"Lasciate che io vi renda felici" (2/2)

Pubblicato il 10-12-2006

di Giuseppe Pollano

Nella prima parte della riflessione, pubblicata, mons. Pollano si è soffermato su quattro grandi regole di vita da conservare nel cuore. Un cristiano possiede il segreto della propria fede se ricorda sempre: che vive quaggiù, ma che da lassù è venuto Colui che gli dà vita; che è “malato” ma conosce il “medico” della felicità evangelica; che può avere la gioia perché Gesù è in lui per donargliela; che la gioia è il frutto del sentirsi amati ed amare. In questa seconda parte, incontriamo più da vicino il bambinello del presepio, la Parola che sostiene il mondo e che vuole incontrarci. È passato un anno dall’ultimo avvento. È l’occasione per scoprire che sono più vicino a Gesù dell’anno scorso, che ho dato più pace agli altri. Che Gesù mi sta rendendo felice.

 

GESÙ, ME NE IMPORTA DI TE
Noi sappiamo la storia di Gesù, sappiamo che quel bambino è il Figlio di Dio, ma non è una conoscenza da prendere con disinvoltura. È un mistero; più lo guardiamo, più ci istruisce. La Parola che “sostiene tutto l’universo” (Eb 1,3) ora, nel grembo di una mamma, si è fatta uomo. Proviamo a soffermarci su queste conoscenze e a contemplarle: questo bambinello è la Parola che sostiene il mondo, ma come? Mi viene da dire che non è possibile. Ma poi la fede aiuta: sì, è possibile. Lo vedo sempre piccolo, questo bambino, ma diventa immenso: è il Verbo di Dio. Come faccio a non stupirmi, come faccio a non conoscere Gesù in modo nuovo? È da anni che guardo il presepio, ma posso guardarlo in modo nuovo, in tutto il mistero di Cristo, dell’eucaristia, in cui si trasfonde in noi tutta la sua vita. Allora Gesù mi sollecita, mi chiama, mi fa sobbalzare il cuore, perché c’è, è vivo, mi ama, sta venendo.

Anche in questo Natale sommerso dalle apparenze la nostra fede penetrante va oltre. Signore, tu vieni, mi arricchisci giorno per giorno e io sento di essere più vivo, sempre più vivo. Guardo il mondo e lo amo, ma è lontano, Tu invece sei vicino. Questo è il sentimento dell’avvento che tutti possiamo avere. Se c’è una cosa che Gesù teme nell’avvento e nel Natale sono proprio i presepi di cartapesta, fossero anche dei capolavori: la gente guarda e dice “Che bello”, e poi va a casa. Guardando i presepi, che sono belli e aiutano a contemplare, non guardiamo solo un passato, guardiamo il presente di un Uomo vivo e risorto che ci viene incontro, il nostro amico di tutti i giorni.

Conoscere e accogliere l’evento prodigioso di Dio che si fa uomo cambia la vita: avviene una trasfusione di umanità da Gesù, l’uomo perfetto, a noi: egli ci prende in sé e nel suo Spirito (Gv 3,5) ci dà il suo pensiero (1 Cor 2,16), i suoi sentimenti (Fil 2,5), la sua stessa vita (Gv 6,57) e oltre il male e la morte ci salva trascinandoci nel suo destino di felicità e gloria: il Regno. In questo noi siamo cristiani.

RITORNARE A GESÙ
Capita di dimenticarci che Gesù è venuto per renderci felici e per darci vita. Con la parabola del seminatore Gesù ci ha avvertito che possiamo lasciarci prendere dalle preoccupazioni, dalla ricchezza, o dai piaceri della vita (Lc 8,14) e allora ci estraniamo da Lui. Tutti i battezzati che non mettono più piede in chiesa hanno percorso questa strada. È triste questo allontanarsi, oggi abbastanza frequente, eppure Lui rimane il guaritore. Se tu non metti piede in chiesa, fratello, sorella, rimani un malato, un grande malato. Forse non te ne accorgi ancora, ma poi arriveranno i sintomi del tuo male. Con il passare del tempo le cose e le persone cambiano, tu stesso o tu stessa cambi, ti accorgerai di un disagio di fondo e il disagio è la tua vita. Non lasciare che la vita ti conduca là, perché si sta molto male nel disagio esistenziale, quando non si sa più a chi aggrapparsi e si assaggia il niente. Il niente non ha buon gusto, è amaro, non siamo fatti per il niente. Ecco perché dobbiamo continuamente stare attenti, dobbiamo “tornare a Lui”, sempre. Si dice che “Gesù torna”, ma in verità sono io che devo tornare da Lui.

