Missione: da dove cominciare? (1/2)

Pubblicato il 29-10-2016

di Giuseppe Pollano

Particolare del volto di Gesùdi Giuseppe Pollano – Continuiamo il nostro discorso sulla missione e – dopo aver parlato del grande desiderio di Dio di donarsi a noi, del fatto che ci manda il Figlio e che Gesù splende nella storia come colui che dobbiamo assolutamente annunciare e donare – ci domandiamo da dove incominciare. Da chi cominciamo lo sappiamo già, è Gesù, ma in che modo?


La chiave per cominciare: l’amore

Per annunciare Gesù non basta parlare di lui: bisogna farlo amare, risvegliare i cuori verso di lui, e questo si ottiene non con le parole ma con la bontà e la benevolenza che egli stesso ha esercitato verso di noi, e che ci infonde mediante lo Spirito.
Non basta quindi dire che Gesù va amato, perché le parole da sole non toccano i cuori, si deve trovare il modo di far giungere attraverso di noi qualche cosa che in qualche modo li com-muova, li muova con noi a dire: “Gesù è buono!”, in modo tale che il loro affetto sia portato verso Gesù. È qui che la missione comincia a essere missione. Perciò occorre trovare il metodo. Il metodo è quello che Gesù stesso adottò: guardare con amore, far capire che noi stiamo amando, mentre parliamo di Gesù, non soltanto Gesù, ma anche a chi stiamo parlando.


Gli sguardi sbagliati dell’uomo

Quando Gesù incominciò a mandare i suoi primi discepoli non disse di parlare di lui, ma di guarire gli infermi, risuscitare i morti, sanare i lebbrosi, cacciare i demoni, gratuitamente dare (cfr Mt 10,8). Tutti questi sono gesti di amore e quindi sguardi di amore.
Per accorgersi che gli altri sono malati, lebbrosi, poveri, bisognosi insomma di aiuto, occorre avere lo sguardo del Signore, quello che guarda amando. Gesù prima ama e poi guarda, noi invece spesso, prima guardiamo e vediamo se è il caso di amare.
Se il tuo occhio ti scandalizza, cavalo (Mc 9,47). Segnalo quattro occasioni di scandalo che impediscono al nostro occhio uno sguardo che ama e quindi che annuncia Gesù.

lo sguardo pregiudiziale
Il primo sguardo che ci scandalizza, che ci è di inciampo tra noi e gli altri è quello del pregiudizio, un giudizio che ci siamo già fatto sull’altro. Non è uno sguardo disponibile e puro. Il pregiudizio ci fa sempre vedere l’altro non come è davvero, ma come lo pensiamo. È lo sguardo ad esempio della samaritana all'inizio del suo incontro con Gesù (Gv 4,9). Il pregiudizio guarda e, in genere, crea distanza, nota i punti negativi dell’altro, fa nascere in noi il sospetto, la paura, qualche volta l’ostilità. Lo sguardo pregiudiziale dà scandalo perché impedisce di volere bene. Gesù non ha avuto pregiudizi e uno dei motivi più duri di contrasto con i capi di allora fu proprio perché guardava, parlava, frequentava, accoglieva i peccatori.

lo sguardo politico
Il secondo sguardo, quello politico, induce a vedere, a considerare l'altro sia come assoggettabile, facile da dominare, sia come amico o nemico (Mt 20,24-28; Lc 9,53-55). Sei con me o contro di me? Devo capire come la pensi, come ragioni, cosa dici, come parli, e poi mi regolerò.
Una antipatia che non ti togli, una distanza che non riduci è uno sguardo politico, il quale, evidentemente, ti scandalizza e non potrai certamente guardare con l’occhio di Gesù uno che dentro di te senti un po’ nemico.
Gesù sa che abbiamo questi sguardi iniqui, ma non si spaventa, ci converte, ci aiuta, ci solleva. Diremo quindi no a quegli aspetti del nostro sguardo che riconosciamo sono ancora troppo politici, il voler comandare e vedere l’altro come uno da assoggettare in qualche maniera oppure considerare l’altro più come nemico che amico.

lo sguardo economico
Il terzo sguardo, quello economico, ci fa vedere l’altro non come una persona, ma un oggetto utile e, dunque, sfruttabile.
Non umilia il fatto di essere mercificati perché c’è stata quella volta in cui Giuda è andato a chiedere quanto gli davano per tradire Gesù (cfr Mt 26,14-16). E Gesù ha accettato di diventare una merce, una merce del suo discepolo che su di lui ha guadagnato trenta denari d’argento. Se è capitato a lui può capitare anche a noi e non ci spaventiamo, anzi seguiamo il Signore in questa umiliantissima strada.
Figli della nostra cultura anche noi siamo condizionati, e allora per essere liberi ci serve il senso della povertà e della ricchezza interiore: oso essere povero agli occhi di chi mi disprezza perché ho un vestito qualunque, perché io sono ricco davanti a Dio. Questo atteggiamento non si acquisisce improvvisamente, ci vuole esercizio cristiano, ci vuole senso evangelico, altrimenti siamo dominati da questa mentalità che è inesorabile.
Ridurre l’uomo alla moneta è uno sguardo che uccide, e Gesù ci ha avvertiti di non confondere Dio con le ricchezze per non distruggere il mondo con lo sguardo economico. Le grandi crisi economiche di questi nostri tempi ci aiutano a riflettere che uno sguardo tenacemente e ostinatamente economico non trasforma tutto in oro ma in rovina, perché lo stipendio del peccato è la morte (Rm 6,23). Dunque questo sguardo decisamente ci scandalizza, ci è di inciampo.

lo sguardo erotico
Poi c’è anche sicuramente lo sguardo erotico che ci induce a vedere e guardare l’altro ridotto alla corporeità in quanto origine di piacere (Mt 5,28). Se l’uomo è solo un corpo, se è brutto lo tolgo, se è malato lo metto da parte, se è bello me lo godo. Ma l’uomo non è solo corpo. Sotto questo sguardo c’è una antropologia, una concezione dell’uomo che comporta la progressiva scomparsa della dimensione spirituale dell’uomo stesso.
Evidentemente anche questo sguardo non ci aiuta a vedere l’altro con la carità e con il dono, perché è uno sguardo estremamente rapace e avido, che diventa facilmente delittuoso.

È facile trovare in noi i sintomi di questo guardare sbagliato per cui non riusciamo a guardare gli altri come Gesù. Se si ha uno sguardo carico di pregiudizio, attentamente e sospettosamente politico, avidamente economico, passionalmente erotico non si riesce a dare uno sguardo evangelico. Il cristiano battezzato, cioè immerso dentro Gesù Cristo, è invece uno che ha gli occhi nuovi, quindi deve imparare ad adoperarli. Non siamo condannati agli sguardi sbagliati perché siamo stati liberati, abbiamo già in noi il dono di poter guardare come guarda Gesù.

Giuseppe Pollano
tratto da un incontro all’Arsenale della Pace
testo non rivisto dall'autore

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