Foreman e il senso della preghiera

Pubblicato il 11-08-2012

di Carlo Nesti

Yuri Foremandi Carlo Nesti - Yuri Foreman da dilettante vince il “guanto d’oro” di New York. Diventa professionista nel 2002 e resta imbattuto in 28 incontri. Nel novembre 2009 si laurea campione iridato della categoria superwelter Wba, dopo aver steso 2 volte, a Las Vegas, Daniel Santos. È la prima volta che un pugile israeliano riesce a ottenere una vittoria di questo genere.
 
 
 
Nel 1991 la famiglia ebrea Foreman, residente in Bielorussia, tentò di procurarsi il visto di espatrio per gli Stati Uniti, alla ricerca, prima ancora del benessere, della sopravvivenza. Risposta negativa. Seconda scelta: Haifa, in Israele. Richiesta approvata, ma vita da cani, senza denaro a sufficienza. L’unica speranza scaturiva dai successi agonistici del figlio di Andrei e Irina, e cioè Yuri, appassionato di pugilato, costretto ad allenarsi in una palestra araba. Durante le sedute, cazzotti da far male ma, alla fine, tutti amici e fratelli, al di là di qualsiasi discriminazione di tipo etnico o religioso.

Yuri Foreman“Dipendesse da me e da quei ragazzi – ricorda Yuri – ci siederemmo al tavolo della pace in pochi minuti e raggiungeremmo sicuramente un accordo. Altro che massacri!”. Bravo Yuri! E tanto bravo, anche sul piano sportivo, da vincere 3 titoli nazionali nella boxe, e acquisire il diritto a volare a New York. Biglietto di sola andata: destinazione Brooklyn, e il desiderio di ricongiungersi con il suo allenatore Koslowski. Ma prima di decollare, sosta a Gerusalemme per il visto e visita al Muro del Pianto. Come tutti, infilò un biglietto nella fessura, perché gli avevano spiegato che i suoi desideri si sarebbero avverati.

Scrisse: “Voglio diventare campione del mondo e sposare una donna bella”. Risultato: titolo iridato nel novembre 2009 nei superwelter Wba e matrimonio con l’ex modella ungherese Leyla Leidecker. Ora Yuri è rabbino e pugile, uno che considera la boxe un’arte e la violenza contraria alla Legge. Dio (per gli ebrei), Gesù (per i cristiani), Allah (per i musulmani) amano l’uomo di fede, che si rivolge a chi è più in alto di lui. Se però la preghiera, magari, non fosse solo di domanda ma anche di ascolto del Padreterno, varrebbe mille volte di più e mille pugni in meno. Anteponiamola al nostro egoismo!

Vi chiederete come fare ad ascoltare. Ebbene: c’è chi ci riesce e chi no, ma dipende solo da voi. Provate ad acquisire le Sacre Scritture e a cercare in esse le indicazioni, quando vi trovate fermi a un bivio. Nel silenzio dell’ascolto di Dio, tacendo, vedrete che spesso la risposta più saggia arriverà.
Carlo Nesti
 
 
 
 

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