GIOVANI DI FRONTE ALLA VIOLENZA/6: Amare per educare

Pubblicato il 31-08-2009

di andrea


Durante l’ultimo anno il Sermig ha incontrato ca. 15.000 giovani. Ha cercato di amarli ed educarli ad amare. “Spesso siamo visti come la generazione opposta a quella del ’68, ovvero quella che non ha posizione, che è considerata un burattino nelle mani del sistema” ci ha detto una ragazza di 19 anni. E un 18enne: “il futuro è dei giovani e se i giovani sono violenti il futuro non è roseo”. “Mi spaventa l'incertezza del futuro e delle scelte che dovrò fare” ha confessato una 17enne. L’Arsenale della Pace, che da 40 anni aiuta i poveri ed accoglie persone che desiderano cambiare vita, ha capito fin da subito che altrettanto importante era lavorare con i giovani.

di Andrea Bisacchi
Fraternità della Speranza


Il Sermig è nato per aiutare i poveri. Poi ha capito che per cambiare il mondo doveva partire dai giovani: loro sono il futuro. Se riuscissimo oggi a infiammare il cuore dei giovani, i responsabili della società di domani avrebbero davvero voglia e capacità di cambiare il male in bene. In tanti anni ne abbiamo incontrati quasi 1 milione, nei campi di formazione e lavoro, nelle scuole o in altre occasioni…

Sempre più spesso constatiamo in loro la tendenza a non sentirsi all’altezza della vita, l’opinione che anche “da grandi” non saranno influenti perché non ricchi, che subiranno le decisioni degli altri. “Noi non arriveremo mai al posto di Bush, il posto di Berlusconi lo prenderà il figlio di Berlusconi”. Eppure Berlusconi è proprio l’esempio dell’uomo che si è fatto da solo! Da qui la loro sfiducia nel futuro, il chiamarsi fuori gioco, diventando schiavi a volte di dipendenze e violenze di ogni genere.

Spesso nelle attività con loro facciamo questo invito: “Chi ha un sogno alzi la mano”. Pochi la alzano! La nostra Fraternità ha sempre scommesso sui giovani, sono il vero investimento a lungo termine. Perciò puntiamo a far incontrare Dio ai giovani, perciò i poveri li aiutiamo insieme a loro, la pace vogliamo costruirla con loro.
Puntare sui giovani però non può essere uno slogan, richiede di amarli sul serio.

Una volta siamo stati invitati in una terza media preannunciata come “molto difficile”: due terzi dei ragazzi avevano almeno un genitore con grosse difficoltà. Al nostro arrivo un ragazzino ne stava rincorrendo un altro, la professoressa lo afferra e lo sbatte contro la parete, “Tu adesso vai fuori!”. Un terzo dei ragazzi non si è accorto che siamo entrati in classe, gli altri hanno continuato a fare i fatti loro. Ci siamo detti: “Cambiamo tutto, non ha senso fare l’attività che avevamo preparato sull’accoglienza”. Abbiamo parlato con loro, raccogliendo gli spunti che partivano da loro. Alla fine dei tre incontri pensavamo di aver perso tempo. Una sera telefona una ragazza, dice di far parte di quella classe: “Stasera mi sentivo sola e ho pensato: telefono ai miei amici del Sermig”.

Non è facile essere pronti a cambiare programma, ma solo così i giovani capiscono che i loro pensieri, le loro incertezze sono al centro delle nostre preoccupazioni. La Carta dei Giovani è nata così, per 2 anni con tutti i gruppi che passavano dall’Arsenale della Pace l’argomento era: cosa serve a un giovane per crescere? Quali le piaghe di oggi sulla vostra pelle?

La Carta dei giovani è fatta di tanti “Voglio” quanti “Mi impegno”: questo è il nostro metodo. Non poniamo mai i giovani davanti a una regola, ma davanti a una scelta: non “dovete andare a letto alle 23” ma “questa casa insieme a voi accoglie poveri che non hanno casa, aiutateci a rispettarli con il silenzio notturno”; “ vi chiediamo di non bere alcolici perché insieme a noi ci sono persone che stanno uscendo dall’alcol”... le ragioni che offriamo a loro per la scelta sono le ragioni dei poveri.

Puntare in alto, questo è il nostro motto: dare fiducia e responsabilità reali ai giovani, insegnando loro un metodo per tener fede agli impegni assunti. C’è chi è pronto, c’è chi non lo è ancora, per mille motivi diversi. Ma per noi sono tutti uguali, sono sempre gli stessi giovani, tutti da amare nello stesso modo. Ha ragione quel ragazzo di 14 anni che su un nostro questionario ha scritto “Penso che le persone “violente” non esistono ma che ci sono delle persone che passano dei momenti brutti della loro vita e che compiono atti violenti”.

Gli stessi giovani, incontrati in classe si comportano in un modo, all’Arsenale o nel loro gruppo scout sono altre persone. Oppure c’è chi viene la prima volta con il gruppo e “deve” dimostrare di essere indifferente a tutto ciò che accade… poi ricompare l’anno dopo “per scelta” da solo o trainando dietro a sé altri amici! Devi tenerlo presente nelle occasioni in cui devi “richiamarli all’ordine”: non hai di fronte giovani “cattivi” ma giovani uguali agli altri, che per qualche motivo in un momento si sono lasciati trascinare a comportarsi diversamente. Puoi essere duro, ma mai sfogarti su di loro, i ragazzi devono sentire che li stai amando e solo quando tu sei pronto ad amarli puoi permetterti di dire loro la verità che pensi possa aiutarli a crescere.

È importante che i giovani trovino in te la disponibilità a metterti in discussione con loro: tu non sei perfetto, ti presenti così come sei, ma dentro di te più forte di tutto c’è il desiderio di “legare”, di costruire un rapporto. C’è chi resta spiazzato, abituato a incontrare persone che portano una maschera rimane colpito dall’incontrare persone senza maschere che gli chiedono di proporsi a sua volta per quello che è. Se il giovane accoglie l’invito, nella sua vita può iniziare il cammino di ricerca della verità.

Andrea Bisacchi
Fraternità della Speranza
da Nuovo Progetto gennaio 2006

 

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