Dove vai quest'estate?

Pubblicato il 24-01-2013

di Flaminia Morandi

Nella tradizione cristiana i più accaniti viaggiatori sono stati i mistici e i “santi” in senso paolino: una vera e propria marea umana che soprattutto fra il IV e il XII secolo percorre incessantemente le strade dei paesi che si affacciano sul bacino del Mediterraneo, diretti a Gerusalemme, a Betlemme ma anche a Hebron e a Mambre, nei deserti d’Egitto, al Monte Nebo e al Sinai, ad Efeso sulla tomba di san Giovanni e dei Sette Dormienti, ad Edessa sul sepolcro di san Tommaso, a Costantinopoli per il culto di Cosma e Damiano, a Cartagine dove era venerato san Cipriano, a Roma dove erano morti martiri Pietro e Paolo. Sono uomini e donne, ricchi e poveri, istruiti e ignoranti, clerici e laici.

Ci sono molti motivi di viaggiare. Oggi spesso si viaggia per evadere, per curiosità, per desiderio di avventura, per moda e per vanteria. I mistici si mettevano in viaggio con lo spirito di Abramo, per rispondere alla chiamata di rompere con le certezze degli affetti e di una vita protetta dalle relazioni sociali, per vivere ovunque da stranieri, senza un luogo dove poggiare il capo.

La chiamata però, com’è costume di un Dio che s’è rivestito di carne e di storia, non arrivava nel vuoto, ma attraverso le situazioni concrete della vita. Ci si metteva in viaggio per sfuggire alle conseguenze di una diserzione non solo militare, ma civile e religiosa: il caso di Giovanni, il governatore di Syllaion che abbandona la Bitinia che sta per essere raggiunta dal comandante della flotta bizantina, e diventerà il monaco Antonio il Giovane; o il caso di Giovanni l’Esicasta che nel 490 fugge dall’Armenia dove era vescovo perché non sopportava la politica religiosa di Costantinopoli. Spesso la causa del viaggio era l’incontro fatale con un geron, un anziano monaco che aveva risvegliato una vocazione latente, e dietro alle cui orme ci si metteva in cammino.

Qualcuno fuggiva da un matrimonio imposto, come il caso di Cristodulo, XI secolo, fuggito il giorno stesso delle nozze dal suo villaggio in Bitinia per rifugiarsi sull’Olimpo, o di Costantino il Giudeo, IX secolo, che molla la fidanzata per andare a farsi battezzare dopo avere sperimentato la potenza del segno della croce. Anche Melania la Giovane, IV secolo, era stata sposata per motivi patrimoniali ad un giovane ricco come lei, Piniano: solo che Melania sentiva una fortissima vocazione al monachesimo e alla castità. il suo sogno era seguire le orme della nonna, pellegrina in Terra Santa. L’occasione arriva quando il barbaro Alarico entra a Roma: Melania, rivestita di poveri panni, asceta, riesce finalmente a partire distribuendo nel percorso le sue immense ricchezze e fondando monasteri lungo il suo itinerario: Sicilia, Africa, Gerusalemme, Egitto, Costantinopoli, Cappadocia.

I pellegrinaggi però sono il motivo di viaggio più frequente, attraverso i 78.000 kilometri di strade dell’Impero Romano e oltre i suoi confini, verso il Medio e l’Estremo Oriente. La misteriosa Egeria, IV secolo, probabilmente ricca, forse badessa, sicuramente molto curiosa e provvista di una buona resistenza fisica, del suo pellegrinaggio sui luoghi santi ci ha lasciato un diario, preziosissima fonte degli usi e costumi liturgici delle prime comunità cristiane.

Dopo il grande scisma, Oriente e Occidente si differenziano anche nel modo di concepire il pellegrinaggio A Occidente i pellegrini si organizzano per rendere il viaggio sempre più confortevole; ad Oriente mettersi in cammino per fede mantiene nel tempo un carattere vocazionale e interiore di rottura con la mentalità corrente, di rifiuto dell’ideologia, del potere politico, economico e sociale.
Indicativo è il diario di viaggio del vescovo Epifanio a Gerusalemme, nel 1416. Poche righe: “Da Novgorod a Velikia Louki, 300 verste. Da Louki a Polotsk, 180. Da Polotsk a Minsk, 200. Da Belgrado a Costantinopoli, 500. Da Novgorod a Costantinopoli, 2020. Da Costantinopoli a Gerusalemme, 1400. In tutto fa 3420 verste. Amen”. I luoghi non sono che le tappe di un itinerario sacro, le distanze percorse sono la misura della grazia, l’Amen finale il senso del viaggio all’interno di sé stesso, verso l’incontro con Chi dice: Io sono il cammino.

Flaminia Morandi
NP maggio 2004

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