È passato un anno, Gesù, ed io, prete, mi domando se sono più vicino a Te dell’anno scorso. Ci siamo incontrati di più? È una domanda che devo farmi. Ho avuto delle preoccupazioni? Ne avrò avute, certo. Ho avuto delle attrattive? Può darsi. Ma tutto questo non mi ha estraniato per niente da Te, Signore, siamo più amici dell’anno scorso. Che bello poter dire così! Anche se sono fragile, peccatore - mi sono confessato non so quante volte per i miei peccati - non mi sono dimenticato di Te, ho adoperato bene questo anno di tempo, sono diventato più tuo. Voglio calibrare meglio la mia vita sulla tua, con gli altri, con il povero, con il misero, con il Padre celeste che prego, con me stesso. Insomma, Ti guardo e Tu sei Tu, e io sono io, non metto in evidenza la differenza, perché Tu sei già in me, non scelgo criteri negativi e scoraggianti, no, Tu mi ami. Però posso essere certamente più simile a Te e mi misuro per sapere quanto di verità, di pace, di gioia sono anche capace a portare agli altri.

Credetelo cari amici, la misura giusta è questa: se tu sai dare pace agli altri stai sicuro che sei cresciuto in Gesù, perché Gesù non si chiude in te, da te va fuori, trabocca, va agli altri. Si può dire che il tuo essere per gli altri, la bontà, il perdono, la pazienta, sono cresciuti, si può dire che il vivere per gli altri è più tuo. Allora quel “Pace a voi!” (Gv 20,21), che disse Gesù risorto ai suoi amici, anche noi possiamo dirlo agli altri e volere la pace dagli altri.
Hai dato pace? E se fosse accaduto che tu hai tolto la pace a qualcuno? Perché sappiamo anche far soffrire… È il momento di pagare questo debito di amore. Se Lui viene, allora tu paga, torna ad essere buono, se hai un perdono da dare o da chiedere, non perdere tempo. Azzera tutti i debiti affinché il tuo cuore - culla del Signore - sia degno di Lui.


RIVIVERE LA SUA VENUTA
Il vero avvento ci sarà nella misura in cui i cristiani diventeranno sempre più buoni. Si fa presto a togliere un paramento verde e a metterne uno viola, si fa presto a cambiare letture della messa. Questo non è l’avvento, questi sono segni che ci aiutano, ma ci vuole dell’altro.
È il cuore ad essere chiamato, mobilitato, purificato, risvegliato; altrimenti facciamo solo delle sacre rappresentazioni, un grande pericolo che la Chiesa corre: liturgia, riti e celebrazioni o sono verità e mistero, o sono rappresentazioni penose, prima di tutto per Dio.
Noi crediamo nel mistero, lo vogliamo vivere; ecco dunque l’urgenza di tornare a più riflessione e a più amore, a più quiete, a più silenzio. Trovate il tempo per mettervi dinanzi a Gesù e al suo amore sempre creativo. Dio è con voi. State certi che quando fate lo sforzo di dare a Dio più tempo, Dio il tempo ve lo fa trovare; non disordina la giornata, perché Dio non è un Dio del disordine, ma vi aiuta, vi ispira. Ascoltatelo, perché siete figli e Dio si intenerisce nel vedere i suoi figli presi dentro un vortice di vita che sembra fatto apposta per impedire la trascendenza, per schiacciarli. Dio ci difende, perché siamo suoi figli.

Allora di nuovo Gesù ci ripete: ecco, io vengo davvero. E tu? Si aspetta che ciascuno di noi si faccia coinvolgere da questa appassionata domanda e muova anche lui incontro al Signore. È molto bello vedere persone anziane che lo hanno capito e ci credono. Sono capaci di pochissimo oramai, sono in un letto, in una carrozzella, sembra non facciano niente, la gente li guarda e dice: “Poveretto, aspetta di morire”. Invece, non aspetta di morire, sta preparando meravigliosamente il suo incontro nel silenzio, nella pazienza, nella fede profonda, nell’abbandono totale, nell’accettare questa maniera di spegnersi che è crocifiggente. Questa è una magnifica conclusione della vita, stupenda.

L’Incontro con Lui deve darci sempre di più, in modo definitivo, senso e impegno.
La Chiesa si rimette in tensione verso Gesù o, come si suole dire, in attesa della venuta di Gesù. Tu vieni ed io Ti rispondo con la tensione del mio cuore: Ti penserò di più, Ti servirò meglio, mi purificherò. Queste magnifiche prospettive della fede ci aiutano ad essere santi.
La Madonna aspetta che ci comportiamo così. L’avvento l’ha “inventato” lei, immaginiamo la sua attesa. È mamma, dunque possiamo chiedere che ci insegni l’arte di accogliere suo Figlio come lei. Ne abbiamo bisogno, abbiamo bisogno di essere felici, che Lui torna a chiederci “Vuoi guarire? Allora lascia che io ti salvi, che ti faccia felice”.

Incontro del 26 novembre 2006 - Arsenale della Pace
Deregistrazione non rivista dall’autore

"Lasciate che io vi renda felici" (1/2)

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