Felicità cercasi

Pubblicato il 28-06-2018

di Pierluigi Conzo

di Pierluigi Conzo - Secondo l’istituto nazionale di salute mentale statunitense, circa il 7% degli americani è vittima di gravi episodi depressivi, il 18% riporta disturbi comportamentali, emotivi e mentali di qualsiasi entità e il 19% soffre di disturbo d’ansia generalizzato.

I dati della Harris Poll del 2017 mostrano che solo il 33% degli americani si descrive “felice”. Parallelamente, e non a caso, prosegue la crescita del consumo di app di “auto-aiuto” per il benessere mentale: un mercato da poco più di un miliardo di dollari per le sole app di meditazione e mindfulness (consapevolezza). Tra queste ad esempio vi è la più diffusa Headspace, i cui managers dichiarano un fatturato totale di circa 75 milioni di dollari.

Non sorprende che sia proprio il Paese che fa della ricerca della felicità il proprio caposaldo costituzionale a creare un mercato della felicità. Con ampi margini di profitto attesi – circa 750 miliardi di dollari secondo il co-fondatore di Happify – e costi molto bassi (una app), questo mercato si alimenta e colma i bisogni di una società che non riesce a scendere dal tapis-roulant del consumo e della ricerca della felicità.

Non sorprende che ciò avvenga in un Paese dove si cura solo chi può permetterselo, e chi non può ha una più alta probabilità di morire. Non basta avere un’assicurazione medica: nonostante abbia pagato 1.300 dollari per la copertura semestrale del mio periodo di ricerca negli Stati Uniti, vedere un qualsiasi medico per un banale mal di gola mi costerebbe altri 70 dollari. Sopravvivere da povero diventa ancora più difficile in caso di figli a carico, soprattutto se si vuole garantir loro un’istruzione dignitosa (privata e costosa) e cure mediche adeguate.

Non sorprende che ciò avvenga in un Paese dove le relazioni sono sempre più soppiantate da un individualismo fai da te. Non c’è bisogno di andare nei bowling e vedere persone giocare da sole per testare con mano la crisi del capitale sociale, evidenziata tempo fa dal sociologo americano R. Putnam.

Quando entro in un bar o ristorante, mi capita spesso di assistere alla stessa scena: individui che pranzano o bevono un caffè a tu per tu con il proprio laptop o smartphone, cuffie nelle orecchie, e tastiera come miglior confidente. Finiremo nella Los Angeles del futuro fantascientifico del film Her, dove – dopo aver rotto con i sapiens – ci innamoreremo dei nostri sistemi operativi e affideremo loro l’arduo compito della ricerca della felicità?

Pierluigi Conzo
ECOFELICITA'
Rubrica di NUOVO PROGETTO

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