Il mercato delle parole

Pubblicato il 14-11-2018

di Corrado Avagnina

di Corrado Avagnina - Ci vuol poco a capire che viviamo una stagione debordante, quanto a linguaggi. Che si accompagna ad un tempo surriscaldato, al punto che basta un nonnulla per far scatenare la rissa, la parolaccia, la volgarità… ovviamente il tutto amplificato dai media, dalla Tv, dai social… ammorbando il contesto che ormai è solo più in attesa del botto successivo sempre più fragoroso e depistante. Brutti momenti che non hanno niente da spartire con la franchezza nell’esprimersi. Non è questione solo di bon ton. C’è qualcosa di peggio. Che attinge al disprezzo dell’altro mascherato da cosiddetto “quando ci vuole ci vuole”, al fango che prevale sui ragionamenti, alla litigata che prende il posto di una discussione, alla deriva sbracata che soppianta il dissenso legittimo e talora doveroso… Quindi si debbono ritrovare nervi saldi, ma forse non basta. Occorre una consapevolezza da ricostruire, dentro. Innanzitutto. Perché il peggio appunto può farci ancora più male.

In un mondo di parole spesso vane, gridate, disinvolte, provocatorie, anche volgari, pure insultanti, raccolte dall’aria inquinata, rilanciate con sfacciataggine… diventa estremamente arduo ridare voce consapevole a quanto si dice, si scrive, si afferma… mettendoci la faccia di chi si gioca la credibilità informando. Sembra di essere al mercato dell’immondizia, urlando ciò che passa per la mente, infilando fango nel ventilatore, spacciando bufale incredibili per verità sacrosante… Infatti si sta “sdoganando” (come si dice oggi) un modo di rapportarsi non solo sui social ma anche su altri media, che non si cura più del rispetto dell’altro, né dell’attendibilità di quanto si dichiara, né delle offese gratuite che si diffondono. E non si sta esagerando nel dipingere questo quadro, sperimentabile direttamente, stando ciascuno di noi ormai ai terminali di tante comunicazioni che vanno alla deriva. Anzi si riscontra persino una paradossale sorpresa – se la cosa viene fatta notare con preoccupazione – da parte di chi immagina che comunque sui social, ad esempio, si possa spiattellare di tutto e di più, senza preoccuparsi dei risvolti calunniosi, diffamatori, offensivi, infamanti… messi in circolazione. E quindi penalmente perseguibili e perseguiti (se del caso).

Noi che facciamo giornalismo da una vita, siamo alle prese con normative giustamente esigenti, perché ci sia – dietro una notizia – la verifica di chi la scrive e la confeziona, garantendola. Così come il giornalismo non può spararle grosse a vanvera, colpendo senza ritegno persone che ne possono uscire vituperate in modo disonesto: ci deve essere la critica, motivata, documentata, assodata. Ma mai la squalifica pesante ed oltre ogni limite. Ma ormai, giornalisticamente, si rischia di finire surclassati da una marea di news, giudizi, battute… senza il minimo di controllo (che sarebbe doveroso per non ingannare chi legge od ascolta). Finiamo travolti dalle parole sbagliate. Non è bello.

Corrado Avagnina
QUARTA PAGINA
Rubrica di NUOVO PROGETTO

 

 

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