TURCHIA: in attesa del Papa

Pubblicato il 31-08-2009

di Aldo Maria Valli


Per Benedetto XVI la visita in Turchia della prossima settimana sarà un confronto ravvicinato con un islam multiforme, ancorato alle tradizioni eppure desideroso di aprirsi alla modernità, oltre che l’incontro con una cristianità sofferente.


di Aldo Maria Valli

Osservo Istanbul affacciato all’ultimo piano di un albergo sul Corno d’Oro, che si insinua come un fiordo nelle viscere della metropoli e che all’ora del tramonto prende davvero il colore dell’oro.
Sarà una visita difficile, quella di Benedetto XVI in Turchia, dal 28 novembre all’1 dicembre. Le polemiche innescate dal discorso di Regensburg hanno reso quanto mai tesi i rapporti con il mondo islamico. Il rammarico espresso dal pontefice ha calmato molti animi, ma c’è chi continua a soffiare sul fuoco, e qui si sono registrate dure prese di posizione.
Formalmente laica, la Turchia moderna, forgiata dalle riforme del padre della patria Kemal Ataturk, è profondamente imbevuta di spirito musulmano; cerca con ostinazione l’approdo in Europa, nonostante il lungo cammino da compiere, specie per quanto riguarda i diritti e le libertà.

Foto:SIR
Ma Benedetto viene soprattutto per incontrare i fratelli nella fede. La Turchia si può considerare la seconda culla del cristianesimo, eppure adesso per i cristiani è un deserto o, come nel caso di don Andrea Santoro, ucciso a Trebisonda, una trappola. Ridotti allo 0,1 per cento della popolazione, i cristiani vivono tra timori e incertezza. Per questo l’incontro che Benedetto avrà con la Chiesa d’Oriente, qui a Istanbul, sarà un gesto non solo di dialogo ma anche di solidarietà.

Al Fanar
Solenni melodie in greco risuonano nella chiesa di San Giorgio al Fanar. Bartolomeo I presiede i vespri. Capo della Chiesa greco-ortodossa di Costantinopoli (antico nome di Istanbul), sarà lui ad accogliere qui Benedetto XVI, in occasione della festa di sant’Andrea, patrono dei greco-ortodossi. Dopo Paolo VI nel 1967 e Giovanni Paolo II nel 1979, Ratzinger sarà il terzo papa in visita in questo luogo, considerato il Vaticano degli ortodossi.

Separate dallo scisma del 1054, frutto di controversie dottrinali ma anche politiche, la Chiesa ortodossa e quella cattolica cercano con questi incontri di recuperare l’unità perduta. “E questo sogno - dice Bartolomeo - potrà diventare una realtà solo tramite i nostri sforzi, le nostre preghiere, la nostra insistenza. Un sogno che non può non realizzarsi, perché è volontà del nostro Signore comune”.
Grande amico personale di Giovanni Paolo II, Bartolomeo I è il volto più dialogante della Chiesa ortodossa. Ma la sua comunità è ridotta ai minimi termini e nulla fa sperare in un’inversione di tendenza.

Efeso
Perché la Turchia, luogo della prima predicazione, è adesso in gran parte terra straniera per i cristiani? La risposta non è facile, ma il luogo migliore per cercarla è forse Efeso, vicino alla costa occidentale della Turchia. Qui duemila anni fa c’era una città fiorente. E qui san Paolo venne a predicare la parola di Gesù.
Spiega padre Claudio Monge, domenicano da anni in Turchia: “Vivere da cristiani, nella Turchia di oggi, non è molto diverso da come viveva Paolo duemila anni fa. Anche oggi c’è il confronto ravvicinato con altre culture e altre fedi, c’è la necessità di rendere conto della propria fede sapendo che il confronto non è teorico ma è vita quotidiana”.

La Casa di Maria
A una decina di chilometri da Efeso, in mezzo ad una fitta boscaglia c’è una piccola cappella di pietra, conosciuta come la Casa della Madre Maria. Non ci sono testimonianze dirette, ma poiché qui visse e morì Giovanni, il discepolo prediletto al quale Gesù la affidò, per tradizione la presenza di Maria è certa. Quanto alla chiesetta, due secoli fa un’umile suora tedesca, pur non essendosi mai mossa dalla Germania, ebbe visioni dei luoghi santi e disse che questa fu in effetti la casa di Maria.

Qui, dove Benedetto XVI verrà a pregare, c’è un pellegrinaggio continuo di fedeli, molti dei quali affidano le loro preghiere e richieste a bigliettini appesi a una parete. Tra i visitatori ci sono anche musulmani, ma non è una sorpresa. Succede spesso nei luoghi mariani, perché nel Corano la madre del profeta Gesù è citata più volte e la sua devozione è molto diffusa nel mondo islamico. “La Casa di Maria è un tranquillo luogo di preghiera aperto a tutti”, dice il custode.

Konya
Alla ricerca di tracce della presenza cristiana arriviamo a Konya. Città ricca grazie al commercio di grano e frutta, esportati in tutto il mondo, Konya è anche la patria dei famosi dervisci danzanti, una confraternita i cui adepti utilizzano la danza rituale per avvicinarsi a Dio. Il loro centro spirituale è nel mausoleo di Mevlana, che custodisce un islam mistico, incline alla tolleranza e al dialogo, poco conosciuto da noi e guardato con fastidio dagli ambienti islamici più oltranzisti.

