IL PRINCIPE DELLA PACE (2/4)

Pubblicato il 17-11-2011

di Giuseppe Pollano


Una riflessione su cosa comporta l’essere amici e fratelli del principe della pace, e quindi artefici della sua pace.

di Giuseppe Pollano



Il regno di Dio infatti non è questione di cibo o di bevanda, ma è giustizia, pace e gioia nello Spirito Santo: chi serve il Cristo in queste cose, è bene accetto a Dio e stimato dagli uomini. Diamoci dunque alle opere della pace e alla edificazione vicendevole. (Rom 14,17-19)
Nella precedente riflessione sul tema di Gesù principe della pace, abbiamo ricordato che la pace è la tranquillità dell’ordine e che ci sono tre tipi di ordine necessari perché ci sia la pace: l’ordine con Dio, l’ordine di ogni uomo con se stesso, perché siamo anche portatori di conflitti, e quello con tutti gli altri. Gesù è l’unico capace di donare ad una tragica umanità questi tre modi di ordine profondo.


LA CONDANNA DEL PECCATO: NOI UOMINI DISORDINATI E DISORDINATORI

I tre ordini devono coesistere e l’esperienza ci insegna che basta ne manchi uno e tutta la tranquillità è rovinata: tu puoi avere una buona religione, un buon rapporto con te stesso, ma se sei in rottura di rapporto con un fratello non puoi avere la pace.
L’ordine perciò non è cosa di poco conto, prende tutta la vita personale e la solleva. Emerge ancora una volta il fatto che se non viene Gesù quest’ordine non lo raggiungeremo mai, perché esiste la realtà tragica del peccato, mistero dell’iniquità come dice la Bibbia, che ha rovinato le relazioni con noi stessi, con Dio, con gli altri.

Siamo intimamente disordinati e disordinatori di noi e degli altri, non riusciamo, malgrado i migliori sforzi, ad uscire da questa condanna del peccato. Ci vuole insomma qualcuno che non sia come noi, ci vuole un altro. Ne sono venuti di capi belli, buoni, illuminati, ma in fondo erano come noi. Ci hanno insegnato qualche cosa, ma nessuno ci ha insegnato tutto e, ancor meglio, nessuno ci ha dato la possibilità di trasformarci interiormente per essere ordinati come dobbiamo essere. Ebbene, Gesù viene proprio per questo. Gesù viene e toglie il peccato e il disordine. Dio in lui, facendosi uomo, ci regala quel modo di vivere perfettamente ordinato che ci salva.

È la contemplazione di Gesù uomo che ci salva: sei tu Gesù che mi dai la tranquillità dell’ordine quando mi aiuti a gestire bene me stesso con sobrietà, con libertà, con povertà, con tutte quelle bellissime virtù cristiane che sono la fine del nostro disordine, perché “tutto quello che è nel mondo, la concupiscenza della carne, la concupiscenza degli occhi e la superbia della vita, non viene dal Padre, ma dal mondo” (1Gv 2,16). Nella misura in cui siamo cristiani in effetti siamo al di là delle concupiscenze della carne, dove per carne non si intende soltanto il corpo, ma tutto il nostro modo umano di volere, insomma l’esigenza di insaziabilità e la ricerca della gioia senza Dio. Questo ci uccide, anche se al principio ci illude: la concupiscenza della carne diventa il tuo occhio che non si sazia mai, che vuole arrivare a tutto e possedere tutto; la tua superbia di vita non ha misura.


CONTEMPLIAMO GESÙ, L’UNICO CHE CI DÀ LA PACE

Ebbene, Gesù è proprio l’opposto del disordine, anzi ne è la grande medicina. Se non ci guarisce lui, chi ci guarisce? Gesù viene per darci la sua grazia e ci guarisce sulla croce. Ecco l’essenzialità del Signore, ecco perché il Natale ha un enorme senso nella vita.
Paolo agli Efesini dice che Cristo è la nostra pace (Ef 2,14). Ora capisco: se tu, Gesù, mi riordini, mi metti in ordine con Dio il Padre, se tu comandandomi di amare mi metti in ordine con tutti i miei fratelli, allora incomincio a capire che sei tu la mia pace, è inutile che la cerchi altrove, perché non la troverò mai né in me né in nessun altro. Il Signore della pace, come dice Paolo, ci dà egli stesso la pace, la possiede soltanto lui. Fossimo capaci di andare da lui a cercare la pace invece che mendicarla di qua e di là con tante illusioni ed errori! D’accordo, dobbiamo essere buoni e fidarci di tutti, ma per le cose essenziali, e la pace lo è, fidiamoci solo di lui per evitare illusioni, amarezze, rivolte. La pace di Cristo regni nei vostri cuori (Col 3,15).

