Il germoglio siamo noi

Pubblicato il 05-12-2013

di Giuseppe Pollano

La Parola di Dio del martedì della prima settimana di avvento ci dona incoraggiamento e ci chiede un impegno. Tutte e due le letture (Is 11,1-9 e Lc 10,21-24) ci presentano un contrasto tra due piani diversi della realtà.

 

 Un germoglio spunterà dal tronco di Iesse, un virgulto germoglierà dalle sue radici. Su di lui si poserà lo spirito del Signore, spirito di sapienza e d'intelligenza, spirito di consiglio e di fortezza, spirito di conoscenza e di timore del Signore. Si compiacerà del timore del Signore. Non giudicherà secondo le apparenze e non prenderà decisioni per sentito dire; ma giudicherà con giustizia i miseri e prenderà decisioni eque per gli umili della terra. Percuoterà il violento con la verga della sua bocca, con il soffio delle sue labbra ucciderà l'empio. La giustizia sarà fascia dei suoi lombi e la fedeltà cintura dei suoi fianchi.

Il lupo dimorerà insieme con l'agnello; il leopardo si sdraierà accanto al capretto; il vitello e il leoncello pascoleranno insieme e un piccolo fanciullo li guiderà. La mucca e l'orsa pascoleranno insieme; i loro piccoli si sdraieranno insieme. Il leone si ciberà di paglia, come il bue. Il lattante si trastullerà sulla buca della vipera; il bambino metterà la mano nel covo del serpente velenoso.

Non agiranno più iniquamente né saccheggeranno in tutto il mio santo monte, perché la conoscenza del Signore riempirà la terra come le acque ricoprono il mare. Is 11,1-9

 

Isaia pare quasi raccontarci una fiaba, e sarebbe fiaba se non fosse invece profezia, promessa di Dio a tutti. E la contrapposizione è fortissima: c’è una storia, quella che conosciamo tutti, che è la povera storia umana dove si giudica secondo le apparenze, si prendono decisioni con molta leggerezza, i poveri restano poveri, gli oppressi restano oppressi. Questa è la storia umana come l’uomo l’ha fatta diventare con le sue scelte sbagliate. E ci sarebbe davvero, come fanno tanti, da disperarsi per una storia così.

Ma ecco il Dio che reagisce: non è questa la storia che vuole per gli uomini. In questa povera e tribolata storia irrompe una storia nuova, quella del germoglio e di tutti i suoi amici, e la trasforma, perché la sua presenza è quella del Figlio che è verità, bontà, giustizia, potenza.

Il germoglio, il Signore che viene, sarà pieno di spirito di sapienza, di intelligenza sul mistero e sul dolore dell’uomo, di saggezza e di fortezza, di conoscenza e di timore di Dio. In realtà è l’ideale profondo che il nostro cuore conserva in sé, la nostra felicità – lo percepiamo – dipende da uno così.

Ed egli viene. Quella che sembrava una fiaba diventa la promessa che si compie: lo straordinario orizzonte di pace che diventa concordia capace di superare diversità, antagonismi, liti e miserie; vivere contenti di essere insieme, attenti all’altro, buoni. Non è impossibile, perché è la storia del germoglio.

Gli amici del germoglio, liberi, giorno dopo giorno scelgono la sua strada. Non sono senza peccato, però sanno scegliere la strada giusta, e se hanno peccato sanno chiedere perdono al Signore. Gli amici del germoglio sono semplici, sono piccoli davanti a Dio.

Anche il vangelo, con chiarezza, propone la stessa scena di contrasto.

