Sì al fodero, no alla spada

Pubblicato il 10-08-2011

di Giuseppe Pollano

Pablo Picasso, Il volto della pace Tutti sentiamo il bisogno che si instauri la pace. Nello stesso tempo abbiamo l’impressione che questa aspirazione non ci appartenga, ci sfugga. Il senso di questa parola lo dobbiamo capire in Dio.

di Giuseppe Pollano



La scena dell’arresto di Gesù
nel Getzemani è indubbiamente una scena di guerra, che però Gesù trasforma in una grande lezione di pace. Facciamo riferimento al racconto di Matteo. Salvo Monica, Il bacio di GiudaC’è tutto quello che serve a fare una guerra: l’ostilità, l’agguato, il tradimento, la violenza, la vittima. In questa situazione, il Signore si svela. La reazione di Pietro (che oggi definiremmo guerra difensiva, poiché Pietro non vuol far altro che difendere il suo maestro) non è quella che il Signore Gesù si aspetta. Per Gesù c’è un solo modo di rapportarsi tra noi uomini. Infatti in questa scena di guerra preventivata Gesù apre bocca per dire “Amico” a colui che lo sta tradendo. Con questa parola, detta amando e non certamente per cortesia, Gesù ci indica con forza il grande principio di non essere mai nemici di nessuno. È un rovesciamento di tutta la storia umana come è stata.

Quando Gesù dice a Pietro di rimettere la spada nel fodero, fa anche notare che egli, se volesse, potrebbe subito vincere senza la minima fatica tramite la potenza di Dio che si scatenerebbe a difesa del figlio. Si consegna indifeso e fedelissimo al suo principio di non essere mai nemico di nessuno e di non avere mai nemici, si guarda bene dal far intervenire le legioni di angeli perché nessuno possa pensare: “È più forte di noi e vince da nemico”.

Non essere mai nemici e non avere nemici è il primo passo dentro il cuore di Gesù. SpadaVale dunque molto di più il fodero che la spada. Questa è una regola di vita. Il fodero della spada è la tua bontà, è dove la tua aggressività finisce e tu che sei alla sequela di Gesù, con un misterioso cambiamento interiore, ti ritrovi capace di essere mite e umile di cuore. Invece per noi molto spesso vale assai di più la spada del fodero sia livello privato e semplice – un rapporto non alla pari, una parola che ferisce, uno sguardo che offende -, sia a livello più allargato. Noi vogliamo vivere ogni momento della nostra giornata con la spada nel fodero.

Il mondo è tutto sanguinante di spade che, a tutti i livelli, continuano a ferire e a uccidere. Non siamo capaci di tornare indietro dalla via dell’aggressione e della violenza, ci sembrerebbe di essere dei vili. Questa è una esperienza che facciamo anche personalmente: ci sembra di essere deboli quando sentiamo di dover chiedere perdono a chi si è fatto soffrire. Abbiamo tutti la necessità di fare dei passi per tornare indietro e avere il coraggio di rimettere la spada nel fodero. È un dono che dobbiamo chiedere a Dio, perché oggi di pace parlano un po’ tutti, ma occorre non cadere nella confusione e nell’abuso di questo termine. Certamente la pace non è solo un equilibrio di forze, non è neanche lo starsene in pace e quindi la paura di impegnarsi, la tendenza a rannicchiarsi nella propria quiete, cercando di non dare e avere fastidi. L’uomo pacifico, nel senso ordinario del termine, non è l’operatore di pace, che è un creatore con la forza di Dio.


MAI DIMENTICARE E ABBANDONARE DIO

Gesù non si accontenta di dire a Pietro che preferisce il fodero alla spada soltanto per non creare un’inimicizia in più. Gesù ha in mente un altro progetto, ancora più grande. Non è venuto prioritariamente per la pace fra noi, egli prima di tutto è venuto per la pace tra gli uomini e Dio. Sa benissimo che se non si comincia da Dio, tutto è illusorio non solo per la pace, ma anche per la fraternità più vera, più creduta, più cercata. Ama Dio con tutto il cuore, l’anima, le forze e la vita, ed è allora che amerai il prossimo. Non si può cominciare mai soltanto dall’amore fraterno, come se Dio non ci fosse.

Con questa premessa possiamo capire l’allusione misteriosa di Gesù “tutto questo è avvenuto perché si adempissero le Scritture dei profeti” (Mt 26,56) se in quel preciso momento della sua cattura nel Getzemani si fosse difeso, se avesse fermato il suo cammino di vittima.