Nell’Apocalisse troviamo l’unica volta nella Bibbia in cui Gesù è chiamato principe, “il principe dei re della terra” (Ap 1,5), come a dire che ci sono i sovrani della terra e sopra di loro Gesù. È bella questa figura perché i sovrani sono quelli che dovrebbero darci la pace umana attraverso la politica, le leggi sociali, gli equilibri, la giustizia. Grazie a Dio sopra i loro tentativi e i loro errori ci sta un sovrano diverso, che non viene dalla base, non è un re della terra, è un principe che scende dall’alto, che ci dà l’ordine che non possediamo dentro di noi.
“Tu mi dai la pace che il mondo non mi dà, solo in te la cerco, non andrò mai più a cercarla altrove”: questa è una promessa molto seria, è accettare il Natale come il Dio che viene apposta per darmi la pace. Non è un caso che il coro angelico parli proprio di pace vicino alla mangiatoia.

Siamo tutti interpellati da questa verità. Posso dire di essere perfettamente in pace con me stesso, con Dio, con tutti? È meglio dire con umiltà che sono sulla strada della pace, e questo significherà che in questo Natale cercherò di più Dio, che lo avvicinerò meglio, perché alcuni disordini che ho dentro mi pesano, mi tolgono la pace, mentre abbiamo bisogno di pace per dare pace, per diventare, come dicono le beatitudini, artefici della pace.
Contempliamo allora questo Gesù bellissimo nell’ordine di un Dio fatto uomo, desideriamo di essere come lui, lasciamoci incantare da lui, per avere la voglia di essere noi stessi operatori di pace. Allora Natale non sarà solo una parola, una cerimonia, un bel giorno, ma sarà soprattutto un evento di cui il mondo ha bisogno.


MANDATI A TESTIMONIARE E A DIFFONDERE LA PACE

Se c’è un rapporto tra Gesù e la pace - ci ha detto “Vi do la mia pace” - ce n’è un altro altrettanto stretto tra Gesù e noi suoi discepoli. Noi infatti oltre che accettare e ricevere la pace che Gesù ci propone e ci procura, dobbiamo essere disposti a testimoniarla e a diffonderla. È un vero e proprio obbligo che ci viene dal nostro essere cristiani, non una scelta virtuosa che fa chi vuole. Nessuno può dire di aver capito pienamente Gesù se non si assume il compito di colui che fa la pace, non posso pretendere di essere cristiano, ossia seguace del creatore della pace, se non accetto di prendere parte a questo suo preciso lavoro. Anch’io, essendo suo discepolo, creerò pace.
Bisogna essere attenti verso questa verità, perché spesso noi siamo disposti ad accettare da Gesù la sua pace, ma molto meno a diventarne testimoni e propagatori. Il termine “costruttori di pace” (Mt 5,9) della beatitudine che leggiamo in Matteo - che compare una volta sola nel nuovo testamento e perciò è anche molto significativo - non è il segno di una particolare vocazione, ma dell’attività cristiana. Quando un cristiano si mette in attività incomincia proprio di qui.

Stando così le cose, certo abbiamo non poco di che arrossire. C’è nella nostra memoria storica tanta ragione di vergogna e di rimorso, basta pensare che la storia europea è stata caratterizzata per non poco tempo da quelle che son state chiamate le guerre di religione tra cristiani. Non si cancellano solo perché sono passate, occorre continuare a chiedere a Dio perdono e domandare a noi stessi come abbiamo fatto a dimenticare, mentre ci stavamo uccidendo, che Gesù era il principe della pace. Lo ricordo per far notare come sia terribilmente facile dimenticare l’essenziale: se sei discepolo di colui che ha lavorato per la pace, tu lavorerai per la pace e soltanto così avrai il diritto di dire ‘principe della pace, sono tuo suddito fedele’.


a cura della redazione
fonte: incontro all’Arsenale della Pace
con Giuseppe Pollano


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