India: intoccabile !

Pubblicato il 31-08-2009

di Simone Bernardi


Padre Yesumarian è un “dalit”: un intoccabile. N.P. l’ha conosciuto pochi giorni dopo il tragico tsunami che un anno fa ha colpito il sud est asiatico e con lui sta portando avanti un progetto di ricostruzione nel Tamil Nadu.

a cura di Simone Bernardi

L’India ha recentemente superato il miliardo di abitanti; il 60% della popolazione è tuttora dedita all’agricoltura, nonostante la crescita tecnologica degli ultimi anni. Molti progressi sono stati fatti per raggiungere l’autosufficienza alimentare ma il problema del possesso della terra per i piccoli agricoltori rimane, con un modello economico di riferimento che crea problemi in una società sempre in bilico tra modernità e tradizione millenaria. Il lavoro minorile occupa quasi 5 milioni di bambini: è una piaga derivante dalla povertà delle famiglie, indebitatissime e vincolate a tassi di usura per generazioni. Le donne sono discriminate fin da bambine, con la pratica frequente dell’aborto selettivo, se non dell’infanticidio tout-court. La pratica risale alla necessità della dote che ogni famiglia deve garantire alle ragazze e che rappresenta una spesa spesso insostenibile. Negli anni ’90 un censimento ha svelato che gli uomini sono più delle donne. I “fuori casta”, ca. ¼ della popolazione, vivono in condizioni di grande precarietà e discriminazione sociale.
A un anno di distanza dal terribile tsunami che ha colpito le coste dell’India e di altri Paesi del sud est asiatico, Nuovo Progetto ha intervistato Padre Yesumarian Lyma s.j., il sacerdote indiano “dalit” (cioè intoccabile) Responsabile del “Dalit Human Rights Centre” di Chengalpattu con il quale il Sermig sta portando avanti un progetto di ricostruzione nel Tamil Nadu. P.Yesumarian è anche avvocato, competenza che gli permette di coordinare un servizio di assistenza legale a favore dei “fuori casta” come lui.

 

In India gli “intoccabili” sono ancora ca. 250 milioni - 1/4 della popolazione -, i più negletti e sfruttati nella società dal rigido sistema delle caste. Perfino nell’immediato dopo-tsunami, gli aiuti in materiali e altro giunti da parte del governo sono stati dati solo alla gente appartenente alle caste. Padre Yesumarian ha portato la questione davanti al Giudice del suo Distretto, ma non ha ottenuto giustizia.

Padre Yesumarian, cosa ci può raccontare sul sistema delle caste?
Tutti gli indiani sono suddivisi in quattro caste: i bramini, i guerrieri, i commercianti, i lavoratori; poi ci sono i fuori casta come me, i dalit. Secondo la mitologia indù i bramini sono nati dalla testa di Dio per cui sono superiori, i guerrieri sono nati dalle braccia di Dio, i commercianti dal suo ventre ed i lavoratori dai suoi piedi. I fuori casta non provengono da Dio, e per questo sono empi, inquinati, non sono esseri umani. Io non sono un essere umano.

Nell’ordine sociale questo significa che i fuori casta sono anche messi fuori dai villaggi, ovvero costretti alla separazione fisica. Come fuori casta io non posso camminare sulle strade comuni, non posso attingere acqua dai pozzi dove l’attinge l’altra gente, devo pregare in un tempio a parte, in alcuni villaggi non posso usare le scarpe; in alcuni posti ci sono due bicchieri, uno per la gente normale ed uno per i fuori casta come me. È più di un apartheid, perché è nascosto. Solo da poco tempo i fuori casta come me hanno la possibilità di recarsi all’estero e spiegare alla gente ciò che accade in India.
Come si riconosce un dalit?
Il dalit non ha un aspetto particolare, non ha un colore particolare... ma se due indiani si conoscono normalmente non sono interessati a conoscere le rispettive qualifiche, famiglie o altro, bensì la casta d’appartenenza. Prima di essere riconosciuto come essere umano sono riconosciuto per l’appartenenza ad una certa casta. Come si capisce la casta? Se io dico il nome del mio villaggio, e tutti i cristiani del mio villaggio sono dalit, la riposta è ovvia, se invece il villaggio è grande non si potrà capire subito la casta…
Come si comporta il governo di fronte a questo sistema?
La legge ha eliminato il concetto di fuori casta, ma non dice espressamente che le caste sono abolite. Questo è il primo problema. Inoltre c’è da tener conto della mentalità indiana che va oltre ciò che la legge stabilisce. Per esempio, ci sono più di 10.000 villaggi in cui i fuori casta continuano ad esistere. Nella pratica la legge non è rispettata. Tutte le posizioni governative sono occupate da persone delle caste elevate. Durante lo tsunami è stato chiesto ai dalit di spostare i cadaveri; anche se fra i morti c’erano parenti degli impiegati governativi, questo lavoro è stato affidato ai fuori casta. Insomma, così è la mentalità diffusa.