Ma la visita a Konya ci regala anche una storia incredibile: un atto di gratitudine lega il Trentino a Konya. Nel 397 d. C. infatti la Val di Non fu evangelizzata dai martiri Sisinio, Martirio e Alessandro, che venivano proprio da qui. Fu sant’Ambrogio, vescovo di Milano, a spedirli in Europa su richiesta di san Vigilio, che non riusciva a evangelizzare quei rudi pagani. I tre furono uccisi, ma il cristianesimo si aprì una strada anche in quelle vallate, e nel 1997 dal Trentino furono mandati qui alcuni laici volontari.

La Cappadocia
Nel viaggio sulle tracce cristiane la Cappadocia ti viene incontro con panorami da mistero. Frutto di secoli e secoli di eruzioni vulcaniche, queste rocce sono state modellate dagli agenti atmosferici e dall’uomo, che le ha trasformate in abitazioni, rifugi dalle persecuzioni e luoghi di preghiera. Migliaia le chiese rupestri. Qui si è formata la prima generazione di teologi cristiani. La roccia come garanzia di protezione ma anche di raccoglimento. Fuori, le persecuzioni, il rischio di perdere la vita assieme alla fede.

Pensando che oggi in Turchia gli enti cristiani non hanno personalità giuridica e per un non musulmano è praticamente impossibile acquistare un terreno, viene da chiedersi: chi crede in un Dio diverso dal proprio sarà costretto a tornare sotto terra?

CATTOLICI IN TURCHIA:
QUALCHE NUMERO

Persone
Popolazione 72.070.000
Cattolici 32.000 (0,04%)
Parrocchie 47
Altri centri pastorali 8
Vescovi (all’1.11.2006) 6
Sacerdoti diocesani 13, sac.religiosi 55
Religiosi non sacerdoti 12,
Religiose professe 86
Membri laici di Istituti Secolari 1
Missionari laici 7
Catechisti 28
Seminaristi maggiori 5

Strutture
Scuole materne e prim.12, con 712 studenti
Medie inf. e secondarie 10 con 4.124 studenti
Ospedali 4,
Ambulatori 5
Case per anziani, invalidi e minorati 5
Centri speciali di ed. o ried. sociali 3.

Agenzia Fides 13/11/2006

Ritorno a Istanbul
Sul ponte di Galata schiere di pescatori sono in attesa. Lungo le rive del Bosforo il traffico scorre. Incontro due esponenti della Caritas turca: l’armeno Hrant Topakian e Sleiman Saikali, di origine libanese, che descrivono la loro attività a stretto contatto con il mondo musulmano. Esperienze che contribuiscono concretamente, attraverso la solidarietà, al dialogo tra fedi e culture e che fanno apparire pretestuose le divisioni.
La visita del papa sarà un momento di verifica importante e delicato. Qui molti non hanno dimenticato che nel 2004 l’allora cardinale Ratzinger disse no all’ingresso della Turchia in Europa, sostenendo che sarebbe un errore rendere uguali due mondi diversi solo per benefici economici.

Dopo averlo negato l’anno scorso, il governo turco ha dato il via libera alla visita del papa in seguito all’uccisione di don Santoro, quasi come riparazione. Poi, a complicare il quadro, le parole di Benedetto sull’islam.
Per secoli terra di incroci culturali e religiosi, Istanbul continua a essere una porta tra Oriente e Occidente, ed è più che mai un simbolo. Chiuderla vorrebbe dire davvero cadere nello scontro di civiltà.

di Aldo Maria Valli
Nuovo Progetto novembre 2006

Aldo Maria Valli
La porta accanto. Diario di viaggio nella Turchia
di Bartolomeo I e del piccolo gregge cristiano
Ed. Paoline 2006

La Turchia si può considerare, dopo la Terra Santa, la seconda culla del cristianesimo. Eppure, se all’inizio del ventesimo secolo i cristiani erano il 32 per cento, adesso sono meno dello 0,1. Perché questo triste destino? Perché la culla, duemila anni dopo, è vuota e anche pericolosa, come ha drammaticamente dimostrato l’uccisione di don Andrea Santoro? Quanto, in questa desolante situazione, è il risultato del rapporto con l’islam e quanto dipende dalle divisioni interne dei cristiani?

Siamo di fronte a una sconfitta o a un disegno provvidenziale che consente ai cristiani di verificare meglio le ragioni della propria fede, nel confronto con gli altri?
A queste domande cerca di rispondere Aldo Maria Valli, vaticanista del Tg3 e collaboratore di Nuovo Progetto, con un libro che si legge tutto d’un fiato: “La porta accanto. Diario di viaggio nella Turchia di Bartolomeo I e del piccolo gregge cristiano”. Un viaggio tanto doveroso quanto opportuno e affascinante, come scrive Andrea Riccardi nella prefazione, proprio perché i cristiani di Turchia non hanno né il numero né la forza di imporsi alla nostra attenzione.
Proiettata sulla scena dei mass media dalla visita del papa, specialmente dopo le polemiche innescate dalle parole che Benedetto XVI ha pronunciato a Ratisbona, la Turchia è un mondo geograficamente non lontano da noi ma ancora in gran parte sconosciuto. Ai tempi dell’impero ottomano, per designare il governo di Istanbul, si usava l’espressione “Sublime porta”. Oggi possiamo ben dire che la Turchia è diventata per noi la “porta accanto”.

 

 

 

Questo sito utilizza i cookies. Continuando la navigazione acconsenti al loro impiego. Clicca qui per maggiori dettagli

Ok