La mia nuova identità

Pubblicato il 15-09-2011

di Giuseppe Pollano


La solennità del Santissimo Corpo e Sangue del Signore è occasione per riflettere sul perché faccio la comunione. Quattro passaggi per comprendere che l’eucaristia è un mistero inesauribile che ci dona una nuova identità.

di Giuseppe Pollano

 

Gesù e i discepoli devono celebrare la Pasqua. Egli “mandò due dei suoi discepoli, dicendo loro: «Andate in città e vi verrà incontro un uomo che porta una brocca d'acqua; seguitelo. Là dove entrerà, dite al padrone di casa: "Il Maestro dice: Dov'è la stanza (noi diremmo la chiesa), in cui possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli?" Egli vi mostrerà di sopra una grande sala ammobiliata e pronta; lì preparate la cena per noi». I discepoli andarono e, entrati in città, trovarono come aveva detto loro e prepararono la Pasqua” (Mc 14,13-16). Questo è il primo momento, molto esterno, che dà luogo ad un cammino che arriverà alle fortissime parole della cena. Se ci pensiamo, anche noi siamo stati portati all’eucaristia molto prima di capirla, presi per mano e portati nella sala con i tappeti, cioè in chiesa. EucaristiaGesù, dopo aver seguito fedelmente l’itinerario del racconto e della rinnovazione dell’alleanza, prende il pane e dice, come se nulla fosse, questo è il mio corpo, poi il calice e il vino, questo è il mio sangue versato. Con ciò ha espresso il mistero della riconciliazione, che avrebbe vissuto poche ore dopo, ad uomini che hanno capito quello che hanno potuto capire, poiché non avevano ancora visto Gesù Cristo crocifisso, non sapevano che senso dare alle parole “questo è il calice del mio sangue”; tuttavia hanno avuto l’umiltà di credere, e, pur non capendo granché, sulla sua parola hanno mangiato e bevuto. È così iniziata nell’umiltà questa alleanza segnata dalla crocifissione di Cristo.

Immagina ora un tuo amico non credente che ti stima e ti vede fare la comunione. Un giorno ti avvicina e ti chiede: perché fai la comunione? che cosa ci trovi? Se devo fornire una risposta comprensibile sulle ragioni del perché faccio la comunione, posso rifarmi a quattro tratti di ragionamento.


1.- VOGLIO AVERE UNA IDENTITÀ

Inizialmente posso rispondere che vado a ricevere Gesù Cristo perché trovo la mia nuova identità. Dire persona è dire una identità, possedere alcune caratteristiche mie specifiche, mie proprie, prima di tutto di fronte a me (so chi sono e chi voglio essere) e anche di fronte agli altri.
Se non voglio essere una frana - una frana è un terreno che è il simbolo dell’instabilità, dunque di una mancata consistenza, l’esatto opposto di caratteristiche specifiche - voglio che queste caratteristiche specifiche siano positive e costruttive.


2.- PERCIÒ CERCO MODELLI

Siccome non sono un semidio e non mi costruisco da me, cerco modelli, mi guardo attorno per vedere come vale la pena di essere. Cerco anche di stare attento a non lasciarmi influenzare da modelli negativi che, in qualche maniera, corrodono la mia personalità.
L’uomo che si fa da sé lo possiamo trovare nell’industria, ma non nella vita. Non c’è dubbio che uno debba costruirsi responsabilmente e non diventare un imitatore, ma è assolutamente insostenibile la tesi che tutti gli elementi per realizzarmi completamente li trovo in me e perciò sono autosufficiente.
Chi non cerca modelli non è ben avviato nella vita perché o è inspiegabilmente soddisfatto di sé ed è vanaglorioso oppure non sa ancora cosa cercare. Il cercare modelli è un aspetto essenziale della nostra personalità e del nostro dinamismo, cioè della nostra tendenza al meglio.


3.- HO SCOPERTO CHE L’IDENTITÀ DI CRISTO È FORTISSIMA
Gregorio Mariano, Cristo
Se cerco un modello per costruire un’identità, è sottinteso che cerco una persona che abbia una identità. Il nostro tempo è stato caratterizzato da uomini e donne con identità fortissime e devastanti, tali da polarizzare milioni di persone che ne sono state affascinate. Per non lasciarci intrappolare da modelli che a livello umano hanno una fortissima identità, si capisce allora perché devo trovare una identità più forte ancora. Se ho scelto Gesù è perché in lui ho trovato l’identità fortissima che cerco, perché ritengo che la sua audacia, amorevolezza, concretezza, il suo stile di vita supera il confronto con quello di tutti gli altri, da Socrate a Budda, etc.
Inoltre Gesù ha avuto il grande pregio di non inventare un sistema con parole difficili. Egli ha riassunto tutto in quelle celebri formule: scegli te stesso come misura per gli altri e scegli l’altro come misura per te stesso.
Il comportamento umano di Cristo, non solo regge, ma supera il confronto con tutti gli altri. Ecco perché è una identità che mi convince, e ho deciso, con l’intelligenza, di non rimuovere Gesù dalla mia testa, anzi di farlo diventare un’identità a cui mi ispiro.
Questa è una scelta umana. Siamo distanti da un atto di sola devozione eucaristica, limitata alla sfera del sacro. È la storia di un amore.