C’è qualche progetto educativo in merito?
L’istruzione è molto importante per modificare il sistema, grazie ad essa io oggi posso essere qui a parlare con voi. È importante offrire ai dalit istruzione, terra, conoscenza del loro ruolo sociale, ecc…. È ciò che hanno fatto negli anni passati i missionari arrivati qui dall’Europa e per questo siamo loro grati. Molti dalit diventano cristiani perché vogliono uscire dal sistema delle caste.

La Chiesa ha modo di educare le altre caste per cambiare questa mentalità?
Sono domande molto delicate, grazie perché le fate. In India vivono 1 miliardo e 20 milioni di persone, 250 milioni di dalit: più della popolazione di tutta Europa. Ci sono 20 milioni di cristiani, di cui 16 milioni, cioè la maggior parte, sono dalit. Ci sono 200 vescovi, ma solo 7 sono dalit. Sembra che il sistema delle caste riesca a trovare spazio anche nella Chiesa. Ci sono seminari diversi per i dalit e anche nella Chiesa ci sono posti a sedere a parte per i dalit. È qualcosa di informale, di non voluto apertamente, ma c’è.
Il 17 novembre 2003 tutti i vescovi del Tamil Nadu hanno incontrato a Roma Papa Giovanni Paolo II, che ha ribadito la necessità che non ci sia discriminazione di casta nella Chiesa. Inoltre il Papa ha detto che l’essere vescovi e preti non significa appartenere ad una casta, che questa non deve influire sulle scelte. Il fatto che abbia parlato così indica che c’è un problema anche nella Chiesa. Siamo stati molto felici di questa coraggiosa presa di posizione del pontefice; ho tradotto nella mia lingua questo suo discorso e ne ho distribuito 200.000 fotocopie alla gente. I dalit vogliono essere riconosciuti come essere umani, io soffro di non essere considerato tale.

Perché capiate meglio, voglio raccontarvi la mia storia. Sono l’ultimogenito di una famiglia cattolica. Ho perso mio padre all’età di 3 anni e mia madre ha dovuto crescere da sola sei figli affrontando molte discriminazioni come donna vedova dalit. È lei che mi ha passato la passione di lottare per i diritti dei deboli. Ho studiato in una scuola del nostro villaggio portata avanti da preti di alta casta, che non mi hanno permesso di frequentarvi anche le superiori in quanto dalit, per cui sono dovuto andare in una scuola statale il cui livello era molto basso. Il loro comportamento mi ha spinto a diventare prete per essere veramente cristiano. Ho dovuto spostarmi di 500 km per unirmi alla comunità dei gesuiti (che da tempo aiutano i dalit) e così sono diventato prete.

Come vivono i dalit?
Per lo più sono agricoltori o pulitori di strade (anche degli escrementi, con le mani). Lo stesso governo indiano dice che ogni giorno in India vengono uccisi 3 dalit e 15 sono attaccati. Anche chi ha la possibilità di studiare verrà sempre discriminato. In India da 125 anni esiste un’associazione di avvocati, ma mai il presidente è stato un dalit. Spesso vedendo il mio lavoro i miei colleghi mi hanno chiesto di candidarmi e nelle riunioni mi hanno fatto i complimenti per come ho parlato, anche perché c’erano persone di alta casta incapaci di fare un discorso in inglese come me. Eppure il giorno delle elezioni, a parte i dalit, nessuno ha votato per me. Perché sono un dalit.

Questa discriminazione frena la gente dall’adoperarsi perché le cose possano cambiare: Se le cose vanno così è perché io appartengo a questa casta.
Per me è stato importante, come dalit, aver aiutato tanta gente durante lo tsunami, ca. 10.000 famiglie di cui solo 2.000 dalit: abbiamo voluto dimostrare che i dalit possono portare un contributo positivo.



Questo sito utilizza i cookies. Continuando la navigazione acconsenti al loro impiego. Clicca qui per maggiori dettagli

Ok