In cammino con Luca (8/18)

Pubblicato il 27-09-2012

di laura e giancarlo

Cercare ciò che conta veramente per ritrovare noi stessi [1] di p. Mauro Laconi - Con la parabola del ricco stolto (Lc 12,16-21) Luca ci invita ad affrontare il senso della vita.


Un interrogativo sempre attuale

Luca sviluppa una specie di dialogo con la sua Chiesa, invitandola ad andare alla ricerca di se stessa, ed a porsi questo interrogativo: siamo ancora la vera Chiesa di Cristo? Per questo Luca è l'evangelista più moderno, perché pone un interrogativo sempre attuale che è in ogni tempo la domanda fondamentale da porsi: Folla di fedeli in Piazza S. Pietrosiamo ancora la Chiesa autentica di Gesù? A noi pare un interrogativo adatto a questi primi anni del 2000, eppure era anche quello non solo dell'anno 1000, ma persino degli anni 80 in cui scriveva Luca.
La parusia, il ritorno di Cristo alla fine dei tempi, non si era verificata, la prima generazione cristiana non vi era più, la tensione si era allentata, a causa dell'indebolimento dovuto al fluire del tempo. Per molti, l'essere cristiano minacciava di diventare una routine, dove i problemi della vita di ogni giorno tendevano a prendere il sopravvento, a scapito della ricerca della realizzazione del Regno.
Ecco quindi che Luca ci invita a riflettere su ciò che è veramente essenziale, anche mediante un piccolo racconto quale la parabola che presenta al cap. 12.

Un ricco possidente terriero, i cui campi davano buoni frutti, aveva di anno in anno raccolti sempre più abbondanti, fino a non saper più dove riporli. Ed ecco che prende a parlare tra sé e sé, e si dice che i vecchi magazzini sono insufficienti, che ne costruirà di nuovi in cui riporre tutti i suoi beni. “Poi dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; riposati, mangia, bevi e datti alla gioia”. Il racconto continua con l'intervento di Dio che gli dice: “Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato di chi sarà?”. La parabola si conclude con un secco ammonimento: così è di chi accumula tesori per sé e non si arricchisce davanti a Dio.


Alcune osservazioni sul testo

Il possidente parla a se stesso, e ciò è caratteristico dei personaggi delle parabole lucane. Possiamo ricordare il figliol prodigo, che dice a se stesso: “Quanti salariati in casa di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame!” o l'amministratore infedele: “Che farò ora che il mio padrone mi toglie l'amministrazione?”. È un espediente di Luca che dà vivacità, movimento, azione al racconto.
Si può poi notare il tono lievemente caricaturale, anche questo caratteristico delle parabole lucane, con cui il ricco parla a se stesso, trattandosi con il massimo rispetto: “Anima mia ...”.

L'intervento diretto di Dio che parla in questa parabola del cap. 12 è una particolarità notevole. È questo l'unico passaggio, non solo in Luca, ma di tutte le parabole, in cui compare Dio a parlare. Prendendo in esame le sue parole, notiamo: Zio Paperone si tuffa nei soldi del deposito“Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita”. Chi ha maggiore dimestichezza con le Scritture avrà riconosciuto un passivo teologico.

Quando troviamo un passivo senza complemento d'agente - non si dice cioè da chi è fatta l'azione - l'azione la compie Dio, ecco perché è chiamato passivo teologico. Di questa forma è costellato il Padre nostro, ma lo ritroviamo in molti altri passi importanti del Vangelo, ad esempio nelle beatitudini: “Beati voi che ora avete fame, perché sarete saziati”; saziati da chi? Da Dio, è la sazietà escatologica. Oppure in altri brani come “chi si esalta sarà umiliato”, anche qui ad opera di Dio. Se poniamo attenzione, l'uso del passivo teologico è una delle caratteristiche abituali del linguaggio di Gesù.

La frase finale di chi accumula tesori per sé e non arricchisce davanti a Dio, non fa più parte della parabola, ma è un commento di Gesù, o di Luca. Arricchire davanti a Dio non rende bene il testo greco, d'altronde difficilmente traducibile, perché vi è usato un verbo che implica un'azione di movimento verso: accumulare ricchezze che mi portano verso Dio, a Dio. La vera ricchezza è quella che mi serve anche dopo la mia morte, che posso portare con me. Perché io possa averla con me, deve essere una parte di me stesso, coincidere con me, non essere qualcosa di esterno. La vera ricchezza è ciò che io sono, non quello che possiedo.


