Noi e l'Africa

Pubblicato il 04-01-2019

di Redazione Sermig

a cura della redazione unidialogo - La testimonianza di padre Kizito Sesana, missionario comboniano, ospite dell’Università del Dialogo del Sermig.

PUNTI DI VISTA
I giovani africani si sentono orgogliosi di essere in un continente pieno di vita, che cresce, in continuo sviluppo. Spesso in Europa conosciamo solo i Paesi dove c’è la guerra, la carestia, la fame, ma non tutta l’Africa è così. I Paesi africani a sud dell’Equatore per esempio, crescono in media del 5-6% ogni anno, con molti giovani che si impegnano, che lavorano. Questo ci serve per parlare anche del tema dell’immigrazione, per tanti giovani l’occasione per “esportare” vita. E in cambio l’Occidente che fa? Ci porta armi, basi militari, guerra. Tra l’altro, vista da noi, l’immigrazione è un fenomeno assolutamente irrilevante che coinvolge una piccolissima parte della popolazione del continente, stabile ormai sulla soglia di un miliardo e 200milioni di abitanti. I giovani africani ci dicono che le soluzioni ai problemi devono essere trovate insieme. In fondo, ci coinvolgono tutti.

L’INCONTRO POSSIBILE
Da quando sono in Africa ho imparato che l’unico incontro possibile passa dal dialogo. Per prima cosa, conta parlarsi e conoscersi, sedersi uno accanto all’altro e nel rispetto reciproco cercare di capirsi. A un livello più alto, nel caso per esempio dei flussi migratori, servirebbe uno sforzo comune per studiare e capire in profondità quanto sta accadendo. Tutto questo avrebbe l’effetto di aprire la nostra mente, per uscire anche da un provincialismo un po’ gretto, da un atteggiamento pregiudiziale di rifiuto che oggi viene propugnato. Io credo che così non andremo da nessuna parte, costruiremo solo muri che renderanno la vita difficile ai migranti ma anche a noi.

IL RUOLO DELLA CINA
Quando in Europa si dice di investire in Africa, ci si dimentica di quanto sta facendo oggi la Cina. Una presenza economica ormai radicata, molto ambigua per lo sfruttamento delle risorse, ma che tuttavia viene accettata positivamente. Credo che l’influenza cinese durerà moltissimo. Già oggi migliaia di giovani africani vanno in Cina a studiare e il legame si rafforzerà. Certamente la politica cinese mira a questo, non solo a degli investimenti superficiali, ma a un legame che in qualche modo venda la cultura cinese in Africa. L’Europa invece è inattiva. Anche dal punto di vista comunicativo non la si vede più, i grandi progetti europei di sviluppo non ci sono più e questo la gente lo vede.

AIUTIAMOLI A CASA LORO
“Aiutiamoli a casa loro” è una espressione accettabile solo in un certo contesto, ma io la rifiuto. Prima di tutto perché “aiutiamoli” dà già l’idea che noi partiamo da un punto di superiorità. Tu aiuti qualcuno che è più debole, che ha bisogno. E poi “a casa loro”… io onestamente non credo più che ci sia una casa loro e una casa nostra. Dov’è la casa loro? Dov’è la casa nostra? Noi abbiamo una casa comune. Dovremo pensare diversamente e dire: aiutiamoci insieme a risolvere i problemi.

L’IMPEGNO DEI GIOVANI
I giovani occidentali possono fare molto per i loro coetanei africani. Prima di tutto, dare un buon esempio di accoglienza: parlare con gli africani che arrivano, condividere qualcosa. Io so quanto sia difficile per un africano appena arrivato in Italia, trovarsi senza relazioni umane. E allora dico: andategli incontro, non aspettate che siano loro a venire, parlateci, fategli capire che sono arrivati in una comunità umana, dove ci sono delle persone che non li considerano solo per la situazione economica o il colore della pelle. Fate amicizia con loro! Un giovane questo può farlo! La cooperazione economica è importantissima, ma non dimentichiamolo: conta di più la cooperazione che costruisce rapporti umani, la cooperazione che fa crescere insieme.

a cura della redazione unidialogo

 

 

 

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