Politica sì, ma con stile

Pubblicato il 10-08-2011

di Corrado Avagnina

Forse rischiamo l’overdose informativa di…politica e dintorni. Non è una novità. Da decenni la politica, appunto, tiene banco sui giornali e nei tg.

di Corrado Avagnina

 

È un assillo costante. Un po' è giusto che sia così.
La politica, infatti, entra nella nostra vita per le scelte che compie (talora sulle nostre teste) e per le ricadute che ci riguardano tutti, indistintamente. Se la politica si interessa di noi, è d’obbligo che noi ci interessiamo della politica. Ma basta farlo leggendo la carta stampata o sbirciando il talk-show con i vip della politica appunto impegnati ad urlare l’uno più forte dell’altro? Ovviamente ci vuole anche qualcos’altro. Andando avanti di questo passo, infatti, sembra di incappare in una distorsione insopportabile: i potenti sul palcoscenico, noi più o meno in platea in un rapporto complicato, dal basso, che può spaziare dall’adulazione al tifo, dallo scetticismo al qualunquismo, dal disimpegno alla rassegnazione…
 
Un momento sintomatico, in cui le posizioni un po’ si rovesciano, è quello delle elezioni. Lì noi abbiamo in mano il pallino. Ma riusciamo a giocarcelo al meglio, con convinzione, con lucidità, con consapevolezza? Certo, avremmo bisogno di trovare le persone di cui fidarci fino in fondo. Avremmo bisogno che fosse già in campo quel sogno esternato dal card. Bagnasco, presidente della CEI, che attende una nuova generazione di impegnati in politica, quale “esigente forma di carità verso gli altri”. Intanto però non ci si può defilare, rinviando sempre e solo a tempi migliori (che stentano ad arrivare). elezioni_scheda.jpg
 
Allora se la politica adesso ci interpella per l’esercizio prezioso e democratico del voto, non ci possiamo scansare o scusare. Certo il frangente non ci entusiasma. Anzi spesso ci delude. Sono soprattutto le cose non fatte o sbagliate o incompiute che ci scoraggiano. Perché la politica deve occuparsi dei problemi che riguardano tutti. E se non lo fa, manca l’obiettivo primario. Però, forse, prima vengono le persone che debbono gestire questi snodi.
 
Il voto riguarda i programmi ma anche i candidati. La scelta sui rappresentanti è gesto di democrazia, andando a cercare coloro che danno affidabilità rispetto al profilo etico di un impegno che non può non essere speso per il bene comune, in una trasparenza a tutta prova. Mentre sale un grigiore pericoloso di nebbie ambigue su troppi pasticci, che la magistratura talora smaschera nella loro gravità sconcertante. Non dobbiamo fare di ogni erba un fascio, ma non dobbiamo neanche fasciarci troppo gli occhi.
 
Ed in questi tempi di crisi diffusa, ai politici chiamati a governare la cosa pubblica sul territorio è indispensabile un atteggiamento di sobrietà anche testimoniante, evitando di chiamare sempre in causa i costi della politica. Infatti, la politica può essenzializzarsi. E chi fa politica può anche riscoprire quella virtù che nell’enciclica Caritas in veritate è indicata come la capacità di donarsi, evocando persino la gratuità del servizio agli altri.
 
Insomma, il potere non per dominare ma per spendersi per la comunità. Utopia? Forse, ma in ogni caso da richiamare come esigenza ed attesa. Comunque uno stile di fare politica che sappia dialogare con fermezza ma con dignità, che sappia difendere le proprie convinzioni e cercare di capire le ragioni degli altri, che non scenda a compromessi bassi ma cerchi mediazioni alte, non è un optional. E non è solo forma o bon ton, è sostanza dello stare in politica. Infine, dopo il voto, bisognerà continuare ad occuparsi della politica e dei politici. Perché i propositi e gli impegni di adesso non vengano persi per strada.
Corrado Avagnina
 

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