Monastero metropolitano

Pubblicato il 15-09-2023

di Chiara Giorgio

40 è un numero biblico. Sono gli anni dell’Esodo, in cui il popolo di Israele impara a conoscere e a camminare con Dio, a fidarsi di lui più che di se stesso. Sono i giorni in cui Gesù nel deserto è tentato dal diavolo e quelli di ogni Quaresima, tempo in cui tornare a volgere sguardo e cuore al Dio della misericordia.
Sono i giorni tra la Pasqua e l’Ascensione, in cui il Risorto insegna ai suoi amici a riconoscerlo presente nelle loro vite non perché lo vedono con gli occhi ma perché lo sentono vivo nel loro cuore che diventa tempio dello Spirito da cui il suo amore si propaga.

SEMPRE ACCOMPAGNATI
Guardando i 40 anni dell’Arsenale mi sembra di vedere tutto questo cammino di vita, che il Signore ha fatto e continua a fare in mezzo alla nostra fraternità. Come il popolo di Israele abbiamo imparato a camminare con il Signore anche nei momenti più difficili e di sproporzione, a sentirlo accanto nelle strettoie che senza di lui non avremmo mai potuto attraversare.
Abbiamo imparato ad affidargli i tempi di debolezza e fragilità, quelli in cui il male sembra prendere il sopravvento e umanamente viene da dirsi: non ce la possiamo fare! L’esperienza di Gesù nel deserto ci ha guidato nel non affrontare le prove a partire dalle nostre forze o ragionamenti, ma a cercare sempre nella Parola la luce per superare la tentazione, per tornare a fare unità lì dove tutto sembra spaccarsi, per mettere a tacere il nostro io che vuole la sua parte e in modo sottile ci propone logiche di potere molto lontane dalla logica di Dio che è sempre e solo servire.
Stiamo imparando a vivere la comunione con Dio e tra noi anche quando ci sembra di non vedere nulla, quando fisicamente siamo lontani, dispersi in mille servizi e luoghi diversi… Anzi, stiamo sperimentando che è proprio quello il luogo della comunione più grande, perché a tenerci insieme è la presenza di Dio in noi e in mezzo a noi. Una Presenza che nulla e nessuno ci può togliere, nemmeno la morte, e che fa di terra e cielo un unico luogo in cui vivere “un cuor solo e un’anima sola” con lui e tra di noi.

UNA PREGHIERA AVVOLTA DI VITA
L’Arsenale è un monastero metropolitano. Sembra un ossimoro, in realtà dice bene la spiritualità che tentiamo ogni giorno di incarnare.
“Monastero” dice la dimensione comunitaria della nostra vita, ma anche che al centro di tutto serve ci sia Dio e solo lui, perché senza di lui non possiamo fare nulla (Gv 15,5). “Metropolitano” sottolinea che viviamo tutto questo immersi nella quotidianità intensa dei luoghi in cui abitiamo, con il desiderio di essere una fontana all’angolo della strada raggiungibile da tutti.
All’Arsenale ho incontrato una vita avvolta di preghiera e una preghiera avvolta di vita. Negli anni ho imparato che non c’è una vita spirituale e una parte di vita che non lo è… ma un’unica vita che quanto più si accorge di vivere alla presenza di Dio tanto più chiede continuamente aiuto e luce allo Spirito. E lo fa nelle cose grandi e nelle cose piccole, perché ha scoperto che a essere sostanziale non è la differenza tra cose grandi e piccole, ma tra quelle vissute con Dio e quelle in cui ci dimentichiamo di lui e facciamo da soli. Allora la Presenza diventa il respiro che conduce ogni passo, un faro che in ogni momento ci fa luce e – quasi senza che ce ne accorgiamo – fa luce attraverso di noi a chi incontriamo.

SPIRITUALITÀ DELLA PRESENZA
La spiritualità della Presenza ce la siamo trovata “cucita addosso” insieme all’imprevisto accolto. Senza la spiritualità della Presenza è difficile accogliere l’imprevisto come un’opportunità. E l’imprevisto è stata ed è sovente la strada di Dio, che ci ha parlato e ci parla in modo imprevedibile e imprevisto per spostarci dalla nostra logica e donarci la sua.
Maria ci ha condotti in questo cammino, ci ha insegnato a rivolgerci al Signore attraverso di lei per imparare il suo "sì" e il suo abbandono. Quante Ave Maria hanno accompagnato la ristrutturazione, l’inizio di ogni incontro, ogni decisione da prendere… e continuano a farlo.
Maria ci aiuta ad accogliere come lei Gesù parola viva, a preparargli un posto sempre più grande nel nostro cuore, a fare dell’Arsenale (e delle nostre vite) un “tabernacolo”, casa di Maria e dunque casa di Gesù eucaristia che vi dimora.
Fare memoria e guardare tutto questo non è celebrare ciò che è stato, ma ringraziarne con stupore e commozione. È chiedere allo Spirito il dono della fedeltà e di continuare a operare in noi e in mezzo a noi. Perché l’esperienza di questi 40 anni non diventi mai un ricordo del passato, ma sia per sempre la linfa vitale del nostro oggi e il fondamento del nostro domani.
 

Chiara Giorgio
SPECIALE: Un Arsenale che parla
NP giugno / luglio 2023

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