornalistici è: come è stato possibile un simile tracollo della sinistra nelle recenti elezioni politiche? Tracollo ancora più difficile da spiegare, in quanto avviene in un momento in cui tutte le questioni sociali, che sono tradizionalmente oggetto della politica di sinistra (dai bassi salari all’aumento delle ineguaglianze), diventano più acute e diffuse.
Questo fatto porta ad una seconda domanda, quella cruciale: si tratta di una crisi temporanea, dovuta a situazioni contingenti, oppure si sta chiudendo definitivamente un’epoca? Siamo cioè di fronte ad una delle ultime porte che vengono chiuse dietro l’ormai svanito Novecento?
veltroni.jpg Ovviamente motivi contingenti ve ne sono stati a iosa, a partire dal governo, che è riuscito a sommare quasi tutto quello che è impopolare, con l’aumento delle tasse ed aggiunta di sovraccarico burocratico di Visco, con il “tesoretto” di Padoa Schioppa che c’era e non c’era a giorni alterni (a proposito, dove è andato a finire?), con le liberalizzazioni di Bersani iniziate dai tassisti anziché dalle banche, e così via.

Si sono poi avuti alcuni avvenimenti di grande presa mediatica, di fronte ai quali la sinistra si è dimostrata completamente incapace di assumere un atteggiamento rigoroso ed efficace, primo fra tutti costringere il gruppo dirigente napoletano Bassolino/Jervolino alle dimissioni, quando le immagini con le montagne di immondizia hanno cominciato a fare il giro del mondo ricoprendoci di ridicolo. Poi l’atteggiamento schizofrenico nei confronti dell’immigrazione e di alcuni delitti collegati, con altissime grida, montagne di chiacchiere, e pochissimi fatti, con una ingiustificata e generica caccia al Rumeno (che, ricordiamolo, non è un extra-comunitario) a cui non ha fatto riscontro alcuna concreta capacità né di integrazione, né di assicurare alla giustizia quelli che delinquono.

Infine la vicenda Alitalia/Malpensa. Sembra solo un problema tecnico-economico-sindacale. Invece è stato vissuto da molti Italiani come un’offesa nazionale: in un colpo solo praticamente si regalava la compagnia di bandiera ai Francesi, si licenziavano migliaia di lavoratori e si chiudeva o quasi il più grande aeroporto internazionale dell’Italia del Nord. Non sappiamo cosa combinerà il prossimo governo, resta il fatto che gli Italiani non hanno digerito la soluzione prospettata da quello precedente.

Appare chiaro che si è trattato di una sconfitta annunciata e lo stesso Veltroni ha lavorato durissimo per riuscire a mantenere almeno i consensi della precedente tornata elettorale, cosa, almeno in parte, riuscita. Ma che dire di tutti gli altri, a sinistra, che, con un 13-15% sulla carta, non hanno raggiunto il quorum del 4%?

La risposta è molto semplice: i ceti popolari hanno votato Berlusconi e la Lega Nord. La mutazione genetica della sinistra a “ceto politico” autoreferenziale, costituito da piccoli gruppi che si autoriproducono, si autonominano, si autolodano, si autorappresentano solamente attraverso lo schermo televisivo, non è stato digerito dall’elettorato che, messo di fronte alla scelta (televisiva) fra un’imitazione (Veltroni, Bertinotti,...) e l’originale (Berlusconi), sceglie inevitabilmente l’originale.
Questo per dire che è illusorio pensare di fare concorrenza a Berlusconi sul piano della comunicazione mediatica, dove non ha rivali. Puoi batterlo solo mediante il contatto personale con i cittadini, porta a porta (quella delle case, non la trasmissione di Vespa). La sinistra, senza la militanza personale, volontaria e gratuita nei posti di lavoro e nel territorio, non esiste.

Oggi, invece, questo lavoro politico minuto, di rapporti personali, è svolto solamente dalla Lega Nord, che, infatti, ha vinto le elezioni senza farsi vedere molto in televisione. Ha vinto perché i cittadini l’hanno sentita vicina ai loro problemi ed alle loro preoccupazioni. Ha vinto perché parla lo stesso linguaggio irriverente, pseudo-xenofobo, figurato, del popolo che vuole rappresentare.

Tutto ciò ha, però, un profondo significato: oggi la classe politica non è migliore della media del popolo rappresentato. La Repubblica di Platone governata dai saggi è stata spazzata via dalla società di massa. Dalle urne esce una sconfitta secca di una figura che ha dominato la politica in tutti questi anni: l’intellettuale, quello che vuole “dare la linea” alle masse, il depositario del “sapere”. Ormai nessuno vuole farsi “dare la linea” da nessuno, e preferisce essere rappresentato da uno che ha gli stessi pregi, vezzi e difetti propri. berlusconi.jpg

Questo apre un nuovo spazio di riflessione su cosa significa oggi la rappresentanza e come l’attuale legge elettorale sia assolutamente inadeguata, ma ci riserviamo di parlarne in un prossimo articolo.

Possiamo concludere che la sinistra ha perso perché, al di là delle scelte impopolari del governo, è in essa che è egemone una classe intellettuale ormai incapace di comunicare con il grande ventre della nazione, interpretarne le speranze, le gioie e le paure, cioè la vita.

Se guardiamo la situazione sociale dell’Italia e del mondo, una sinistra degna del proprio nome dovrebbe avere il massimo dei consensi. Se non li ha è perché la sua classe dirigente è talmente lontana dalla realtà quotidiana delle persone, che queste sentono più vicina a sè la parola di un multimiliardario.

di Loris Dadam

 

 

 

 

 

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