The “FAMILY” day after

Pubblicato il 31-08-2009

di Elena Goisis


Di due di noi che c’erano…

di Elena Goisis e Rossana Gonella

“Famiglia: bellezza di un impegno definitivo” recitava uno striscione bianco scritto a mano ed issato nel cielo azzurro di piazza San Giovanni in Laterano, ieri pomeriggio, sabato 12 maggio 2007. Attorno, a riempire la piazza in ogni direzione, il “popolo delle famiglie”: bebè in passeggino, famiglie con disabili, anziani sul seggiolino, mamme che distribuivano merende e papà con i più piccoli sulle spalle perché vedessero qualcosa anche loro… questa la folla multicolore e multigenerazionale che si è radunata ieri nel centro di Roma, a ricordare, prima di ogni cosa, di esistere.
Tanti gli striscioni ed i cartelli, molti scritti o disegnati a mano, dai più oltranzisti, di autarchica memoria – “Dio, patria, famiglia” – a quelli, pochi, politici – “Oggi la Bindi, domani Zapatero” – a quelli sgorganti dalla concretezza del quotidiano - “Più famiglia, meno anziani soli” – a quelli rivendicativi - “Prodi! Dov’è il bonus bebè?” – a quelli con effigi religiose. Del tutto assenti le bandiere partitiche, in una manifestazione la cui principale connotazione è stata la “laicità”. Non quella che oggi erroneamente si contrappone ad un’appartenenza religiosa, ma quella laicità che nel significato originario del termine vuol semplicemente dire “che non appartiene al clero” o “non consacrato”, cioè uomo e donna comune.
Ieri in piazza c’era proprio questa laicità, esclusa per secoli dalla possibilità di avere voce in capitolo e che oggi, all’interno del panorama cattolico, sta acquistando forza. Quella laicità che porta avanti, il più delle volte nell’anonimato, la gioia e le fatiche del rimanere cristiani dentro un universo culturale non più omogeneo. Quella laicità che, come ha ricordato Savino Pezzotta, uno dei due “portavoce” della giornata, spesso è in prima linea nella lotta contro la fame nel mondo, per la pace, per la vita, per la dignità di ogni uomo, donna, bambino.

Chi ha assistito alla “versione televisiva” della manifestazione probabilmente ne ha raccolto un’impressione differente, a riprova di quanto spesso oggi i media “costruiscano” una realtà artificiale anziché offrire i dati di quella naturale. Si è parlato di ingenuità della Chiesa nell’offrire al centro-destra una piazza strumentalizzabile: in realtà i politici si sono visti solo in tv (intervistati in mezzo alla folla). Nessun accenno alla loro presenza dai conduttori sul palco, tanto che chi scrive ne ha avuto notizia solo a posteriori, dai media appunto.
 La sensazione di “insipido” che ci ha lasciato la manifestazione di ieri deriva, dunque, non da una strumentalizzazione che a nostro parere non c’è stata, ma da altro. Deriva dall’attesa delusa di una concretezza, dall’aver sperato che il connubio tra un grosso nome del sindacalismo e le principali associazioni familiari italiane permettesse di tradurre, finalmente, il “sì” alla famiglia in una piattaforma di proposte alle forze politiche.

La CISL ha approvato, nel corso del Convegno Nazionale sulla Famiglia tenutosi a Roma il 15 marzo scorso, un Documento dal titolo “Una politica per la famiglia nella prospettiva di un welfare moderno di cittadinanza”, che vuol rappresentare una svolta nelle sue scelte strategiche. “Per la Cisl è giunto il tempo di segnare una discontinuità nelle politiche di welfare ed aprire una stagione di politiche esplicitamente rivolte alla famiglia e al mettere in condizione le coppie di avere il numero di figli che desiderano” recita il Documento. Ed alle dichiarazioni di principio fa seguire un lungo elenco di proposte.
Perché, ci chiediamo, non presentare nel corso del Family Day un’analoga “carta della famiglia”, con una serie di indicazioni per politiche sociali e fiscali a reale sostegno di chi regge ancora il carico più gravoso del disagio sociale? Perché non valorizzare meglio, con questo gesto di serietà e di rispetto, le fatiche coraggiosamente affrontate da migliaia di famiglie per convenire in piazza anche da lontano?

Nulla di tutto ciò. Aldilà delle dichiarazioni di principio “a favore della famiglia”, la sensazione è stata che, ancora una volta, si volessero “mostrare i muscoli contro”: contro i Dico, contro la paventata pluralità delle tipologie familiari, contro le coppie di fatto, senza riuscire a liberarsi dalla logica della contrapposizione. Ma non è arroccandosi in difesa che la famiglia vivrà una nuova primavera, come non si vince il diffondersi di famiglie “diverse” gridando più forte che la famiglia è di un solo tipo. Si vince promuovendo una preparazione al far famiglia seria, permanente, non solo per chi si sposa in Chiesa ma per tutti. Non una preparazione in cinque incontri che termina con il matrimonio, ma una preparazione alla genitorialità, al dialogo, ai periodi di sofferenza, che cominci dalla scuola primaria pubblica per durare tutta la vita. A chi fa l’educatore professionale o l’operatore sanitario o l’insegnante di scuola materna vengono chiesti anni di studi ed un diploma. A chi affronta gli stessi compiti e molti altri dentro la famiglia sembra basti il buon senso, l’ “io speriamo che me la cavo”, l’amore o l’istinto dell’amore.

E ancora: “Siamo qui in tanti” è stata una delle frasi più e più volte lanciata dal palco. Ma dei problemi di chi era in piazza (e non erano coppie gay né di fatto) si è appena accennato. Dell’11,7% delle famiglie italiane sotto la soglia della povertà, del 38% delle persone tra i 55 e i 64 anni che nel Mezzogiorno hanno dovuto ridurre le spese per l’alimentazione (dati Istat relativi al 2004), delle migliaia di famiglie che non ce la fanno più a gestire un anziano o un malato, un figlio disabile o tossicodipendente non si è parlato. Sono arrivate e ripartite sole, come è nella quotidianità.

Si è parlato anche di responsabilità sociale della famiglia: perché non fare subito un piccolo esperimento, che lasciasse il segno nella coscienza di tutti i presenti? Al termine della manifestazione è rimasta una piazza coperta di immondizie (sarebbe bastato dotare tutti i partecipanti, oltre che del cappellino colorato, di un sacchetto per le immondizie da portare via) e cosparsa di bottigliette d’acqua, buttate a terra mezze piene: litri e litri d’acqua sprecati, un insulto a chi nel mondo muore di sete. La responsabilità sociale si allena a partire dai piccoli gesti che ognuno può fare subito, e a Roma questo era possibile.

Abbiamo tutti nostalgia della vera Italia dei valori, quella dei tempi di De Gasperi, Sturzo, Togliatti, Nenni... Ma non saranno gli slogan e le piazze piene a restituircela. La giornata di ieri è stata un’altra occasione perduta per “lanciare il cuore oltre l’ostacolo”, per aprire gli orizzonti anziché chiudersi in difesa, per dare slancio ad uno stile di vita e di far politica nuovo.
Da oggi, chi si “sporca le mani” con i problemi perché è davvero a favore della famiglia riprenderà il proprio cammino, sempre più consapevole che le vere occasioni sono quelle della fedeltà nel quotidiano.

Elena Goisis e Rossana Gonella

Vedi anche:
FAMILY DAY: alcune riflessioni
Speciale “Laboratorio famiglia”

 

 

 

Questo sito utilizza i cookies. Continuando la navigazione acconsenti al loro impiego. Clicca qui per maggiori dettagli

Ok