A scuola di arabo

Pubblicato il 28-11-2017

di Chiara Genisio

di Chiara Genisio - La formazione della polizia penitenziaria per avvicinare i detenuti.
Un detenuto su tre è straniero. Nelle 190 carceri italiane, a fine giugno, erano “ospitati” 56.919 reclusi, secondo la normativa non avrebbero dovuto essere più di 50.241.

Ma si sa, in Italia il problema del sovraffollamento carcerario, nonostante i continui richiami anche da parte europea, non si riesce proprio a superare. Tra i detenuti 19.432 sono stranieri di cui più di 7mila vengono dal Magreb: 3.676 sono marocchini, 2.087 tunisini, 671 egiziani, 451 algerini, 113 libici, 59 iracheni, 11 iraniani, 38 palestinesi. Gli istituti di detenzione sono tra i luoghi più esposti al rischio radicalizzazione: i detenuti monitorati o “attenzionati” sotto questo profilo sono circa 420 e tra questi 45 sono in regime di alta sicurezza per reati di terrorismo, suddivisi tra gli istituti di Benevento, Brindisi, Lecce, Nuoro, Sassari, Tolmezzo, Torino, Roma-Rebibbia e Rossano Calabro. La gran parte di questi stranieri non comprende l’italiano, quindi rendere più agevole la comunicazione con i detenuti che provengono da Paesi arabi attraverso la conoscenza della loro lingua e avere a disposizione un ulteriore strumento per prevenire fenomeni di radicalizzazione che vedono nelle carceri un ambiente a rischio è un obiettivo importante.

Per questo il Dap, (Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria), ha promosso un corso di formazione specialistica in lingua araba rivolto a dieci unità di Polizia penitenziaria. La prima sezione, unica nel suo genere, si è conclusa all’inizio di ottobre, e considerato la buona riuscita il capo del Dap, Santi Consolo, ha espresso la volontà di farla diventare stabile. Per questo motivo ha invitato il direttore generale della formazione a rinnovare con continuità periodica l’esperienza formativa avviata.

La possibilità di utilizzare l’arabo per salutare o per comunicare determinate disposizioni è considerato uno strumento importante per entrare in contatto con i detenuti ed evitare forme di isolamento. Altrettanto importante come mezzo di prevenzione, in particolare nelle strutture dove la presenza di detenuti di lingua araba è molto elevata, è captare il significato delle conversazioni. Il corso promosso dal Dap si è avvalso della collaborazione del Centro lingue estere dell’Arma dei Carabinieri ed insegnanti madre lingua. Gli agenti sono stati selezionati tra i candidati in servizio presso alcuni penitenziari rappresentativi per la presenza di detenuti di lingua araba e presso altre articolazioni del Dipartimento, e hanno superato un percorso intensivo della durata di sei mesi, finalizzata proprio a fornire una specifica competenza nel contrasto alla radicalizzazione in carcere.

Chiara genisio
SENZA BARRIERE
Rubrica di NUOVO PROGETTO

 

 

 

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