Gesù porta nel suo cuore l’ostilità di tutti noi contro Dio. Dobbiamo stare attenti a non lasciarci impressionare dalla tremenda inimicizia tra gli uomini al punto di dimenticare che Chagall, Caino e Abeleil fratricidio di Caino è stato il secondo peccato, non il primo. Se il peccato più grande fosse l’inimicizia tra gli esseri umani, la Bibbia comincerebbe con esso. Il delitto più grande è quando l’uomo si stacca da Dio, è il deicidio, non l’omicidio, tanto è vero che Gesù, che è Dio, riparerà attraverso croce anche questo nostro peccato.

Il mandato di Gesù da parte del Padre è questo: tu vai, tu morirai per loro, ma mentre ti uccideranno li amerai e li perdonerai con tutto il cuore. Se Gesù fosse morto senza dire “Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno” (Lc 23,34), l’amore non avrebbe vinto. Le Scritture chiedono invece questo immenso amore. In esse, già da lontano, emerge a poco a poco il servo di Javhe, la figura di un agnello pasquale che cammina verso la sua immolazione, il desiderio appassionato di Dio di riconciliarsi con questo suo popolo infedele, l’insistenza di un Dio che non si stanca dell’uomo, incapace di dimenticarsene. E più l’uomo si stacca da lui, più Dio si attacca all’uomo, fino al punto che si farà uomo per non staccarsene mai più, per prenderlo nella sua passione, morte e resurrezione. Questo cammino di Dio è indicibile, questa misura di amore non la comprendiamo, eppure è l’oggetto della nostra fede.

La riconciliazione pasquale nei confronti di questo grande peccato del mondo rimane la più grande riconciliazione da fare. Ma bisogna avere molta fede, perché ci impressiona assai di più il volto straziato ed esangue di un ucciso che Dio abbandonato. Eppure Dio abbandonato nel suo grande amore è più sconvolgente di qualsiasi volto di un ucciso, perché Dio è Dio, perché Dio è diventato il crocifisso che ci ha anche mostrato il suo volto esangue, ma soprattutto ci ha mostrato la sua passione per noi.


GLI IMPEGNI DA ASSUMERCI

Eniko Muha, La sfera rottaSignore, non risponderemo mai con una spada, e se abbiamo o stiamo rispondendo con la spada, da oggi e per sempre rimetteremo la spada nel fodero, mentre tu pietosamente guarisci quelli che abbiamo ferito. Questa è una prima grande promessa da fare se vogliamo prendere sul serio questo Dio fatto uomo.
Forse quelli che ci sono nemici ci resteranno nemici, ma noi li ameremo, se possiamo lo dimostreremo a loro. Se disprezzeranno anche i nostri segni di amore non importa, li ameremo lo stesso, perché noi non abbiamo nemici e non siamo nemici.

Preso questo primo impegno, osiamo guardare nell’abisso dell’iniquità dove Dio c’è, c’è il suo Cristo, ma c’è anche quell’insieme umano e demoniaco che ostinatamente si oppone all’Alleanza. Staremo col Signore e sapremo soffrire perché Dio non è amato, perché il Padre, che è buono, è tanto vilipeso, perché il Signore che ha dato la sua vita per noi non è considerato. In questa sofferenza, che è di amore, ricostruiremo una riconciliazione, perché abbiamo la facoltà di dire al Padre: “Ti amiamo noi, Padre, abbi pietà di tutti”. Dio non aspetta altro che queste parole. Le ha aspettate dal Figlio quando lui solo le ha dette, e ora il Figlio ce le consegna.

Gesù, passato attraverso i suoi nemici senza diventare nemico, va addirittura a morire per loro perché ridiventino amici del Padre. Gesù ci invita ad accompagnarlo in questo cammino che è una dismisura esagerata di amore: “Venitemi dietro, andiamo incontro al Padre a nome di tutti i miliardi di uomini che non si amano, si odiano, offendono Dio e lo dimenticano. Venite, facciamo un corteo di redenzione”.

Accettando questa misura di profonda corredenzione con lui, possiamo capire il mistero pasquale: “Non saremo mai nemici, non avremo mai nemici e come te, Signore, ci metteremo in mezzo tra il Padre e tutti gli uomini che spesso svelano inimicizia contro di te. Padre, come ha fatto il tuo Cristo, ci lasceremo elevare con lui sulla sua croce”. La vita buona, il sacrificio ben offerto, la pazienza grande, la carità, la preghiera: quante maniere di essere tra il Padre e l’umanità!


Giuseppe Pollano
tratto da un incontro all’Arsenale della Pace
testo non rivisto dall'autore



 
 
 
 

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