Il senso della presenza di Dio

Pubblicato il 17-11-2011

di Giuseppe Pollano


La Bibbia non si chiede se Dio esiste o non esiste, ma se Dio è presente o assente. La Bibbia indaga la questione della presenza sia in riferimento a Dio che all'uomo. Dunque riguardo a Dio il problema è: sei qui per noi, adesso? e riguardo all’uomo: tu, uomo, sei qui per lui, adesso?

di Giuseppe Pollano

 

Se Dio non si donasse, Alejandro Rodriguez del Villar Medina, Avventonon potremmo essere investiti dalla sua presenza. Da soli non potremmo avere la possibilità di salire all’Essere e di entrare in quella presenza, sia perché ci accontentiamo delle nostre reciproche presenze, sia perché consideriamo Dio inaccessibile.
Invece il progetto di Dio non è stato e non è altro che immergerci nella gioia di una perfetta presenza che è una com-presenza, che è un essere insieme. In ciascuno di noi è inscritta tanta felicità quanto siamo capaci di guardare la Trinità, e tanta sventura, infelicità, scontentezza, noia, quando non lo siamo ancora.
La Bibbia lavora continuamente sui concetti di presenza, la sua ipotesi è che se Dio ci guarda e noi lo ricambiamo siamo felici, se non lo ricambiamo siamo degli sventurati.


LA QUESTIONE DELLA PRESENZA IN RIFERIMENTO A DIO

Dio è il presente (Sal 139 – Signore, tu mi scruti e mi conosci, …), è lì, c’è davvero. La sua è una presenza talmente piena che non può essere evitata neanche da chi rifiuta Dio. È la disperazione del diavolo che non può sfuggire a Dio sebbene abbia scelto l’assenza totale come statuto del suo essere.
Se Dio c’è, come facciamo allora a fingere che non ci sia? La nostra coscienza è capace di innalzare molte barriere. Quella più abituale è l'indifferenza, uno strato piuttosto spesso e piuttosto morbido nel quale ci sono dei vuoti che l’uomo non vuol vedere, però poi si risveglia! Non bisogna pertanto scoraggiarsi mai davanti all’apparente indifferenza di gente che dice di non credere, perché dietro all’indifferenza, che è la trovata dell’uomo che si nasconde a Dio (cfr Adamo, Gen 3,8), c’è sempre la presenza di Dio che incombe. E anche quando non si osa guardarla c’è, non si può eliminare.

Nella famosa teofania di Dio a Mosè (Es 3,14) questo essere presente di Dio risuona. Dio si dà un nome, che è il nome della presenza. Mosè Scott Sullivan, Mosè e il roveto ardentesi trova in quel luogo a pascolare il gregge, al suo lavoro dunque. Ad un certo punto, ecco il roveto che arde, il segno di Dio che si presenta come Io sono, non nel senso metafisico, ma nel senso che c'è, è presente, è qui. Un 'Eccomi!', insomma, che accompagnerà Mosè e il suo popolo dall’Egitto alla terra promessa.
Dio non è allora altro che il Dio che è qui, adesso, con il forte significato che è un ‘eccomi!’ personale: Dio è qui per me. L’amore è questo.

Il passo della lettera agli Ebrei (Eb 1,3) definisce il Verbo di Dio come il riflesso della gloria. Possiamo immaginare Dio come reciprocità: l’essere presenti, attenti e intenti all’altro con amore, cioè aperti all’altro e in movimento verso l’altro.
In principio era la relazione, relazione che si chiama amore. Dio non potrebbe essere un cubo di granito, una specie di monolito, o qualcosa di simile: Dio è Dio proprio perché si rispecchia con appassionata ammirazione in se stesso, Padre, Figlio e Spirito Santo.

Gesù ci fa intravedere un po’ di queste cose quando dice (Gv 10,30) quella misteriosa frase “Io e il Padre siamo una cosa sola”. Dicendo Io e il Padre, intende due Persone, e tuttavia dice anche che sono uno, non nel senso di due che si tengono per mano, ma nel senso che l’amore li rende una cosa sola. L’amore è questo mistero di due che sono uno.

Da qui deriva anche la fraternità, come ci evidenzia la preghiera di Gesù (Gv 17,11): “ti prego, Padre, perché siano uno come Tu ed Io siamo uno”. Dio ci concede l’unità, la sua. Noi ci sentiamo uno: ma come è possibile, se ognuno ha le proprie vicende, i propri affari? Eppure è vero, ed è così vero che, per avere la gioia di sentirci uno, ci raccogliamo in fraternità. Non ci si raccoglie unicamente per progettare e fare insieme delle attività spirituali e materiali, ma innanzi tutto per poter respirare insieme il fatto che Dio ci concede l’unità, la sua. È questa un’esperienza gratuita, che ci insegna a vivere, che ci rende più buoni, smorza l’ira e tutte le passioni che ci dividerebbero.