Il contesto

Come usa fare, Luca inquadra questa parabola in un contesto ben preciso. Vi è un giovane tra la folla che chiede a Gesù di dire al fratello di dividere con lui l'eredità, ottenendo una risposta molto secca, non in linea con il comportamento abituale di Gesù, seguita da un insegnamento: “tenetevi lontani da ogni cupidigia”. Gesù ci interpella e ci chiede la ragione del nostro desiderio di possedere, ricordandoci che la nostra vita non dipende dai nostri beni. E da cosa dipenda la nostra vita, quella vera, non l'attuale esistenza terrena, ce lo fa capire con la parabola.
Vi è quindi questo piccolo episodio introduttivo dove, come di consueto, qualcuno incontra Gesù e gli chiede qualcosa, dice qualcosa, o assume un determinato atteggiamento, con una replica di Gesù ed un suo insegnamento. Tutto si svolge molto velocemente, il dialogo consiste in due battute, e anche l'insegnamento si riduce ad un solo versetto (12,15), ma essenziale: la vita, quella vera, non dipende da ciò che si ha, ma da ciò che si è.


I grandi problemi della vita

La prima cosa che viene in mente dalla lettura di questo brano è che, come al solito, un ricco fa una magra figura. Attenzione però, Luca non se la prende con i ricchi per la ricchezza in se stessa, ma perché ci sono dei poveri ai quali una parte di quella ricchezza servirebbe per non morire di fame. Niels Larsen Stevns , Zaccheo sul sicomoro per vedere GesùVi è almeno un esempio di ricco che Luca tratta bene, ed è Zaccheo (cap 19). Non solo è ricco, ma i suoi beni li ha accumulati con metodi non proprio ortodossi, eppure Gesù va in casa sua, e lo difende. Ma Zaccheo, che pure non ha creato la sua fortuna su una base di rettitudine, i suoi beni li dà in gran parte ai poveri. Luca è questo che chiede.

Luca non può tollerare che vi sia chi muore di fame, chi non sa come fare a tirare avanti; è questo che Luca rifiuta nella Chiesa, non può accettare tra chi si dice cristiano questa enorme disuguaglianza. La ricchezza in sé non gli crea problemi, il suo problema sono i poveri. Chi fa dei problemi economici l'aspetto più importante della vita, sia esso ricco - perché ha avuto successo - oppure no, è uno stolto.

Stolto non è messo in bocca ad un uomo, ma a Dio stesso. È la stessa parola che userà poi Gesù con i discepoli di Emmaus: “stolti”. Questa particolare durezza verso il protagonista della parabola, a cosa è dovuta? Perché Dio lo chiama stolto? Non solo per il suo comportamento passato, per il suo aver anteposto il possesso ad ogni altra cosa, ma perché ora egli ha effettivamente parlato stoltamente. Dio sembra dire a quel possidente: tu ti sei posto una tua scala di valori, e sei arrivato dove volevi arrivare, hai accumulato i beni che ti eri prefisso: anche se nella realizzazione di un obiettivo discutibile, ti sei mostrato in gamba. Adesso però decidi di avere ancora molti anni a disposizione per goderti i tuoi beni, e qui ti mostri stolto. È una decisione che non puoi prendere tu, stai facendo uno sbaglio, ti stai mettendo al posto di Dio.

Questa parabola va quindi oltre al tema del possesso, ci ricorda qual è il nostro posto e quale quello di Dio. Mettersi al posto di Dio è negare Dio, cioè stoltezza, secondo il Salmo 14: “Ha detto lo stolto nel suo cuore, Dio non esiste”. Il termine stoltezza nella Bibbia indica varie cose, anche questa sfumatura di ateismo pratico, di chi non nega Dio concettualmente, ma nella prassi quotidiana.
Il ricco stolto ha perfettamente centrato il suo obiettivo economico, ha dato prova di efficienza, di buona organizzazione, di abilità, ma non si è mai posto il problema del mistero della sua vita.
La vita non dipende dall'abbondanza di beni, ed egli non si è mai chiesto: la mia vita da cosa dipende veramente? qual è il vero problema dell'esistenza?

a cura della redazione
Fonte: incontri con padre Mauro Laconi o.p. all’Arsenale della Pace

vedi il dossier:
In cammino con Luca

 

 

 

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