In quella stessa ora Gesù esultò di gioia nello Spirito Santo e disse: “Ti rendo lode, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio e nessuno sa chi è il Figlio se non il Padre, né chi è il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo”. E, rivolto ai discepoli, in disparte, disse: “Beati gli occhi che vedono ciò che voi vedete. Io vi dico che molti profeti e re hanno voluto vedere ciò che voi guardate, ma non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, ma non lo ascoltarono”. Lc 10,21-24

 

Ci sono nel mondo i dotti e i sapienti, anzi sono questi che reggono l’economia del mondo; evidentemente in questo contesto non sono quelli che ne sanno più degli altri, ma piuttosto quegli uomini e quelle donne che della loro spesso grande intelligenza e capacità fanno l’unico criterio per l’umanità. Dotti e sapienti che ritengono di non aver alcun bisogno di altra luce. È una sottile e misteriosa superbia dello spirito umano. Dotti e sapienti che fanno leggi, riforme, studi... per ottenere che la storia migliori, ma i poveri rimangono poveri, gli oppressi restano tali, l’empietà non se ne va.

 

Di fronte a questa storia fatta da un’intelligenza umana che rimane dura, spesso spietata, che non guarisce dalla malattia di essere uomini come siamo, ecco Gesù che esulta perché trova coloro che invece sanno ascoltarlo, trova gli umili. Essi sono il contrario dello stile di questo mondo. Accettano di essere illuminati da Dio ed entrano a poco a poco nel suo mistero attraverso la Parola, la preghiera, l’amore. Noi siamo figli della luce, abbiamo udito le cose che molti desidererebbero udire, abbiamo visto il Signore nel suo mistero: conosciamo Dio. Dobbiamo essere felici non solo perché Dio c’è, ma anche perché noi lo conosciamo, possiamo dare del tu al Figlio di Dio, siamo suoi amatissimi discepoli, anche quando siamo poveri e fragili siamo maternamente nutriti dal suo corpo e dal suo sangue.

La realtà quindi si compone di due storie: quella che è una storia di morte e quella del germoglio che viene, che cerca gli umili, che se li fa amici, che a loro rivela i segreti del Regno. Questo è molto incoraggiante, ma anche molto impegnativo. Non siamo cristiani solo per noi, perché la storia del germoglio continua oggi tramite noi. Se in questo mondo germoglia il bene, la pietà, la giustizia, la condivisione, la pazienza, la dolcezza, il perdono è perché i nostri cuori hanno accettato questo statuto di vivere. Dio non salva il mondo con gli angeli, ormai il germoglio siamo noi.

Un avvento ricomincia sempre da capo. Gesù, aiutaci con la tua grazia a sbocciare di nuovo, perché anche noi conosciamo la fatica di vivere e di essere cristiani. Siamo fragili e deboli. Dacci nuova linfa, o Signore, aspettiamo questo. Sappiamo bene che il mondo è disseccato, arido e tremendamente povero e vogliamo essere la tua storia.

È allora bellissimo pensare che l’avvento è Dio che investe ormai in noi la sua misericordia e la sua grazia. Ci nutriamo del Figlio e il Padre ci chiede di far rifiorire la terra in cui viviamo, ciascuno il suo piccolo pezzo: la famiglia, l’ambiente in cui vive, la gente che conosce…

L’impegno che ci assumiamo è prendere sul serio il progetto del Padre – il germoglio Gesù Cristo – assumendoci la sua fatica di salvare, di essere giusti, puri, audaci nel bene. Padre, ci assumiamo tuo Figlio. Lui ha portato i nostri peccati, noi porteremo la sua croce, ma anche la sua gioia.

È questo lo scambio natalizio. Nella ferialità dei giorni deve venire il germoglio: possiamo aprirci umilmente alla Parola, ricevere una luce in più, una consolazione in più, uno stimolo dallo Spirito Santo. E allora possiamo far fiorire qualcosa di bello e di buono: un gesto, una presenza, un dono. Ogni giorno è fecondo.

C’è da pensare che sono queste le cose che salvano l’umanità. La salvezza incomincia quando accetto in me che Gesù cammini, che Gesù parli di nuovo, che guarisca di nuovo. Questo è tutto azione di Dio.

Ci appoggiamo a Maria la quale ha vissuto con felicità, senza mai il minimo rimpianto, diventando veramente immacolata oblazione. 

 
tratto da un incontro all’Arsenale della Pace
testo non rivisto dall'autore

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