Ripensare la pena

Pubblicato il 31-08-2009

di Redazione Sermig


“Persone, non reati che camminano” è il tema della Giornata Nazionale di studi organizzata per il 25 maggio 2007, presso la Casa di Reclusione di Padova, dalla Casa di Reclusione stessa insieme al Centro di Documentazione Due Palazzi ed alla Conferenza Nazionale Volontariato Giustizia.

Ristretti Orizzonti

La recente ricerca realizzata dal Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, secondo la quale la recidiva scende sotto il 20 per cento quando i detenuti godono dei benefici di legge e vengono accompagnati in un graduale reinserimento nella società, contro lo storico 70-80 per cento di recidiva che si registra tra i reclusi che scontano interamente la propria pena con un trattamento esclusivamente “intramurario”, offre finalmente delle solide basi scientifiche per una riflessione sul valore rieducativo della pena e sulle politiche penali che offrono effettivamente sicurezza alla società.

In questo senso l’anno appena iniziato vede una congiuntura non solo favorevole, ma forse addirittura irripetibile per una riflessione su questi argomenti dalla quale scaturiscano proposte sensate, che possano effettivamente trovare riscontro in una risposta politica concreta.

Oltre al recente indulto, infatti, che ha riportato gli istituti di pena a livelli di vivibilità, il Governo si appresta a varare il nuovo Codice penale e in Parlamento è stato depositato un progetto di riforma dell’Ordinamento penitenziario. Nel frattempo, da più parti vengono sottolineate le ulteriori esigenze di riforma del sistema giustizia, dalle quali si auspica possa perlomeno scaturire un processo più rapido ed efficace.

Insomma, forse per la prima volta nella storia repubblicana si offre l’occasione non solo di armonizzare il sistema delle pene e il sistema dell’esecuzione delle pene stesse in base al dettato costituzionale, ma anche di poter mettere da subito in atto le riforme grazie alla “deflazione” degli istituti di pena conseguente l’indulto. E di trovare, se possibile, il coraggio per fare quell’amnistia, necessaria perché la Giustizia possa davvero cominciare a funzionare in modo decente.

Appare allora quasi doveroso cercare di far incontrare i maggiori esperti di questi argomenti, sul fronte della riforma del Codice penale da una parte, e dall’altra dell’esecuzione della pena, e di una possibile riforma dell’Ordinamento penitenziario, impostando la discussione sulla necessità di un’azione di riforma congiunta e razionale che punti all’effettivo recupero dei detenuti, incidendo in modo significativo sulla recidiva, senza condizionamenti da parte di un’opinione pubblica, disinformata ad arte su questi argomenti, che sono invece fondamentali per definire la civiltà di una nazione.

MENO MORTI “DA CARCERE”
Sono il 60% in meno le “morti da carcere” nei primi mesi del 2007. I suicidi sono diminuiti da 16 a 2. Lo comunicano la Federazione Nazionale dell’Informazione dal e sul carcere e la Redazione di “Ristretti Orizzonti”.
Primi 100 giorni del 2006: nelle carceri italiane muoiono 24 detenuti, di cui 16 per suicidio.
Primi 100 giorni del 2007: nelle carceri italiane muoiono 10 detenuti, di cui “solo” 2 suicidi.
Tra i dati del 2006 e quelli del 2007 c’è di mezzo l’indulto, che fa uscire dalle carceri più di un terzo dei reclusi. Però il dato sulle morti ha fatto registrare un calo ben più vistoso (emblematici i “soli” 2 suicidi avvenuti nei primi mesi del 2007, a fronte dei 16 avvenuti nello stesso periodo del 2006).
Almeno tre i motivi - tutti in qualche modo legati all’indulto - che, secondo noi, hanno consentito questa diminuzione nelle morti all’interno dei penitenziari.
1) I detenuti liberati con l’indulto erano per la maggior parte condannati a pene brevi, quei “poveri cristi” che riempiono le carceri (i tossicodipendenti, gli immigrati, i malati mentali, insomma gli emarginati di vario tipo) e che più frequentemente muoiono per malattia, o decidono di suicidarsi.
2) L’indulto ha ridato un po’ di speranza anche a tutti i detenuti che sono rimasti dentro: a chi ha una pena lunga, abbreviandogliela; a chi è entrato in carcere dopo il provvedimento e non ne ha potuto fruire, perché ha dimostrato che lo Stato è capace non solo di punire ma anche di perdonare, di “incoraggiare” il recupero (razionalmente tutti siamo consapevoli che un altro indulto verrà forse tra 10 o 15 anni, però il “fattore speranza” è di per sé irrazionale).
2) Grazie al fatto che i detenuti sono di meno, in molti più casi gli agenti di polizia penitenziaria riescono a intervenire e a salvare in extremis i detenuti che accusano dei malori, o che cercano di uccidersi.
Ristretti Orizzonti

Hanno già dato la loro disponibilità a intervenire alla Giornata di Studi
• Alessandro Margara, magistrato, presidente della Fondazione Michelucci, autore di una proposta di riforma dell’Ordinamento penitenziario
• Mauro Palma, presidente del Comitato europeo per la prevenzione della tortura
• Luciano Eusebi, Ordinario di Diritto penale nella Facoltà di Giurisprudenza di Piacenza e membro della commissione di studio per la riforma del Codice Penale
• Carlo Alberto Romano, criminologo, presidente dell’associazione “Carcere e territorio” di Brescia
• Laura Cesaris, Università di Pavia, Dipartimento di Diritto e procedura penale
• Paolo Canevelli, Magistrato di Sorveglianza dell'Ufficio di Sorveglianza di Roma
• Pietro Buffa, direttore della Casa circondariale di Torino
• Lucia Castellano, direttrice della Casa circondariale di Bollate
• Luigi Manconi, sottosegretario alla Giustizia con delega per le carceri

Info: redazione@ristretti.it
Tel.049.8712059

Sullo stesso tema vedi anche:
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CARCERI: Il sistema statunitense
L’informazione in carcere
Il carcere: vorrei vederlo sparire…

 

 

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