Dio è dunque presente a se stesso, e ce lo dice: come è bello allora specchiarsi nell’altro che è lui e che siamo noi!


LA QUESTIONE DELLA PRESENZA IN RIFERIMENTO ALL'UOMO

Dio, creando l’uomo, ha un progetto di presenza, anche se così rischia qualcosa di inaudito: rischia l’assenza. C’è tutta una storia dell’uomo che è investito dalla presenza di Dio.

Gen 1,26 - “Facciamo l’uomo a nostra immagine, secondo la nostra somiglianza”, cioè capace di presentarsi. Noi ci presenteremo e staremo insieme: tu mi guardi e comincerà la reciprocità, la comunione.

Gen 2,18.20 - “Dio disse: non è bene che l’uomo sia solo”. Ecco allora la creazione della donna, simile e non aiuto, il completamento dell’umano. Finalmente corre uno sguardo alla pari. Finisce la solitudine e la presenza comincia. In questo, che è un mito biblico, c’è una realtà profondissima, ossia il fatto che l’uomo deve vivere in reciprocità con l’altro.

Gen 4,8 - Caino che uccide Abele indica il fatto che l’altro non è necessario. Tu puoi sempre diventare un assente: Marino Mazzacurati, Cainoti dimentico, non ti telefono più, o addirittura ti elimino. Chi di noi, senza essere Caino, non ha escluso qualche volta dalla sua presenza l’altro?

Dt 34,10 - “Non è più sorto in Israele un profeta come Mosè, che il Signore conosceva faccia a faccia”. Questa storia dell’uomo, in cui l’assenza è il dramma, è ancora attuale: razzismi, divisioni, …; eppure noi sentiamo nostalgia di Dio e cerchiamo continuamente di imparare l’arte dello stare faccia a faccia con lui.

Sal 56,14; Sal 50,13 - Cosa faccio se Dio non è presente? Quando lui non c’è non siamo niente; non dobbiamo scoraggiarci e buttare via questi momenti, che sono preziosissimi. È un’esperienza purificante al massimo che Dio dona a tutti coloro che ama. Perché, come nel vero amore, questa presenza non finisce mai di crescere. Non si può mai dire: ormai io e Dio ci conosciamo, cominciamo quindi a stancarci l’uno dell’altro. Con Dio questo non può verificarsi, perché Dio non ci stanca mai.

Gv 6,56 - “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue, dimora in me ed io in lui”. Siamo al di là dei nostri parametri. Questa è la magnifica, stupenda reciprocità con il Signore: egli dimora in me, ora e sempre.

L'uomo è creato per presentarsi a Dio e la preghiera presenta a Dio. Ma l'uomo è anche il portatore di assenza e, di fatto, ‘si assenta da’ e ‘ rende assente l'altro’. Si asseconda così la tentazione del demonio, il genio dell’assenza; egli, disperato perché ha scelto di essere assente da Dio, è il costruttore instancabile dell’assenza.


I MODI DELLA PRESENZA DIVINA CHE CI SONO OFFERTI

La presenza intima di Dio a se stesso deve divenire punto di contemplazione: la Trinità come relazione di presenza assoluta. La creazione è l'invito progressivo a entrare in quella presenza partendo dall'assenza totale. La vita è muoversi nei modi nei quali il Dio presente ci viene incontro: parola, grazia, eucaristia, prossimo.

Quando si dice che Dio è presente, Farid De La Ossa Arrieta, L'universo eucaristicosi dice tutto, è vero, però ci sono anche dei modi offerti per adattarsi a noi, alla nostra psicologia: quando si prende la parola di Dio e la si prega, questa è una presenza, ma deve superare in noi ostacoli ben precisi; quando si è davanti all’eucaristia, è una presenza che ha una strada privilegiata; quando si è con il prossimo, è ancora una presenza.
Questi modi della presenza sono veramente un assedio. Quando non siamo buoni, per esempio, cosa fa Dio presente in noi? Grida contro il nostro peccato e subito viviamo una situazione di disagio, poi subentra il rimorso (che è un sentimento tra noi e noi, quindi non è ancora pentimento), infine il pentimento e allora diciamo a Dio: mi dispiace. E Dio ci ha già perdonati. Dio ci chiama e ci riconciliamo.

Dio è presente sempre, non c’è nulla di noi che provochi l’assenza definitiva di Dio. Certo, possiamo tenerlo distante finché viviamo, e poi - se avremo scelto così - non lo avremo più, ma qui, oggi, Dio non si rassegna mai. C’è sempre un angolino in cui lui grida. E tanto basta. Questa è l’esperienza stupenda di noi cristiani.


Giuseppe Pollano
tratto da un incontro all’Arsenale della Pace
testo non rivisto dall'autore



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