Per la guerra non ci sono alibi

Pubblicato il 31-08-2009

di Redazione Sermig


Nell’armonia della creazione l’uomo ha voluto sostituirsi a Dio e subito ne ha “corretto” l’opera: ha iniziato ad uccidere, si è inventato confini e strumenti per affamare e non curare, ha diviso i fratelli tra nemici e amici, tra bianchi e neri, gialli e rossi. Ora l’umanità è ad una svolta. Possiamo ristabilire il primato di Dio sulla sua opera solo diventando donne e uomini nuovi, dicendo no a tutte quelle parole che abbiamo ideato per egoismo e paura.

... Ernesto Olivero


Se entriamo nuovamente nell’armonia della creazione, nella logica di Dio che è amore, i ricchi devono interrogarsi su cosa fare dei loro beni, i giovani su cosa fare della loro vita, noi tutti su come usare il tempo, chi gestisce il potere si deve chiedere se lo usa per il bene comune, chi è uomo di scienza se rispetta la vita o se, per superbia, tenta di sfidarla… La retta coscienza può far da guida per chi non crede.

La pace nasce dall’equilibrio ristabilito: chi ha fame è sfamato, chi è nel dubbio è ascoltato, a chi ha sbagliato è offerta una possibilità di cambiare, chi è malato è curato, chi è straniero è accolto, chi è in carcere non è abbandonato, chi è giovane ha futuro. Non siamo inclini al bene per natura, ma possiamo sceglierlo e volerlo con tutte le nostre forze perché sappiamo cos’è l’amore e ne proviamo nostalgia. Non esistono alibi per fare la guerra: la guerra ricadrà sempre su di noi, sui nostri figli, darà sempre luogo ad altre guerre.

Chi vuole la pace per il nostro tempo si impegna in gesti concreti. Prima di tutto non costruisce più armi, che tolgono risorse alla sanità, all’istruzione, all’alimentazione, e hanno bisogno dell’opera di tanti per essere realizzate. Quante intelligenze vengono assorbite dalla costruzione di armi anziché dall’inventare nuovi strumenti per dissodare la terra? In questo modo le armi uccidono due volte.

In secondo luogo chi vuole la pace sradica l’idea di “nemico” dal proprio vivere quotidiano, riscoprendo la gioia del perdono, del vivere da fratelli: un ritorno agli inizi, quando la fratellanza tra gli uomini e la figliolanza con Dio erano evidenti.

Un terzo gesto: praticare sempre e comunque il dialogo, ad oltranza, senza lasciarci scoraggiare dai fallimenti, ricominciando da capo, se occorre. L’ascolto e la parola, uniti a gesti che rendono credibili le parole, sono strade sicure per progettare relazioni fra i popoli e le persone che siano segnate dalla giustizia, dal rispetto dei diritti fondamentali, dalla solidarietà. Questo vuol dire fare la pace. Da qui possiamo incominciare a ricostruire il bene, il positivo, il futuro per noi, per i giovani, per la gente del mondo.

Ernesto Olivero

 

 

 

 

Questo sito utilizza i cookies. Continuando la navigazione acconsenti al loro impiego. Clicca qui per maggiori dettagli

Ok