4.- HO SCOPERTO CHE L’IDENTITÀ DI CRISTO PUÒ ESSERE LA MIA

Io accetto Gesù, in quanto mi è possibile, perché mi rendo conto che ho trovato sul mio cammino chi per me è insuperabile. Io metto il mio amore prima di tutto in Gesù di Nazareth.Un fedele riceve l'eucaristia
Vado a fare la comunione perché, semplicemente, posso. Gesù mi ha dato la stupenda possibilità che questa sua identità non sia quella di un amico che mi cammina a fianco o della persona con cui condivido la vita. È molto di più: potendolo fare, perché Gesù ha questa possibilità, ha deciso di immettersi nella mia identità con la sua, in maniera completamente misteriosa, efficace, per cui io non sono distrutto, ma sostenuto e sollevato da questa identità nuova che mi fa accettare di vivere come Lui. Per questo vado alla comunione. Altrimenti potrei ascoltarlo, ammirarlo, meditarlo e continuare a considerarlo come il maestro. Ma non è più soltanto il mio maestro. È il mio cibo.
È una lenta trasformazione che dura tutta la vita; però, se si è fedeli al cibo, ci sono trasformazioni formidabili della nostra personalità, soprattutto sul piano delle nostre forze più istintuali.

Tu Signore, in quella circostanza hai reagito in un certo modo, io in un altro. Preferisco il tuo al mio, però non ce la faccio. È per questo che hai inventato quel pane, il modo di venire in me a darmi la tua forza e a mettere la tua identità nella mia. Non ti metti davanti a me con l’esempio esterno, ma sei dentro di me, il che è molto più rassicurante e, lentamente, mi trasformi. Ieri, per una offesa ingiustamente subita sanguinavo e reagivo umanamente, oggi, incredibilmente, faccio come te, e riesco ad essere mite, a non sentirmi vile e pauroso, perché capisco che è più bello e mi rende più felice.


A SCUOLA DI LIBERTÀ

Il cibo che ci dà Gesù non è come un farmaco chimico che fa da sé: non sarei contento di essere trasformato da Gesù come se fosse una medicina, perché sono libero e voglio essere trasformato solo se lo voglio! Lui c’è, ma io lo devo accettare con amore, altrimenti sarei schiavo di un meccanismo teologico.
Ho perciò la facoltà di non accettare questa nuova identità. E non l’accetto più quando, oltre ad un certo punto, mi chiede qualcosa, mi chiede di morire a qualcosa. Siamo di fronte a corpo e sangue: Gesù muore in crocea Gesù è costato molto staccare il corpo dal sangue, cioè morire; e anche a me costa non poco morire a qualcosa, e non devo stupirmene. D’altronde, se non fa male, non muoio. La virtù senza sofferenza è una pia illusione. Frenare una irosità o una concupiscenza fa male, perché una parte di me patisce, è trafitta, è inibita, è impedita. Ma se non fa male, dove è che muoio per vivere? Viceversa fa veramente bene fare il bene!


GESÙ SI APPOGGIA ALLA FIDUCIA

C’è da notare che il dono che ci fa Gesù è molto delicato, però il Signore ci tratta sulla fiducia: si fa nostro pane al punto tale che chi lo riceve può poi buttarlo nella spazzatura, anche nel senso vero della parola. Chi distribuisce il pane eucaristico non fa verifiche. Così esposto a noi, Gesù si appoggia alla fiducia.
In fondo non è altro che una storia di amore spinta fino alle estreme conseguenze. Anche tu, quando stai amando, ti comporti come Gesù: desideri che la tua identità in qualche modo entri nella identità della persona amata, non per impadronirtene, ma per promuovere la sua vita, per farla vivere. Tutte le volte che si è amato qualcuno ci si è voluti mettere in comunione con lui; si è voluto essere cibo che lo sosteneva e bevanda che lo dissetava; senza tralasciare di metterci del sacrificio. Proprio come Gesù. Allora la sua maniera di essere è semplicemente l’esemplare ottimo di uno stile che è lo stile dell’amore. D’altronde, essendo noi simili a Lui, non c’è da stupircene; stiamo appena facendo quello che Lui ha fatto.


Giuseppe Pollano
tratto da un incontro all’Arsenale della Pace
testo non rivisto dall'autore


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