Sapori dell'Eremo

Pubblicato il 21-05-2019

di Elisabetta Germak

di Elisabetta Germak - Capita da poco più di un anno che entrando all’Arsenale della Pace, vicino a libri, magliette e cd si tro­vino dei pacchetti di biscotti. La confezione riporta: Sapori dell’E­remo, biscotti prodotti all’Arsenale dell’Armonia. Tanti li comprano, li mangiano, li regalano, ma non so se qualcuno si è mai chiesto: chissà chi c’è dietro, o meglio chissà cosa c’è dietro a un biscotto. Una bella domanda, per scoprire cose inte­ressanti. Come dietro ad ogni cosa al Sermig, anche dietro a un sempli­ce biscotto c’è un “noi”, mille mani di persone buone, amiche e com­petenti che insieme diventano un bene. C’è la restituzione di tanti che mettono un pezzetto di loro perché anche un piccolo biscotto possa ar­rivare lontano e parlare di luce e di speranza a chi lo riceve.

Al Sermig la restituzione è quella che porta ogni azione, ogni progetto a nascere, crescere, aiutare tanti, ed è così che è nata anche questa storia all’Arsenale dell’Armonia.

Questo sogno parte da lontano, quando abbiamo incontrato famiglie di ra­gazzi diversamente abili che desideravano un’opportunità professionale e lavorativa per i propri figli. Abbiamo così iniziato a cercare un luogo adatto dove poter acco­gliere questi giovani e nel 2004 ci è venuto incontro lo spazio dell’antico eremo dei camaldolesi, sulla collina torinese. Un luo­go abbandonato da molto tempo, che con l’aiuto di migliaia di giovani e volontari, si è trasformato nuovamente in luogo di vita. Trasformare ruderi in luoghi accoglienti, di fraternità e di pace; ci siamo ritrovati un’altra volta in questa sfida e in questo sogno.

Dopo la trasformazione delle mura ab­biamo iniziato a sintonizzare anche il cuore all’armonia di questa casa. Abbia­mo iniziato ad accogliere bambini malati, che partono da lontano e portano dentro oltre che la nostalgia di casa, la speranza di guarire e di poter crescere. Siamo così diventati una casa e una famiglia per tutti loro. Abbiamo poi iniziato a preparare il terreno per l’agricoltura, pulire, seminare, coltivare, piantare alberi e veder poco a poco crescere quello che era un seme pic­colissimo, vedere in questo davvero di nuo­vo la vita rinascere a andare avanti. Il sogno continua con la creazione di laboratori di trasformazione alimentare dove poter lavo­rare i frutti raccolti, e quindi laboratorio di gelateria, pasticceria, panetteria.

L’incontro con un pasticcere-panettiere molto bravo e preparato di Torino ci ha permesso di specializzarci nella produzio­ne di dolci, gelati e biscotti, che da un anno abbiamo iniziato a produrre e vendere. Lui ha messo a disposizione le sue competenze, e queste oggi sono diventate fatto concreto per molti,un prodotto che è in crescita. Ci sono ragazzi diversamente abili che han­no iniziato questo percorso occupazionale e professionale, che si stanno formando e stanno imparando una professione e so­prattutto sono parte integrante di questo processo, dove ognuno contribuisce con il proprio lavoro e con la propria responsabi­lità a un progetto, dove tutti hanno qualco­sa da dare.

Nelle nostre case non è il più bravo o il più ricco a mantiene il più povero o il più in difficoltà, è la restituzione di capacità e competenze che messe in comune diven­tano occasione di formazione e di crescita per altri che le fanno proprie e le trasfor­mano a loro volta in prodotti concreti che vanno lontano. Molti sono impegnati nel­la lavorazione primaria di questi prodotti, altri nel confezionamento e nella distribu­zione; persone diverse che si incontrano, situazioni belle e difficili, gioie e dolori che si intrecciano e insieme offrono quello che hanno perché altri possano ricevere ciò di cui hanno bisogno.

Penso ai ragazzi diversamente abili, spesso considerati un problema più che una risor­sa. Valorizzati e formati, possono essere protagonisti nel loro lavoro, nella loro vita e nel bene che si allarga ad altri: piccoli che fanno cose grandi. Penso ai tanti volontari che si alternano nei vari servizi, ogni gior­no ci aiutano a mantenere viva questa casa, una casa che vuole continuare ad essere aperta per incontrarsi con i sogni e le spe­ranze di molti, soprattutto giovani.

Fin dal principio c’è stata una catena di persone buone e generose che ci hanno aiutato a rendere possibile e concreto tut­to questo. Da chi ci ha regalato i macchi­nari per attrezzare i laboratori, a chi ci so­stiene economicamente, a chi viene a darci del tempo e delle ore di lavoro, a chi mette a disposizione la sua professionalità per inse­gnarla ad altri. Sembra un semplice elenco, ma è stato l’inizio della vita dell’Arsenale dell’Armonia ed ancora oggi è la costante delle nostre giornate. Vorremmo non abi­tuarci mai a tutto quello che ci viene dona­to, sapendo che ogni cosa che riceviamo è una responsabilità che cresce.

Elisabetta Germak
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